In teoria, in pura teoria, questo sarebbe lo stesso sport di Real-City e allora sale un po’ di malinconia. Perché, sì, è inclemente giocare nella stessa settimana del partitone del Bernabeu, ma tra errori tecnici e carenza di idee, il derby di Torino si affloscia come un copriletto stinto e polveroso su due tifoserie che, per ragioni diverse, stanno perdendo l’entusiasmo e meriterebbero un po’ di più. Il derby si riduce, invece, a un puntino minuscolo che non consente alla Juventus un altro balzo verso la prossima Champions League e allontana il Toro dalla qualificazione in Conference. Poi, per carità, restano le occasioni da gol, quelle di un impreciso Vlahovic e quella dello sciagurato Lazaro nel recupero (che ha perso l’occasione di entrare nella storia del club), ma non è stato un derby saporito, il ritmo è stato moderato, l’agonismo al minimo sindacale per una stracittadina.
La fotografia della stagione
Insomma, una specie di fotografia della stagione delle due squadre che, per entrambe, non può essere definita disastrosa, ma neppure soddisfacente. Un galleggiare senza troppa infamia e con pochissima lode, un tirare a campare tecnico-tattico per la Juventus, un tirare a campare filosofico per il Toro, che un filo sottile annoda ancora al sogno europeo e un potente magnete attira verso il decimo posto, tomba di qualsiasi libidine tifosa. Ed è proprio qui il problema, perché criticare il derby di ieri non è roba da sommelier del calcio, sarebbe andato bene (come è andato bene decine di volte) anche un derby che sapeva di tappo, ma in un altro contesto e in altre circostanze. E invece la Juventus ha giocato benino mezzo primo tempo per poi assopire lentamente la voglia di attaccare. E il Toro non ha avuto abbastanza convinzione nella ripresa quando ha prevalso per lunghi tratti e aggiunge un altro rimpianto a una collezione da grande museo. Va bene, nessuna delle due squadre merita di essere fustigata.