Conte a Belve, l'arrivo alla Juve e il sogno inconfessabile: "Anche per tornare"

L'ex allenatore bianconero ha parlato del suo primo anno in bianconero, di cosa significhi giocare e allenare la vecchia Signora e del futuro

Antonio Conte ha partecipato a Belve, programma di Raidue, nel corso del quale è stato intervistato da Francesca Fagnani. Molti gli argomenti affrontati: l'ex tecnico bianconero ha parlato anche della sua esperienza in bianconero, sia da calciatore che da allenatore.

Conte da calciatore: il primo anno alla Juve

"In quel momento (stagione 1991/92) mi sembrava tutto troppo più grande, davo del voi a tutti. Questo timore l'ho pagato in termini di prestazione, sai quando ti senti inadeguato in una situazione e la vedi più grande di te? Per non uscire sconfitto e rimanere alla Juve ho tirato fuori le unghie e i denti affilati. E ce l'ho fatta".

Conte allenatore e il lascito

"In tutti i club in cui sono passato ho lasciato grandi fondamenta e costruito qualcosa di importante, poi proseguito negli anni. Quando decido di cambiare è perché mi rendo conto di aver dato tutto e le energie sono finite. Si deve prendere un giocatore? Voglio dire la mia e la mia parola deve contare".

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Conte e il futuro: il sogno

"Un voto al Conte calciatore? Mi do 8. Mi mancava talento, che ho da allenatore. Avevo una buona tecnica ma non il talento di Del Piero e Zidane, giocatori che rimangono nella storia del calcio. Da allenatore mi do 8.5, mi reputo abbastanza giovane. Il resto della carriera può farmi alzare il voto. Cosa mi manca da allenatore? Vorrei in futuro trovare una situazione in cui poter scrivere la storia, anche a livello europeo. Italia o estero? Il sogno me lo tengo per me, i matrimoni si fanno sempre in due. Per andare o per tornare in una squadra. Anche per tornare? ".

Conte e il significato della maglia bianconera

"Come vivo la sconfitta? Mi isolo. È un lutto che dura 36-48 ore. Mi sento male, ma voglio sempre capire il perché. È lì che divento feroce". Poi sulla Juve e sui risvolti del vestire la maglia bianconera: "È sempre vista come la squadra da battere e odiare. Giocare e allenare la Juventus non è da tutti, non porta simpatie perché hai tutta l'Italia contro"

Conte, la Roma e il Napoli

"Da qui fino a fine carriera ci sono due piazze come Roma e Napoli che vorrei venire per la passione che ti trasferiscono. Mi auguro un domani di poter fare questa esperienza. Le condizioni giuste? Grande serietà e un progetto che mi faccia competere per vincere. Una squadra in corsa? No, sono situazioni già create prima. Ho parlato con De Laurentiis? Ci parlo, abbiamo un rapporto personale. Da parte sua c'è grande stima, ma ha fatto una scelta ben precisa quest'anno. Scelte che hanno dimostrato la sua lungimiranza, il tempo gli darà ragione".

Il dito medio ad Agnelli

C’è stato anche spazio per far chiarezza sul gesto rivolto ad Andrea Agnelli in occasione di un Juve-Inter di Coppa Italia: “Gli ho mostrato il dito medio, è stata una reazione ad una situazione in cui mi si era mancato di rispetto ed educazione. Non mi sono pentito perché non ho sentito pentimento dalla parte opposta. Poi ci siamo chiariti”.

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Antonio Conte ha partecipato a Belve, programma di Raidue, nel corso del quale è stato intervistato da Francesca Fagnani. Molti gli argomenti affrontati: l'ex tecnico bianconero ha parlato anche della sua esperienza in bianconero, sia da calciatore che da allenatore.

Conte da calciatore: il primo anno alla Juve

"In quel momento (stagione 1991/92) mi sembrava tutto troppo più grande, davo del voi a tutti. Questo timore l'ho pagato in termini di prestazione, sai quando ti senti inadeguato in una situazione e la vedi più grande di te? Per non uscire sconfitto e rimanere alla Juve ho tirato fuori le unghie e i denti affilati. E ce l'ho fatta".

Conte allenatore e il lascito

"In tutti i club in cui sono passato ho lasciato grandi fondamenta e costruito qualcosa di importante, poi proseguito negli anni. Quando decido di cambiare è perché mi rendo conto di aver dato tutto e le energie sono finite. Si deve prendere un giocatore? Voglio dire la mia e la mia parola deve contare".

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