Una Juve che tira a campare: quando la mediocrità uccide l’entusiasmo

Tanti errori tecnici, poche idee, ritmo blando: il derby di Torino si affloscia come un copriletto polveroso

In teoria, in pura teoria, questo sarebbe lo stesso sport di Real-City e allora sale un po’ di malinconia. Perché, sì, è inclemente giocare nella stessa settimana del partitone del Bernabeu, ma tra errori tecnici e carenza di idee, il derby di Torino si affloscia come un copriletto stinto e polveroso su due tifoserie che, per ragioni diverse, stanno perdendo l’entusiasmo e meriterebbero un po’ di più. Il derby si riduce, invece, a un puntino minuscolo che non consente alla Juventus un altro balzo verso la prossima Champions League e allontana il Toro dalla qualificazione in Conference. Poi, per carità, restano le occasioni da gol, quelle di un impreciso Vlahovic e quella dello sciagurato Lazaro nel recupero (che ha perso l’occasione di entrare nella storia del club), ma non è stato un derby saporito, il ritmo è stato moderato, l’agonismo al minimo sindacale per una stracittadina.

La fotografia della stagione

Insomma, una specie di fotografia della stagione delle due squadre che, per entrambe, non può essere definita disastrosa, ma neppure soddisfacente. Un galleggiare senza troppa infamia e con pochissima lode, un tirare a campare tecnico-tattico per la Juventus, un tirare a campare filosofico per il Toro, che un filo sottile annoda ancora al sogno europeo e un potente magnete attira verso il decimo posto, tomba di qualsiasi libidine tifosa. Ed è proprio qui il problema, perché criticare il derby di ieri non è roba da sommelier del calcio, sarebbe andato bene (come è andato bene decine di volte) anche un derby che sapeva di tappo, ma in un altro contesto e in altre circostanze. E invece la Juventus ha giocato benino mezzo primo tempo per poi assopire lentamente la voglia di attaccare. E il Toro non ha avuto abbastanza convinzione nella ripresa quando ha prevalso per lunghi tratti e aggiunge un altro rimpianto a una collezione da grande museo. Va bene, nessuna delle due squadre merita di essere fustigata.

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La noia di certe partite

La Juventus, per esempio, è in linea con gli obiettivi che si era data a inizio stagione: qualificazione Champions e, magari, la Coppa Italia. Ma da tre anni fa pochissimi gol, dismette le ambizioni più eccitanti tra gennaio e febbraio, zoppica fino a fine stagione. Non è tanto la mancanza di trofei che pesa, ma la noia di certe partite, la rassegnazione di certe prestazioni, la soporifera costruzione della manovra offensiva, tolti sporadici e casuali guizzi.

E non è desiderio di guardiolismo, dezerbismo o qualche altro ismo modaiolo che sta scorando il tifoso medio della Juventus, ma la voglia insoddisfatta di quel cazzutismo che non dovrebbe mai mancare e dovrebbe spingere la squadra a correre di più, azzardare, provare a segnare e non soltanto cercare di non prenderne. E così l’entusiasmo si scioglie un pezzo alla volta come i ghiacciai, ritirandosi a monte. L’amore per la squadra, in un tifoso vero, non muore mai, il desiderio di guardarla può affievolirsi. E un discorso analogo, ambientato in uno scenario diverso, vale anche per il Toro la cui storia, lo ha ricordato ieri Ivan Juric, è meritevole di qualcosa di più dell’assai pragmatica gioia per la permanenza in Serie A.

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In teoria, in pura teoria, questo sarebbe lo stesso sport di Real-City e allora sale un po’ di malinconia. Perché, sì, è inclemente giocare nella stessa settimana del partitone del Bernabeu, ma tra errori tecnici e carenza di idee, il derby di Torino si affloscia come un copriletto stinto e polveroso su due tifoserie che, per ragioni diverse, stanno perdendo l’entusiasmo e meriterebbero un po’ di più. Il derby si riduce, invece, a un puntino minuscolo che non consente alla Juventus un altro balzo verso la prossima Champions League e allontana il Toro dalla qualificazione in Conference. Poi, per carità, restano le occasioni da gol, quelle di un impreciso Vlahovic e quella dello sciagurato Lazaro nel recupero (che ha perso l’occasione di entrare nella storia del club), ma non è stato un derby saporito, il ritmo è stato moderato, l’agonismo al minimo sindacale per una stracittadina.

La fotografia della stagione

Insomma, una specie di fotografia della stagione delle due squadre che, per entrambe, non può essere definita disastrosa, ma neppure soddisfacente. Un galleggiare senza troppa infamia e con pochissima lode, un tirare a campare tecnico-tattico per la Juventus, un tirare a campare filosofico per il Toro, che un filo sottile annoda ancora al sogno europeo e un potente magnete attira verso il decimo posto, tomba di qualsiasi libidine tifosa. Ed è proprio qui il problema, perché criticare il derby di ieri non è roba da sommelier del calcio, sarebbe andato bene (come è andato bene decine di volte) anche un derby che sapeva di tappo, ma in un altro contesto e in altre circostanze. E invece la Juventus ha giocato benino mezzo primo tempo per poi assopire lentamente la voglia di attaccare. E il Toro non ha avuto abbastanza convinzione nella ripresa quando ha prevalso per lunghi tratti e aggiunge un altro rimpianto a una collezione da grande museo. Va bene, nessuna delle due squadre merita di essere fustigata.

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