Qualche mese fa, ospite di una trasmissione televisiva dopo le tre vittorie iniziali della Juventus in campionato, alla domanda del conduttore sulle prospettive della stagione bianconera, tra lo stupore dei presenti ebbi l’ardire di pronosticare una lotta, ad essere ottimisti, per il il quarto posto. Non ho certo voluto indossare le vesti di Cassandra e ho motivato la non ottimistica previsione. In primis, vedevo una struttura societaria più consona ad una azienda industriale che ad un club del calcio professionistico di primissimo livello, con dirigenti senza specifiche e significative esperienze nella complessa realtà calcistica italiana e internazionale: il mio non era e non voleva essere un pregiudizio nei confronti di stimati professionisti di altre materie, ma la semplice constatazione di una inadeguatezza ad affrontare i problemi e le sfide di quella che è una realtà non gestibile con normali criteri aziendali, ma con competenze che presuppongono una esperienza lunga e specifica nel mondo del calcio, soprattutto in quello dei top club (quale è o dovrebbe essere la Juventus). È singolare che proprietà straniere affidino le loro squadre a dirigenti italiani di grande esperienza (ad esempio: Oaktree a Marotta; Group Friedkin a Ranieri; Krause a Cherubini), mentre l’italianissima Juventus conferisca pieni poteri a dirigenti provenienti da altre realtà, peraltro non certo di altissimo livello europeo.

Tudor la terza scelta e acquisti non azzeccati
Il risultato che ne è scaturito è, innanzitutto, l’assenza di un chiaro e solido progetto tecnico per l’immediato e per il futuro: Tudor era, manifestamente, non la prima, ma la terza scelta (come dal tecnico stesso ammesso nel momento in cui non avrebbe voluto partire per il Mondiale per Club), la squadra costruita in estate, al di là di acquisti non rivelatisi azzeccati (per usare un eufemismo), è parsa da subito squilibrata in alcuni settori (gli esterni, ad esempio) e scarsa di valide risorse in altri (mancavano e mancano un regista e una vera prima punta alternativa al discusso Vlahovic, peraltro in scadenza di contratto). Si badi bene, non esiste neppure l’alibi di una campagna acquisti forzatamente al risparmio, posto che si sono spesi più quattrini di quanti ne abbia messi sul mercato il Real Madrid, mentre si sono dismessi validi giovani a fronte dell’acquisto di calciatori reduci da gravi infortuni e da assenze a dir poco lunghissime (rinunciare a Mbangula per Zhegrova, senza enormi benefici economici, non mi sembra una grande idea).

