Mar del Plata - terra che ha dato i natali a Matias Soulé - e Laguna Larga, paesotto alla periferia di Cordoba dove è nato Paulo Dybala, distano un migliaio di chilometri. Ma domenica a San Siro gli dei del pallone hanno azzerato quella distanza. Perché il ragazzotto, mandato dalla Juventus a Frosinone per giocare con continuità, ha illuminato con le sue giocate la notte del Meazza. Spunti che hanno riportato alla mente l’ultima apparizione a latitudini milanesi di Dybala con la maglia del Palermo, quando è bastato vedere come la Joya accarezzava la palla per capire di trovarsi di fronte a un predestinato (i nerazzurri ne fecero una malattia, ma Zamparini l’aveva promesso all’amico Marotta).
Contro l’Inter Soulé ha mostrato classe, idee e coraggio di provare sempre a fare la giocata, ha messo davanti a Sommer Cheddira (che ha centrato il palo) e Ibrahimovic (che ha costretto il portiere interista a un bell’intervento) e ha confermato tutto quanto di buono fatto nella prima parte del campionato. Che però Soulé sia ancora un talento da cui tirare fuori tanto è confermato dalle parole di Eusebio Di Francesco nella notte milanese: «Matias ha avuto due o tre occasioni per calciare in porta e invece ha tergiversato un po’ per cercare quel dribbling in più che non serviva, però è un ragazzo di talento, un ragazzo che deve passare anche da queste partite per poter crescere e non gli toglierò mai il desiderio di fare anche quel dribbling in più. Ovvio è che deve capire come in certi momenti della gara, specialmente contro una squadra così forte e messa bene in campo, bisogna sfruttare le opportunità che si creano».