Soulé, a San Siro è apparso Dybala: la Juve, l'Argentina e il futuro

I due sono uniti da una sottile linea rossa, non solo tecnica: entrambi, a undici anni di distanza, hanno segnato il loro primo gol italiano alla Sampdoria
Soulé, a San Siro è apparso Dybala: la Juve, l'Argentina e il futuro© /Agenzia Aldo Liverani Sas

Mar del Plata - terra che ha dato i natali a Matias Soulé - e Laguna Larga, paesotto alla periferia di Cordoba dove è nato Paulo Dybala, distano un migliaio di chilometri. Ma domenica a San Siro gli dei del pallone hanno azzerato quella distanza. Perché il ragazzotto, mandato dalla Juventus a Frosinone per giocare con continuità, ha illuminato con le sue giocate la notte del Meazza. Spunti che hanno riportato alla mente l’ultima apparizione a latitudini milanesi di Dybala con la maglia del Palermo, quando è bastato vedere come la Joya accarezzava la palla per capire di trovarsi di fronte a un predestinato (i nerazzurri ne fecero una malattia, ma Zamparini l’aveva promesso all’amico Marotta).

Contro l’Inter Soulé ha mostrato classe, idee e coraggio di provare sempre a fare la giocata, ha messo davanti a Sommer Cheddira (che ha centrato il palo) e Ibrahimovic (che ha costretto il portiere interista a un bell’intervento) e ha confermato tutto quanto di buono fatto nella prima parte del campionato. Che però Soulé sia ancora un talento da cui tirare fuori tanto è confermato dalle parole di Eusebio Di Francesco nella notte milanese: «Matias ha avuto due o tre occasioni per calciare in porta e invece ha tergiversato un po’ per cercare quel dribbling in più che non serviva, però è un ragazzo di talento, un ragazzo che deve passare anche da queste partite per poter crescere e non gli toglierò mai il desiderio di fare anche quel dribbling in più. Ovvio è che deve capire come in certi momenti della gara, specialmente contro una squadra così forte e messa bene in campo, bisogna sfruttare le opportunità che si creano».

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Soulé libero di inventare calcio

A colpire soprattutto quella frase che sa di manifesto programmatico da parte dell’allenatore («non gli toglierò mai il desiderio di fare anche quel dribbling in più»): anche per questo è stata premiante da parte di Giuntoli la scelta di mandare Soulé a Frosinone dove ha trovato un allenatore che, sin dai tempi del Sassuolo, ha dimostrato di saper maneggiare il talento e i giovani. Matias il culto del dribbling l’ha coltivato nel Barrio Soip di Mar del Plata e, con esso, proprio l’ammirazione per Dybala. I due sono uniti da una sottile linea rossa pure nel nostro calcio, come prova il fatto che entrambi - a undici anni di distanza - abbiano segnato il loro primo gol italiano alla Sampdoria e che la prima convocazione tra i big da parte di Massimiliano Allegri sia coincisa con un infortunio della Joya.

Il passaggio di consegne ci sarà nella stagione che verrà, quando Soulé tornerà alla Continassa dalla porta principale, come giustificano i numeri di questo inizio stagione: tolto quell’extraterrestre di Bellingham, è tra i 2003 più prolifici in Europa tra i centrocampisti ma, al di là dei gol segnati (cinque), contano le prestazioni e il fatto che molti loggionisti nerazzurri - abituati storicamente bene a livello di gente di qualità - domenica lo abbiano paragonato a Dybala suona come un esame di maturità già superato a pieni voti. E pazienza (ma comunque meglio per Di Francesco...) se stavolta Lionel Scaloni, nonostante la pre-convocazione, alla fine abbia deciso di non precettare Soulé per le sfide dell’Albiceleste contro Uruguay e Brasile valide per le qualificazioni al prossimo Mondiale. Perché Matias, dopo aver respinto il corteggiamento della nostra Federcalcio, guarda lontano. E al sogno di andarci, al Mondiale, ma da protagonista.

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Mar del Plata - terra che ha dato i natali a Matias Soulé - e Laguna Larga, paesotto alla periferia di Cordoba dove è nato Paulo Dybala, distano un migliaio di chilometri. Ma domenica a San Siro gli dei del pallone hanno azzerato quella distanza. Perché il ragazzotto, mandato dalla Juventus a Frosinone per giocare con continuità, ha illuminato con le sue giocate la notte del Meazza. Spunti che hanno riportato alla mente l’ultima apparizione a latitudini milanesi di Dybala con la maglia del Palermo, quando è bastato vedere come la Joya accarezzava la palla per capire di trovarsi di fronte a un predestinato (i nerazzurri ne fecero una malattia, ma Zamparini l’aveva promesso all’amico Marotta).

Contro l’Inter Soulé ha mostrato classe, idee e coraggio di provare sempre a fare la giocata, ha messo davanti a Sommer Cheddira (che ha centrato il palo) e Ibrahimovic (che ha costretto il portiere interista a un bell’intervento) e ha confermato tutto quanto di buono fatto nella prima parte del campionato. Che però Soulé sia ancora un talento da cui tirare fuori tanto è confermato dalle parole di Eusebio Di Francesco nella notte milanese: «Matias ha avuto due o tre occasioni per calciare in porta e invece ha tergiversato un po’ per cercare quel dribbling in più che non serviva, però è un ragazzo di talento, un ragazzo che deve passare anche da queste partite per poter crescere e non gli toglierò mai il desiderio di fare anche quel dribbling in più. Ovvio è che deve capire come in certi momenti della gara, specialmente contro una squadra così forte e messa bene in campo, bisogna sfruttare le opportunità che si creano».

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