La Russa, l'ironia e i veleni su Juve e Inter: tra divisività e imparzialità

Il presidente del Senato ha detto che avrebbe voluto fare il Ministro dello Sport e non per avvantaggiare la sua squadra del cuore, ma per "affossare" i suoi rivali

TORINO - L’ironia è sacra. La possibilità di scherzare è sua sorella, quindi altrettanto tutelata. E Ignazio La Russa, ieri, scherzava. Lo dice lui stesso, più volte. E il tono è quello di una battuta. La domanda però si insinua lo stesso in chi lo ascolta: era necessaria? O, meglio, era opportuna? Perché il diritto all’ironia è disciplinato da regole quali il contesto in cui si esercita e il ruolo di chi lo esercita. Ieri Ignazio La Russa ha detto che avrebbe voluto fare il Ministro dello Sport e non per avvantaggiare l’Inter, sua squadra del cuore, ma per "affossare la Juventus". Una battuta, d’accordo. Ma purtroppo, da anni, il calcio non è terreno fertile per coltivare l’ironia, da quella raffinata fino a quella un po’ più greve. Gli italiani lo prendono dannatamente sul serio e, parafrasando Churchill, purtroppo seguono il pallone con la stessa attenzione e rigore con la quale dovrebbero seguire la politica e la cosa pubblica, mentre seguono la politica e la cosa pubblica con la spensieratezza con i quali si dovrebbe seguire una partita di calcio. Insomma, offendendo la squadra del cuore altrui, anche per scherzo, non sempre si trovano interlocutori disposti a cogliere lo spirito e farsi una risata.

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Lo sport e l'imparzialità

Ma, al netto dell’eccessiva permalosità del tifoso medio italiano, resta il fatto che la seconda carica dello Stato dovrebbe forse astenersi dall’esprimersi in quel modo. Primo perché un Ministro dello Sport ha compiti diversi dall’avvantaggiare un club di calcio professionistico o dall’affossarne un altro, perché dovrebbe promuovere lo sport di base e renderlo accessibile a tutti, soprattutto ora che il diritto allo sport è stato riconosciuto dalla Costituzione. Secondo perché la seconda carica dello stato dovrebbe avere un’imparzialità sacrale rispetto a qualsiasi argomento, anche quello apparentemente più futile, come il calcio, ma che può nascondere l’insidia della divisività, una specie di sacerdote laico che dovrebbe operare una comunicazione se non austera, quanto meno sobria. Ma i tempi cambiano e si è passati dal non riuscire a sapere per quale squadra tifava Paolo Valenti, il conduttore di Novantesimo Minuto negli Anni 70 e 80, tanto era misurato nella conduzione della trasmissione allora più vista dagli italiani, al presidente del Senato della Repubblica che ridacchia all’idea di affossare la squadra a lui rivale e antipatica.

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La battuta e il calcio da svelenire

Ok, era una battuta, lo abbiamo detto all’inizio, concedendo l’immunità dovuta a chi specifica di non fare sul serio, però c’è sempre il pericolo che qualcuno non capisca. Anzi, negli ultimi tempi più che un pericolo è quasi una certezza. E che intorno al calcio, uno dei passatempi più popolari del Paese, il clima si faccia ancora più malato e irrespirabile. Non è certo il problema principale del Paese, ma se per abbassare il debito pubblico serve certamente un impegno sovrumano della politica, per svelenire il mondo del calcio o, per lo meno, per dare il proprio contributo alla disintossicazione dello stesso basterebbe evitare uscite di questo genere che gettano benzina sul più inutile dei fuochi.

E poi, battuta per battuta, viene da rispondere al Presidente del Senato: non si preoccupi, anche senza la sua nomina a Ministro dello Sport, la Juventus negli ultimi dodici mesi l’hanno affossata lo stesso e con un processo sportivo dai contorni giuridici che hanno lasciato molta perplessità in molti suoi colleghi avvocati.

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TORINO - L’ironia è sacra. La possibilità di scherzare è sua sorella, quindi altrettanto tutelata. E Ignazio La Russa, ieri, scherzava. Lo dice lui stesso, più volte. E il tono è quello di una battuta. La domanda però si insinua lo stesso in chi lo ascolta: era necessaria? O, meglio, era opportuna? Perché il diritto all’ironia è disciplinato da regole quali il contesto in cui si esercita e il ruolo di chi lo esercita. Ieri Ignazio La Russa ha detto che avrebbe voluto fare il Ministro dello Sport e non per avvantaggiare l’Inter, sua squadra del cuore, ma per "affossare la Juventus". Una battuta, d’accordo. Ma purtroppo, da anni, il calcio non è terreno fertile per coltivare l’ironia, da quella raffinata fino a quella un po’ più greve. Gli italiani lo prendono dannatamente sul serio e, parafrasando Churchill, purtroppo seguono il pallone con la stessa attenzione e rigore con la quale dovrebbero seguire la politica e la cosa pubblica, mentre seguono la politica e la cosa pubblica con la spensieratezza con i quali si dovrebbe seguire una partita di calcio. Insomma, offendendo la squadra del cuore altrui, anche per scherzo, non sempre si trovano interlocutori disposti a cogliere lo spirito e farsi una risata.

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Ma, al netto dell’eccessiva permalosità del tifoso medio italiano, resta il fatto che la seconda carica dello Stato dovrebbe forse astenersi dall’esprimersi in quel modo. Primo perché un Ministro dello Sport ha compiti diversi dall’avvantaggiare un club di calcio professionistico o dall’affossarne un altro, perché dovrebbe promuovere lo sport di base e renderlo accessibile a tutti, soprattutto ora che il diritto allo sport è stato riconosciuto dalla Costituzione. Secondo perché la seconda carica dello stato dovrebbe avere un’imparzialità sacrale rispetto a qualsiasi argomento, anche quello apparentemente più futile, come il calcio, ma che può nascondere l’insidia della divisività, una specie di sacerdote laico che dovrebbe operare una comunicazione se non austera, quanto meno sobria. Ma i tempi cambiano e si è passati dal non riuscire a sapere per quale squadra tifava Paolo Valenti, il conduttore di Novantesimo Minuto negli Anni 70 e 80, tanto era misurato nella conduzione della trasmissione allora più vista dagli italiani, al presidente del Senato della Repubblica che ridacchia all’idea di affossare la squadra a lui rivale e antipatica.

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