Se possibile, il deludente pareggio con il Milan ha eufemisticamente immusonito ancora di più la tifoseria bianconera, convitata di pietra agli straordinari festeggiamenti interisti dopo la conquista della seconda stella. E la certificazione aritmetica della qualificazione alla Champions League, ancora rinviata, almeno sino alla partita con la Roma, è un moltiplicatore del malumore in casa Juve. Così, su una cosa sola possono ritrovarsi d'accordo sia gli allegriani sia i non allegriani: la necessità, o per meglio dire, l'indispensabilità che la dirigenza faccia chiarezza su ciò che verrà. E non soltanto sulla guida tecnica. Interpellato al riguardo, Max ha tagliato corto: "Come deve essere la squadra del futuro? Chiedete alla società". Che, invece, temporeggia, rinvia, traccheggia, aspettando la sospirata, aritmetica certezza dell'ingresso nella prossima Super Champions e la finale di Coppa Italia per prendere ogni decisione. Ora, con 8 punti di vantaggio sull'Atalanta sesta in classifica, a 4 giornate dalla fine solo un cataclisma potrebbe escludere i bianconeri dalla massima competizione europea.
Ed è vero che la Dea deve recuperare la partita con la Fiorentina e che il girone di ritorno bianconero rischia di rivelarsi il peggiore post nono scudetto, eppure ci deve essere un limite a tutto. Poi ci sono i numeri: da un lato, le 49 partite senza subire gol registrate dal ritorno di Allegri, di cui 16 in questo campionato; dall'altro, a che cosa sono servite, se in classifica oggi la Juve è a -24 dall'Inter ed è terza dopo essere stata l'unica anti-Inter sino allo scontro diretto, quindi seconda, quindi sorpassata dal Milan? E ancora: vogliamo parlare dell'attacco meno prolifico da ventiquattro anni a questa parte (47 gol in 34 partite? Furono 46 nel 1999-2000) o dei soli 3 gol segnati nelle ultime 6 gare, delle 4 su 6 partite concluse senza segnare e dei 3 pareggi per 0-0, con Genoa, Torino e Milan? La domanda non è se la Juve cambierà rotta, ma quando. Tergiversare non basta più.