Juve, tra plusvalenze e patteggiamento: il pragmatismo e come comunicarlo

Chi sostiene che il club abbia calato le braghe deve considerare il contesto nel quale la società ha affrontato la battaglia legale e la sostanziale impossibilità di vincere

Immaginate che il vostro destino in una questione molto importante venga deciso in una partita di tennis. Voi vi attrezzate e al match vi portate, non dico Novak Djokovic, ma almeno Sinner. Arrivate al campo e scoprite che, no, hanno cambiato idea e il vostro destino si decide in una sfida di basket. Vabbè - vi dite - Sinner ci sa fare anche sotto canestro, certo non è la sua specialità, ma possiamo provare. Tuttavia quando scendete in campo vi avvisano che Sinner deve giocare con una mano legata dietro la schiena. A quel punto capite che il vostro destino non si decide con una sfida, ma è stato già deciso. E forse l’obiettivo è arrivare a casa con meno danni possibili, tanto la partita, di tennis, di basket o di qualsiasi altro sport non ve la faranno mai vincere.

Il caso plusvalenze, la posizione Juve

Alla Juventus è successo esattamente questo nella battaglia legale sul caso plusvalenze in sede di giustizia sportiva. È stato riaperto un processo su basi giuridiche che hanno fatto molto discutere gli esperti, la Juventus ha partecipato a un’udienza che si è svolta on line, durante la quale è cambiato il capo di imputazione (!), gli imputati non hanno potuto parlare, gli avvocati (che erano più o meno i Sinner dei legali) hanno avuto un margine minimo, la Juventus è stata l’unica condannata per una violazione (le plusvalenze fittizie) che per consumarsi prevede la complicità di un’altra società (nessuno ha preso nemmeno una multa), si è beccata quindici punti ed è una vera sfida leggere le motivazioni di quella sentenza, alla quale ha poi fatto appello vedendosi fare uno sconto, chiaramente calcolato per evitare che si qualificasse in Champions League (come era stato auspicato in modo piuttosto maldestro nel processo precedente dal procuratore federale).

La Juventus esce dalla borsa?

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La battaglia legale della Juve

Ecco questo deve essere chiaro. Perché chi sostiene che la Juventus abbia calato le braghe deve considerare il contesto nel quale la società ha affrontato la battaglia legale e la sostanziale impossibilità di vincere, in qualsiasi sede. Forse la verità su quelle vicende emergerà dal procedimento penale, che al momento ha parcheggiato il suo tir di faldoni alla Procura di Roma, forse nemmeno quello riuscirà a rendere giustizia a una sentenza (quella delle plusvalenze) ricca di incongruenze. La scelta di patteggiare non è una resa incondizionata, ma una fuga pragmatica da un vortice nel quale la Juventus poteva farsi anche più male di quanto si sia comunque fatta (almeno 100 milioni di danni).

Ieri lo Stadium, che già di suo sembra un’astronave (marziana, naturalmente, atterrata sul pianeta del calcio italiano), si è trasformato in una macchina del tempo. Un fulmine ha colpito i pennoni e sembrava di essere tornati al 2006 e dintorni, quando le assemblee erano un vero e proprio processo all’allora dirigenza che si era arresa troppo presto nella battaglia di Calciopoli (e non aveva combattuto neanche dopo quando a Napoli emergeva la verità). Ma fra quelli che ieri hanno parlato (esclusi quelli che hanno straparlato), ci sono molti veterani delle campagne post 2006 e sanno quanto gommosa può diventare la giustizia sportiva, in quali labirinti può rinchiudere i ricorsi che rimbalzano beffardamente da una corte all’altra.

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Le domande e le risposte

Valeva davvero la pena combattere e non patteggiare, mettendo a rischio anche questa stagione, che con tutta probabilità avrebbe avuto la spada di Damocle di un altro processo a incombere sulla serenità della squadra? E magari rischiare due anni fuori dall’Europa? Queste sono le domande che bisogna porsi e alle quali Gianluca Ferrero si è risposto: no. Poi, c’è modo e modo di comunicare e di porsi. E questo è un altro discorso, perché quando i piccoli azionisti sostengono in assemblea che la Juventus deve difendersi meglio, non si riferiscono solo alle aule dei tribunali, ma più in generale alla difesa dell’onorabilità del club e all’agorà mediatica, dove la «pacatezza» non è una qualità che spicca. Il popolo juventino vorrebbe riconoscersi in qualcuno che, senza sguaiatezza, ma con fermezza tenga il punto. In un club continuamente travolto dalle polemiche, un uomo che rappresenti con autorità e autorevolezza è indispensabile come un portiere. E se non si può avere un Buffon, anche uno Szczesny va benissimo.

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Immaginate che il vostro destino in una questione molto importante venga deciso in una partita di tennis. Voi vi attrezzate e al match vi portate, non dico Novak Djokovic, ma almeno Sinner. Arrivate al campo e scoprite che, no, hanno cambiato idea e il vostro destino si decide in una sfida di basket. Vabbè - vi dite - Sinner ci sa fare anche sotto canestro, certo non è la sua specialità, ma possiamo provare. Tuttavia quando scendete in campo vi avvisano che Sinner deve giocare con una mano legata dietro la schiena. A quel punto capite che il vostro destino non si decide con una sfida, ma è stato già deciso. E forse l’obiettivo è arrivare a casa con meno danni possibili, tanto la partita, di tennis, di basket o di qualsiasi altro sport non ve la faranno mai vincere.

Il caso plusvalenze, la posizione Juve

Alla Juventus è successo esattamente questo nella battaglia legale sul caso plusvalenze in sede di giustizia sportiva. È stato riaperto un processo su basi giuridiche che hanno fatto molto discutere gli esperti, la Juventus ha partecipato a un’udienza che si è svolta on line, durante la quale è cambiato il capo di imputazione (!), gli imputati non hanno potuto parlare, gli avvocati (che erano più o meno i Sinner dei legali) hanno avuto un margine minimo, la Juventus è stata l’unica condannata per una violazione (le plusvalenze fittizie) che per consumarsi prevede la complicità di un’altra società (nessuno ha preso nemmeno una multa), si è beccata quindici punti ed è una vera sfida leggere le motivazioni di quella sentenza, alla quale ha poi fatto appello vedendosi fare uno sconto, chiaramente calcolato per evitare che si qualificasse in Champions League (come era stato auspicato in modo piuttosto maldestro nel processo precedente dal procuratore federale).

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