Il Grande Milan, quello proprio grande per intendersi, l’ha sfiorato, ma certamente non era una squadra scarsa quella in cui arrivò George Weah nel 1995 per andarsene cinque anni dopo, con due scudetti e un Pallone d’Oro (alzato con la maglia rossonera, ma conquistato per metà con quella del Psg). Colpaccio di Adriano Galliani, sbarca a Milanello insieme a Roberto Baggio, con il quale è subito grande sintonia. Ma la strabordante umanità di Big George conquista tutti i compagni e i tifosi milanisti, dei quali diventerà molto rapidamente un idolo. Lui che, nella sua incrollabile sincerità, si dichiara sempe tifoso della Juventus, "perché quella è la squadra di Platini che io guardavo da piccolo, sognando di giocare in Italia".
George Weah e gli anni al Milan
Glielo perdoneranno, anzi se lo farà perdonare con 147 partite e 58 gol, quasi tutti spettacolari, spesso determinanti. È un fenomeno, Big George, perché unisce un talento tecnico raffinatissimo a una potenza micidiale: piedi impeccabili e fisico mostruoso. Se ne rendono conto i giocatori del Verona, quattro dei quali vengono dribblati da Weah, nella sua corsa inarrestabile da area ad area, prima di segnare uno dei gol più belli della storia del calcio. Corre come un rugbista neozelandese, Big George, ma quando gli avversari gli si parano davanti, danza leggero per saltarli senza perdere il controllo del pallone, che poi scaglia in porta con un diagonale preciso, che ha ancora il fiato e la lucidità per calibrare in modo impeccabile.