Chiesa e Juve al bivio: il dolore, la maturità da leader e il contratto

L’accordo in scadenza è un tema: i rapporti con la società sono buoni, ma lui deve diventare un punto di riferimento

TORINO - La mesta uscita dal campo a San Siro, domenica sera, rappresenta la fin troppo vivida cartolina del momento attraversato da Federico Chiesa. Un momento in cui non è lo spirito a suggerire un “potrei, ma non voglio”, semmai il corpo a imporre un “vorrei, ma non posso”. Così, dopo la sconfitta di misura nello scontro diretto con l’Inter, l’attaccante bianconero ha lasciato il terreno di gioco a testa bassa, rimuginando su quella che è appena la seconda sconfitta stagionale. Scuotendo il capo, al contempo tradendo una leggera zoppia che ha subito messo in allarme l’ambiente. E, chissà se proprio a causa del fastidio fisico, imboccando immediatamente la via degli spogliatoi - tra delusione e preoccupazione - senza seguire i compagni di squadra sotto il settore riservato ai tifosi ospiti per un orgoglioso saluto di congedo dalla Scala del Calcio.

Il periodo delicato di Chiesa

Le ultime settimane di Chiesa, d’altronde, si sono rivelate le più delicate di un’annata che era iniziata con il vento in poppa e quattro reti nelle prime cinque giornate. Numeri ora replicati, al limite, nella quantità di piccole noie fisiche che ne stanno minando la continuità di rendimento. Un dato su tutti? Il 26enne ligure ha saltato quattro degli ultimi sette turni di campionato, subentrando dalla panchina negli altri tre per un totale di appena 81’ in campo dal 23 dicembre a oggi. Il cielo sopra la sua testa, almeno da questo punto di vista, si è insomma fatto di tinte plumbee, rischiarato semmai all’incoraggiante evoluzione del piede destro colpito duro contro la capolista: gonfio nell’immediato post-gara a Milano, di aspetto decisamente migliore ieri alla Continassa. Domani, alla ripresa, il riscontro del campo, ma in vista del prossimo appuntamento con l’Udinese serpeggia ottimismo. Anche perché, da qui al fischio d’inizio di lunedì sera, la strada è ancora lunga.

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Il tema del contratto

Ma il cuore del tema Chiesa non riguarda la stretta attualità o, meglio, dall’oggi si dipana al domani e magari al dopodomani. Magari, già, perché il contratto dell’ex viola si estingue nel 2025 e finora passi concreti verso il rinnovo non sono ancora stati mossi con l’agente Ramadani. I rapporti tra le parti sono ottimi, quindi il tema non è spinoso. Ma dirimente, per il futuro della Juventus, questo sì. Perché Chiesa vive la maturità dei 26 anni e vanta un contratto di prim’ordine che ambirebbe anche a ritoccare verso l’alto nelle operazioni di prolungamento. Aspirazione legittima per chi è reputato uno dei principali talenti italiani della sua generazione, a patto di tener fede alla premessa e non soltanto a strappi, di cui pur è ricco il suo modo in interpretare il calcio.

Chiesa deve diventare leader

Pesa, in questo senso, una solidità mentale forse scalfita, certo ancora ammaccata, dal tremendo infortunio di due anni fa. Situazione che ineluttabilmente si riflette sul rettangolo verde, finora calpestato in stagione per 1251’ sul 2250 totali a disposizione: appena il 56% di quanto possibile, calcolatrice alla mano. Consacrazione e rinnovo, condizioni essenziali per divenire uomo-franchigia bianconero, passano soprattutto dalla sua escalation a leader della squadra e dello spogliatoio. Scacciando ogni fantasma dalla testa, semmai tornando a farli vedere alle difese avversarie una partita dopo l’altra. Trascinando i compagni, con resilienza e affidabilità. Anche perché, tra pochi mesi, la Juventus riscoprirà la dolce abitudine di scendere in campo ogni tre giorni...

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TORINO - La mesta uscita dal campo a San Siro, domenica sera, rappresenta la fin troppo vivida cartolina del momento attraversato da Federico Chiesa. Un momento in cui non è lo spirito a suggerire un “potrei, ma non voglio”, semmai il corpo a imporre un “vorrei, ma non posso”. Così, dopo la sconfitta di misura nello scontro diretto con l’Inter, l’attaccante bianconero ha lasciato il terreno di gioco a testa bassa, rimuginando su quella che è appena la seconda sconfitta stagionale. Scuotendo il capo, al contempo tradendo una leggera zoppia che ha subito messo in allarme l’ambiente. E, chissà se proprio a causa del fastidio fisico, imboccando immediatamente la via degli spogliatoi - tra delusione e preoccupazione - senza seguire i compagni di squadra sotto il settore riservato ai tifosi ospiti per un orgoglioso saluto di congedo dalla Scala del Calcio.

Il periodo delicato di Chiesa

Le ultime settimane di Chiesa, d’altronde, si sono rivelate le più delicate di un’annata che era iniziata con il vento in poppa e quattro reti nelle prime cinque giornate. Numeri ora replicati, al limite, nella quantità di piccole noie fisiche che ne stanno minando la continuità di rendimento. Un dato su tutti? Il 26enne ligure ha saltato quattro degli ultimi sette turni di campionato, subentrando dalla panchina negli altri tre per un totale di appena 81’ in campo dal 23 dicembre a oggi. Il cielo sopra la sua testa, almeno da questo punto di vista, si è insomma fatto di tinte plumbee, rischiarato semmai all’incoraggiante evoluzione del piede destro colpito duro contro la capolista: gonfio nell’immediato post-gara a Milano, di aspetto decisamente migliore ieri alla Continassa. Domani, alla ripresa, il riscontro del campo, ma in vista del prossimo appuntamento con l’Udinese serpeggia ottimismo. Anche perché, da qui al fischio d’inizio di lunedì sera, la strada è ancora lunga.

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