La noia di certe partite
La Juventus, per esempio, è in linea con gli obiettivi che si era data a inizio stagione: qualificazione Champions e, magari, la Coppa Italia. Ma da tre anni fa pochissimi gol, dismette le ambizioni più eccitanti tra gennaio e febbraio, zoppica fino a fine stagione. Non è tanto la mancanza di trofei che pesa, ma la noia di certe partite, la rassegnazione di certe prestazioni, la soporifera costruzione della manovra offensiva, tolti sporadici e casuali guizzi.
E non è desiderio di guardiolismo, dezerbismo o qualche altro ismo modaiolo che sta scorando il tifoso medio della Juventus, ma la voglia insoddisfatta di quel cazzutismo che non dovrebbe mai mancare e dovrebbe spingere la squadra a correre di più, azzardare, provare a segnare e non soltanto cercare di non prenderne. E così l’entusiasmo si scioglie un pezzo alla volta come i ghiacciai, ritirandosi a monte. L’amore per la squadra, in un tifoso vero, non muore mai, il desiderio di guardarla può affievolirsi. E un discorso analogo, ambientato in uno scenario diverso, vale anche per il Toro la cui storia, lo ha ricordato ieri Ivan Juric, è meritevole di qualcosa di più dell’assai pragmatica gioia per la permanenza in Serie A.