© LAPRESSEAveva due strade davanti a sé, Andrea Agnelli. La prima era continuare lo scomodo viaggio iniziato quattro anni fa con l’inizio dell’inchiesta Prisma e destinato a durare almeno altri setto o otto anni. La seconda era chiudere per sempre la vicenda, senza dover ammettere la colpa, ma trovando un compromesso con la giustizia. E, siccome non gli piaceva per niente l’idea di immolare il prossimo decennio a un processo che non avrebbe, comunque, restituito nulla di quello che hanno tolto a lui e alla Juventus, Andrea ha scelto la via del patteggiamento, sancito ieri dal Gup. Finisce in modo definitivo una vicenda giudiziaria curiosamente sincronizzata con il tentativo dello stesso Andrea di creare la Superlega; una vicenda che lo ha costretto a lasciare la Juventus con quella che è stata la decisione professionale più dolorosa della sua vita, ma che ha preso per salvare la Juventus stessa. Curiosa è stata, infatti, anche la sincronia con cui le sue dimissioni hanno consentito di attenuare, almeno parzialmente, la veemenza della giustizia sportiva contro il club. Tutto è finito ieri mattina. Tutto è ricominciato ieri mattina.
Il messaggio di Agnelli e l'amore per la Juve
Nella pagina bianca che si è improvvisamente trovato davanti, Agnelli ha scritto un messaggio per spiegare la scelta del patteggiamento e l’agenda del suo futuro più prossimo. Un futuro nel quale non c’è la Juve che, tuttavia, prorompe nel mezzo del comunicato, spinta dall’inossidabile sentimento che Andrea prova per il suo club. "Il mio amore per la Juventus resta totale e immutato, così come il mio legame con l’Italia e, in particolare, con Torino, la mia città". Nelle righe in cui spiega che resterà ad Amsterdam (dove ormai ha stabilito la sua famiglia, che non vuole sballottare) e che da lì continuerà a portare avanti i suoi progetti, ribadisce l’indissolubilità del legame con la Juve e Torino. Ognuno può leggerci quello che vuole, anche la promessa di un ritorno, senza il rischio di sbagliare. Certo, non è una questione imminente. Certo, non è un punto di un programma, anche a lunga scadenza. È un sentimento che non si è certo affievolito e che lo porta a seguire con maniacalità ogni partita della Juventus, a informarsi delle sue vicende, a tifarla con tutte le sue forze. Quindi? Tornerà a fare il presidente? Oggi non è possibile dire di sì, ma neanche no.
