Chiellini: le ambizioni della Juve, il caso Bonucci e l'Italia

La bandiera bianconera parla senza freni della sua ex squadra, la Nazionale, Mancini, Buffon, l’Arabia Saudita, l'amico Leonardo e il suo futuro

La statura, una certa statura, non si misura in altezza. Si pesa con le parole scelte per argomentare i pensieri. Quelli di Giorgio Chiellini - 17 stagioni nella Juventus (dal 2005 al 2022), prima di approdare nel calcio americano vestendo la maglia dei Los Angeles Fc dove ha vinto subito lo scudetto - sono pesanti, nel senso migliore del termine. Un calciatore, o meglio, una persona d’altri tempi. Quelli in cui i tatuaggi e gli orecchini non facevano parte del mondo del pallone. Particolari, certo. Sta di fatto che nella chiacchierata di un’ora che Chiellini ha voluto fare con sei giornalisti italiani in video collegamento da Los Angeles, i minuti sono scorsi veloci perché nessuna verità è scomoda se si ha il coraggio di guardarla dritta negli occhi. E così Giorgione, come ai tempi dei suoi tackle contro i colossi del gol, entra deciso su tutto: Mancini, Bonucci, la Juve, l’Arabia, la vita negli States e molto altro.

Buongiorno Chiellini, cominciamo dal fatto più eclatante, il terremoto azzurro con le dimissioni del ct Mancini. Quale reazione e si stupirebbe se andasse in Arabia?
«Sono stato sorpreso, non me l’aspettavo, ci saranno delle ragioni e il tempo dirà quali saranno quelle che hanno influito di più. Ritengo Mancini una persona abbastanza intelligente per avere ponderato per bene il tutto. Io poi sono dall’altra parte del mondo per cui so meno di voi, di chi vive in Italia. A caldo non è facile rimettere a posto tutti i pezzi del puzzle e quindi farsi una idea generale. Non mi stupirei se andasse in Arabia, stanno facendo di tutto in quel calcio. Io per l’Arabia? No, sono troppo vecchio».

Il Napoli ha cambiato in primis l’allenatore, il Milan quasi una decina di giocatori, l’Inter ha modificato non poco la rosa mentre la Juve ha scelto la continuità. I bianconeri sono da scudetto? Più forti con Vlahovic o con Lukaku?
«La Juve deve puntare come ogni anno a vincere lo scudetto. Non dipenderà solo da loro ovviamente, nel passato partiva nettamente favorita mentre questa volta non sarà così. Non è la favorita anche se può vincerlo. Negli ultimi due anni lo scudetto non è andato alla favorita e questo può essere di buon auspicio. Vedremo anche il cammino delle altre, in primis il Napoli che ha perso l’allenatore e Kim ma ha mantenuto l’ossatura della squadra. L’Inter sta cambiando e con Lukaku e Dzeko sarebbe stato diverso il peso nerazzurro ma chi arriva in finale di Champions è valido: queste due squadre sono un po’ più avanti rispetto agli altri. In estate si gioca e in prima fila vedo Napoli e Inter, dietro Milan e Juve. Sono curioso di vedere poi l’Atalanta che sta facendo un mercato interessante. Roma e Lazio non credo abbiano la forza per puntare allo scudetto e contemporaneamente fare le coppe a un certo livello. Vlahovic o Lukaku? Io partirei da una riflessione, ovvero che questo tipo di discorso esiste perché la Juventus ha necessità economiche. Se non ci fossero queste necessità non se ne sarebbe manco parlato, ora il club è nelle condizioni di dover ascoltare qualsiasi richiesta importante per prenderla in considerazione. Sono contento che Dusan stia meglio, sono convinto che il percorso della Juve dipenda da lui e Federico: se avranno continuità fisica potranno fare la differenza, ovvero tra un 3° o 4° posto oppure vincere lo scudetto».

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Come sta vivendo la situazione del suo ex compagno e amico Bonucci. Anche in passato gli addii con giocatori storici come Del Piero e Dybala non sono stati semplici, come mai?
«Leo l’ho ovviamente sentito, oltre che visto a luglio in Toscana. Ciò che provo è dispiacere. Avrei preferito un finale diverso, che Leo venisse celebrato come si deve dai tifosi e non è successo. In questa situazione non ci sono né vinti né vincitori e spero che si trovi un punto d’incontro che possa andare bene sia a Leonardo che al club. Mi auguro che Leo possa continuare ad alto livello e arrivare quindi in forma all’Europeo. Il problema sugli addii direi sì e no. Una caratteristica della Juventus è di essere una azienda che fa scelte senza guardare in faccia nessuno: giusto o sbagliato non si può definire bene, la verità dico sempre che sta nel mezzo. Diciamo che è un club che non si è mai fatto problemi anche ad adottare scelte impopolari».

Il nuovo calcio che avanza è l’Arabia Saudita? Cosa ne pensa? Fa paura al calcio italiano?
«Al calcio italiano non credo che possa far paura, c’è già la Premier che può fare paura. Hanno un progetto importante, non è un fuoco di paglia che durerà sei mesi o un anno. Almeno sino al 2030 durerà. Sono entrati molto forti, in maniera energica, cambiando gli equilibri del calcio mondiale. Non finirà presto. Sono curioso di capire dove porterà questo progetto al netto della valorizzazione dell’Arabia Saudita. Le cifre sono fuori mercato per tutti, anche per il calcio inglese. I diritti tv cominciano a viaggiare in tutto il mondo. La vedo una cosa seria non passeggera».

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Torniamo all’azzurro. Perché dalla vittoria dell’Europeo in poi c’è stato questo crollo di risultati con la mancata qualificazione al Mondiale, ora le dimissioni del ct maschile e quello femminile? L’ingresso di Buffon come nuovo capo delegazione può essere un primo antidoto?
«Due anni fa anni fa abbiamo toccato l’apice poi c’è stata la discesa. Purtroppo abbiamo sottovalutato alcune partite come la gara interna pareggiata con la Bulgaria o i due pareggi sfortunati con la Svizzera che ci hanno di fatto poi portato allo spareggio dove c’è crollato il mondo addosso. La tensione e la pressione ci hanno giocato un brutto scherzo. Se ora il ct ha preso questa decisione vuol dire che qualche frizione c’era. Si capirà meglio col tempo. Io credo che i giovani ci siano, per cui sono fiducioso per il futuro sia in chiave Europeo che Mondiale. Non potremo fallire la missione per il Mondiale. La Figc per la figura del nuovo ct si sta muovendo su due profili altissimi per cui sono una garanzia. Nel femminile occorre un po’ di pazienza per decidere, sono state sfortunate, sarebbe bastato pareggiare col Sudafrica. Sono felice per Gigi, potrà dare una grande mano, perché è una persona diversa dalla media. Aiuterà il sentimento nazionale che lui ha davvero nel cuore, prova amore per l’azzurro oltre a godere del rispetto di tutti. Sarà un punto fermo per la Nazionale e sarà un valore aggiunto».

Tornando alla Juve parliamo di Bremer. Allegri ha detto che il ragazzo è cresciuto di 10 cm... a livello di sicurezza. Cosa pensa di lui e cosa si aspetta da questa sua seconda annata in bianconero?
«Lo giudico in maniera positiva. Arrivava da una squadra in cui non giocava ogni tre giorni e ed era tre spanne più forte di tutti i compagni. Alla Juve ha dovuto effettuare uno sforzo più che altro mentale, ha uno strapotere fisico. Ha lavorato su situazioni in cui era più carente e dove deve migliorare ma la sua è stata una annata positiva. L’ho visto qui a Los Angeles e mi pare ben inserito: ha le qualità per giocare a tre, a quattro, a uno, a tutto campo o a uomo in area di rigore. Sa fare tutto e sta crescendo anche con la palla tra i piedi. Mi aspetto una seconda stagione in crescendo».

A Los Angeles ora è venuto il diciannovenne bianconero Lorenzo Dellavalle. Cosa ne pensa di questa scelta non così usuale?
«Bisognerà abituarsi se si vuole fare uno step diverso, e mettersi in discussione. E’ stata una scelta atipica ma che gli permetterà di maturare anche e soprattutto come uomo per cui poi ne beneficerà anche il calciatore. Dopo un anno avrà superato le barriere della lingua e delle abitudini. Io dico che mettersi ad affrontare gli ostacoli è già un approccio interessante. Lui ha vinto l’Europeo Under 19 che io vinsi 20 anni fa e questa loro vittoria mi ha fatto un piacere enorme: ci sono state anche tante analogie tra il loro successo e il mio».

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Chiellini cosa pensa che farà da grande...? Quando pensa si appendere le scarpe al chiodo e in che ruolo si vede, un domani, nel calcio?
«Ho un contratto sino a dicembre e resterò ancora anche il prossimo anno. Voglio stare qui con la famiglia che ha fatto uno sforzo notevole con me per abituarsi a condizioni e stili di vita differenti. Dunque mi vedo in campo sino alla prossima estate. Per il futuro non mi vedo come allenatore ma in un ruolo più manageriale anche se faccio fatica a proiettarmi così in avanti. Ora sto bene, sto giocando, credo che a fine della prossima stagione potrei smettere, è un’opportunità concreta. Venire qui negli Usa mi permetterà di vivere la fine dell’attività in maniera più graduale. Qui lo sport business è diverso e permette di aprire la mente e vedere orizzonti diversi. Mia figlia ha otto anni e ora parla con l’accento californiano ed è un regalo che se siamo bravi si porterà dietro tutta la vita. A Torino frequentava la scuola bilingue ma arrivata qui è dovuta partire come da zero. Ora sta raccogliendo i frutti dello sforzo fatto per cui è giusto che si rimanga ancora un po’».

A Los Angeles ha conosciuto Lebron James?
«No, solo da spettatore alle sue partite di basket».

Quando ha visto la Juve in tournée negli Usa come ha trovato l’ambiente bianconero?
«Un buon ambiente, con energie nuove. C’è la voglia di aggredire di più la partita, di stare più alti in campo, questo l’input e nelle amichevoli si è visto. Sarebbe importante partire bene perché darebbe subito entusiasmo non solo alla squadra ma a tutto l’ambiente, tifosi compresi. L’obbligo è ricreare una unione forte con la tifoseria per spingere la squadra in alto. Qui ho visto anche il Milan, conosco bene Pioli che ammiro molto anche come persona. Il progetto rossonero è interessante, vediamo come andrà in campionato. Peccato abbia ceduto Tonali che poteva essere una bandiera ma credo che sia il destino delle squadre italiane».

Cosa le manca di più dell’Italia e cosa la colpisce negativamente vedendola da lontano?
«Mi mancano tanto la parte dei famigliari rimasti a casa e gli amici. Con 9 ore di fuso si fa fatica anche a sentirli. Da lontano mi sto facendo un po’ di spurga dei problemi che affliggono l’Italia».

Cosa pensa del ritorno di suo fratello gemello Claudio alla Juventus come ds della Next Gen?
«Sono contento per lui e lui è felicissimo. Non me l’aspettavo sinceramente. Per lui è come essere tornato a casa».

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La statura, una certa statura, non si misura in altezza. Si pesa con le parole scelte per argomentare i pensieri. Quelli di Giorgio Chiellini - 17 stagioni nella Juventus (dal 2005 al 2022), prima di approdare nel calcio americano vestendo la maglia dei Los Angeles Fc dove ha vinto subito lo scudetto - sono pesanti, nel senso migliore del termine. Un calciatore, o meglio, una persona d’altri tempi. Quelli in cui i tatuaggi e gli orecchini non facevano parte del mondo del pallone. Particolari, certo. Sta di fatto che nella chiacchierata di un’ora che Chiellini ha voluto fare con sei giornalisti italiani in video collegamento da Los Angeles, i minuti sono scorsi veloci perché nessuna verità è scomoda se si ha il coraggio di guardarla dritta negli occhi. E così Giorgione, come ai tempi dei suoi tackle contro i colossi del gol, entra deciso su tutto: Mancini, Bonucci, la Juve, l’Arabia, la vita negli States e molto altro.

Buongiorno Chiellini, cominciamo dal fatto più eclatante, il terremoto azzurro con le dimissioni del ct Mancini. Quale reazione e si stupirebbe se andasse in Arabia?
«Sono stato sorpreso, non me l’aspettavo, ci saranno delle ragioni e il tempo dirà quali saranno quelle che hanno influito di più. Ritengo Mancini una persona abbastanza intelligente per avere ponderato per bene il tutto. Io poi sono dall’altra parte del mondo per cui so meno di voi, di chi vive in Italia. A caldo non è facile rimettere a posto tutti i pezzi del puzzle e quindi farsi una idea generale. Non mi stupirei se andasse in Arabia, stanno facendo di tutto in quel calcio. Io per l’Arabia? No, sono troppo vecchio».

Il Napoli ha cambiato in primis l’allenatore, il Milan quasi una decina di giocatori, l’Inter ha modificato non poco la rosa mentre la Juve ha scelto la continuità. I bianconeri sono da scudetto? Più forti con Vlahovic o con Lukaku?
«La Juve deve puntare come ogni anno a vincere lo scudetto. Non dipenderà solo da loro ovviamente, nel passato partiva nettamente favorita mentre questa volta non sarà così. Non è la favorita anche se può vincerlo. Negli ultimi due anni lo scudetto non è andato alla favorita e questo può essere di buon auspicio. Vedremo anche il cammino delle altre, in primis il Napoli che ha perso l’allenatore e Kim ma ha mantenuto l’ossatura della squadra. L’Inter sta cambiando e con Lukaku e Dzeko sarebbe stato diverso il peso nerazzurro ma chi arriva in finale di Champions è valido: queste due squadre sono un po’ più avanti rispetto agli altri. In estate si gioca e in prima fila vedo Napoli e Inter, dietro Milan e Juve. Sono curioso di vedere poi l’Atalanta che sta facendo un mercato interessante. Roma e Lazio non credo abbiano la forza per puntare allo scudetto e contemporaneamente fare le coppe a un certo livello. Vlahovic o Lukaku? Io partirei da una riflessione, ovvero che questo tipo di discorso esiste perché la Juventus ha necessità economiche. Se non ci fossero queste necessità non se ne sarebbe manco parlato, ora il club è nelle condizioni di dover ascoltare qualsiasi richiesta importante per prenderla in considerazione. Sono contento che Dusan stia meglio, sono convinto che il percorso della Juve dipenda da lui e Federico: se avranno continuità fisica potranno fare la differenza, ovvero tra un 3° o 4° posto oppure vincere lo scudetto».

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