"Era Agnelli supersonica, la mia Juve e gli sfottò con l'interista Ligabue"

Niccolò Bossini è un cantautore, produttore e storico chitarrista del "Liga": racconta a Tuttosport la sua passione  per la musica  e per lo sport

Niccolò Bossini è uno di “quelli” che stanno tra palco e realtà. Assieme a Luciano Ligabue. Nel caso specifico, imbracciando una Telecaster (e compagnia suonante, a sei corde). La sua collaborazione con “il Liga” è nata ormai la bellezza di 20 anni fa ed è andata consolidandosi a suon di prove, concerti, registrazioni, produzioni. C’è feeling, evidentemente: umanamente e musicalmente parlando. Anche se dal punto di vista prettamente calcistico Bossini si colloca decisamente su un altro versante rispetto all’interista Ligabue. «Sono un grande appassionato di sport in generale. Seguo la Formula Uno, ad esempio. Ma il mio più grande amore è il calcio: sono un super tifoso della Juve pressoché dalla nascita». 
  
Ultimamente non sta andando benissimo. 
«C’è un nuovo progetto. Qualcuno è fiducioso e dice che ci vuole tempo, ma confesso che io faccio fatica ad essere ottimista in questo caso... Il confronto con il passato è pesante. L’era-Agnelli è stata una cosa supersonica: anche se non è finita benissimo non posso che essere un agnelliano di ferro. Soprattutto per la juventinità che si sentiva. E pure Allegri mi piaceva molto. Ora, beh… Son d’accordo con Lippi quando bacchetta Thiago Motta. E le eliminazioni nelle coppe non sono un dettaglio. Il tifoso della Juventus esige la vittoria e devo dire che ormai è da un po’ di anni che non si vede all’orizzonte la possibilità di ottenere risultati di un certo livello. Questo è un po’ frustrante. Anche se la Juve è sempre un appuntamento fisso». 
 
Riesci ad andare anche allo stadio? 
«Per me non è particolarmente comodo andare fino a Torino, ma quando la Juve passa dalle parti di Reggio Emilia (Parma, Bologna…) non manco mai. L’ultima volta che sono stato allo Stadium risale a 2 anni fa. Ricordo un bellissimo clima, ricordo una bellissima atmosfera, ricordo le famiglie bianconere... Peccato che poi sia iniziata la partita: Juventus-Monza 0-2! Ah, un attimo. A ben pensarci ancor più recentemente ho visto Juventus-Inter di Coppa Italia: 1-1, ma lasciai lo stadio un po’ in anticipo e fortunatamente non vidi il gol di Lukaku al 95’». 
 
Come vanno le cose, calcisticamente parlando, con l’interista Ligabue? 
«Bene! Perché l’approccio che ha Luciano al calcio è all’insegna della sportività. Magari ci si sfotte un po’, ok, ma con grande rispetto. E, soprattutto, la cosa bella è che lui più ancora che tifoso è “appassionato”. La stessa cosa vale per me: non guardo solo la Juve. Quindi ci scambiamo opinioni sulle rispettive squadre, commentiamo belle partite e bei gol. Peraltro devo dire che io negli ultimi anni sono un po’ meno cattivello con gli interisti. Anche perché… se alzo un po’ la cresta vengo punito! Qualche messaggio l’ho fatto partire dopo l’ultima vittoria contri i nerazzurri, ma visto cos’è successo dopo devo ammettere che avrei fatto meglio ad evitare». 
 
Chi sono i colleghi musicisti - tifosi nerazzurri - che bersaglia, o bersagliava, maggiormente? 
«Non posso non citare due tastieristi. Govanni Marani dei Clan Destino e Gianfranco Fornaciari. Entrambi sono interisti “enormi”. Negli anni sono volate sciabolate tra noi: date e prese. Ricordo, su tutti, il tour negli stadi del 2006: era l’anno di Calciopoli, figurati cos’ho dovuto subire...». 
 
Durante i concerti riesci a seguire le partite in qualche modo? 
«Ammetto che a volte istruisco qualcuno a darmi indicazioni. Luciano? Che io sappia lui non segue durante i concerti. A meno che non lo faccia di nascosto… Ma non credo». 

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Bossini: Il mio provino con Ligabue

Qualche pallone sbuca fuori ogni tanto in tour? 
«Sì, può capitare. Ricordo un 1° maggio nel backstage: immagini poi riprese in un video. Ricordo anche una festa a casa di Luciano: giocammo con la band». 
 
Sul palco tu, Poggipollini e Cottafavi formate un tridente offensivo mica male… Tre chitarre insieme garantiscono un sound caratteristico e sfizioso, ma l’intesa dev’essere al top, no? 
«Servono intese ed equilibri come in un tridente calcistico. Nel nostro caso possiamo dire che Fede – per il ruolo, per il personaggio, per le sue esigenze - è chiaramente la punta centrale. Io e Max partiamo uno da sinistra e uno da destra. E ci possiamo cambiare. Mettere insieme tre chitarre è complesso ma può essere anche bello perché l’area si riempie, c’è potenza. Uno può fare una ritmica, il riff può essere doppiato, ci possono essere due ritmiche sotto un solo. Inoltre, tornando al calcio: ci può essere il tridente ma a volte ognuno di noi può mettersi al servizio delle due punte suonando l’acustica: si crea blend magico. Insomma, è il mister che decide: noi siamo a disposizione!». 
 
Ma c’è anche la partita che stai giocando a livello individuale. I tuoi progetti. 
«Ho fatto due dischi e un Ep nella mia carriera. Più svariati singoli. Nel 2024 ci siamo fermati un attimo dopo anni fantastici in giro con Ligabue e ho pensato di fare uscire per un po’ un pezzo al mese con lo scopo di divertirmi e confrontarmi con il mio pubblico. Non è numerosissimo ma è molto appassionato! La discografia è molto cambiata: una volta c’era il potere delle radio, ora quello dell’algoritmo. Io scrivo i miei pezzi, li produco. Ogni volta è un’avventura in più che mi fa crescere». 
 
Una domanda “da calciatore”: qual è il tuo gol (artistico) più bello? Sì, insomma: la performance che ha cambiato la tua vita. 
«Beh, il momento in cui è cambiato tutto è il provino con Luciano, 20 anni fa. Avevo sentito dire in giro che cercava elementi per fare il nuovo disco. Mi sono mosso per propormi. Il provino era di giovedì, il martedì mi hanno dato 5 pezzi. Mi sono messo a studiarli, ho chiesto in prestito a un caro amico una Fender Telecaster del 1967, un Vox Ac30 del 1964 o ‘65, ho messo insieme qualche pedale e mi sono presentato in sala. Al terzo pezzo Luciano ha fermato tutto, mi pare dovesse andare a prendere suo figlio, e mi ha detto: per me sei bravissimo, ci rivediamo in studio sicuramente. Da lì a una settimana mi ha chiesto di entrare nella band. Quello è stato un momento in cui ho detto: ok, è successo qualcosa». 

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"Ligabue è Ligabue perché..."

Un “gol” pescando dalla tua produzione, invece? 
«Pescando dalla mia produzione… Faccio un appello, chissà che poi l’algoritmo si muova! Ascoltate “Io non dico mai di no”. Un pezzo di cui sono molto orgoglioso. Mi aggancio anche alla quotidianità: Lucio Corsi non l’ho scoperto adesso, ricordo che quando lavoravo a “Io non dico mai di no” avevo anche ascoltato delle cose di Corsi che mi avevano un po’ ispirato. Posto che comunque io volevo fare un pezzo springsteeniano, da wall of sound, “philspectoriano” con un sacco di elementi che dovevano avere tutti un equilibrio. Ci ho lavorato un mese facendo, rifacendo, suonando, risuonando…». 
 
Torniamo a Ligabue: perché Ligabue è Ligabue? 
  «Dovrei prendermi un mucchio di tempo per rispondere a questa domanda e citare la capacità di scrivere canzoni enormi, la visione artistica lucidissima fin dall’inizio, la voce particolarissima che ti buca e ti prende lo stomaco… Però forse posso citare una caratteristica che probabilmente riassume più di tutte la forza di Luciano, una caratteristica che è in dotazione solo ai grandissimi: la capacità di parlare direttamente all’interlocutore. E gli interlocutori sono centinaia di migliaia. Luciano canta una canzone ed è come se parlasse di te fornendoti proprio quel testo, quel mood, quell’attitudine sonora e vocale di cui hai bisogno in quel momento lì. Come se fosse “il tuo migliore amico”. Forse questa, più di tutte, è la caratteristica per cui lui dopo 35 anni è ancora un gigante». 
 
C’è un momento su tutti che simboleggia il vostro rapporto umano e professionale? Un ricordo che porti nel cuore. 
«Non ti dico un momento, ce ne sono davvero tanti. Ma cito una persona che spesso ha fatto parte di quei momenti indimenticabili: il nostro band assistant che si chiamava, perché purtroppo non c’è più, Paolo Salandini. Se n’è andato circa un mese fa. Vorrei davvero approfittare di questa occasione per ricordare una persona eccezionale che se n’è andata troppo presto». 

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Niccolò Bossini è uno di “quelli” che stanno tra palco e realtà. Assieme a Luciano Ligabue. Nel caso specifico, imbracciando una Telecaster (e compagnia suonante, a sei corde). La sua collaborazione con “il Liga” è nata ormai la bellezza di 20 anni fa ed è andata consolidandosi a suon di prove, concerti, registrazioni, produzioni. C’è feeling, evidentemente: umanamente e musicalmente parlando. Anche se dal punto di vista prettamente calcistico Bossini si colloca decisamente su un altro versante rispetto all’interista Ligabue. «Sono un grande appassionato di sport in generale. Seguo la Formula Uno, ad esempio. Ma il mio più grande amore è il calcio: sono un super tifoso della Juve pressoché dalla nascita». 
  
Ultimamente non sta andando benissimo. 
«C’è un nuovo progetto. Qualcuno è fiducioso e dice che ci vuole tempo, ma confesso che io faccio fatica ad essere ottimista in questo caso... Il confronto con il passato è pesante. L’era-Agnelli è stata una cosa supersonica: anche se non è finita benissimo non posso che essere un agnelliano di ferro. Soprattutto per la juventinità che si sentiva. E pure Allegri mi piaceva molto. Ora, beh… Son d’accordo con Lippi quando bacchetta Thiago Motta. E le eliminazioni nelle coppe non sono un dettaglio. Il tifoso della Juventus esige la vittoria e devo dire che ormai è da un po’ di anni che non si vede all’orizzonte la possibilità di ottenere risultati di un certo livello. Questo è un po’ frustrante. Anche se la Juve è sempre un appuntamento fisso». 
 
Riesci ad andare anche allo stadio? 
«Per me non è particolarmente comodo andare fino a Torino, ma quando la Juve passa dalle parti di Reggio Emilia (Parma, Bologna…) non manco mai. L’ultima volta che sono stato allo Stadium risale a 2 anni fa. Ricordo un bellissimo clima, ricordo una bellissima atmosfera, ricordo le famiglie bianconere... Peccato che poi sia iniziata la partita: Juventus-Monza 0-2! Ah, un attimo. A ben pensarci ancor più recentemente ho visto Juventus-Inter di Coppa Italia: 1-1, ma lasciai lo stadio un po’ in anticipo e fortunatamente non vidi il gol di Lukaku al 95’». 
 
Come vanno le cose, calcisticamente parlando, con l’interista Ligabue? 
«Bene! Perché l’approccio che ha Luciano al calcio è all’insegna della sportività. Magari ci si sfotte un po’, ok, ma con grande rispetto. E, soprattutto, la cosa bella è che lui più ancora che tifoso è “appassionato”. La stessa cosa vale per me: non guardo solo la Juve. Quindi ci scambiamo opinioni sulle rispettive squadre, commentiamo belle partite e bei gol. Peraltro devo dire che io negli ultimi anni sono un po’ meno cattivello con gli interisti. Anche perché… se alzo un po’ la cresta vengo punito! Qualche messaggio l’ho fatto partire dopo l’ultima vittoria contri i nerazzurri, ma visto cos’è successo dopo devo ammettere che avrei fatto meglio ad evitare». 
 
Chi sono i colleghi musicisti - tifosi nerazzurri - che bersaglia, o bersagliava, maggiormente? 
«Non posso non citare due tastieristi. Govanni Marani dei Clan Destino e Gianfranco Fornaciari. Entrambi sono interisti “enormi”. Negli anni sono volate sciabolate tra noi: date e prese. Ricordo, su tutti, il tour negli stadi del 2006: era l’anno di Calciopoli, figurati cos’ho dovuto subire...». 
 
Durante i concerti riesci a seguire le partite in qualche modo? 
«Ammetto che a volte istruisco qualcuno a darmi indicazioni. Luciano? Che io sappia lui non segue durante i concerti. A meno che non lo faccia di nascosto… Ma non credo». 

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