«In Inghilterra e in Germania...»
Mi sembra che ci sia un generale miglioramento, ma se mi trovo a gestire un giocatore la cui famiglia è un po’ esagitata, una di quelle che pensano di avere il nuovo Messi, beh, allora non so se prendiamo quel ragazzo... Cioè sono anche diposto a rinunciare a un grande talento se c’è da interagire con una famiglia che esagera e, purtroppo, ce ne sono ancora tante. Ma se il ragazzo ha la testa a posto e una buona famiglia alle spalle, allora se ha un po’ di talento ci sono buone possibilità di migliorare».
«Su quello ci lavoro io, li chiamo tutti quanti il lunedì o, comunque, il giorno dopo la partita, attendendo che abbiano smaltito l’adrenalina della gara e siano pronti ad analizzare la loro prestazione in modo più lucido. Ho notato che se ti approcci nei momenti successi a una partita, il giocatore è meno predisposto a ragionare, ma il giorno dopo ha voglia di vedere in cosa ha fatto le scelte giuste e cosa no. Fa parte di un processo di crescita in cui posso dare un contributo importante. Giro l’Europa, forse anche di più di quanto facevo il calciatore, e guardo partite. Tantissime partite e ho notato una cosa. Sapete cosa? Che in Inghilterra e Germania corrono di più anche i ragazzini. Cioè, capite? Fin dai settori giovanili il giovane calciatore è chiamato a correre alla stessa intensità delle partite. Insomma, è una cosa che parte da lontano quella che vediamo nelle coppe. Ma qualcosa sta cambiando anche in Italia e vedo una progressione modernizzazione. Intanto io scopro i talenti e li faccio crescere. È il mio nuovo mestiere e mi piace. Sono Claudio Marchisio e ho scoperto cosa farò da grande».