Adriano Bonaiuti deve tanto a Luciano Spalletti. Allo stesso modo, il tecnico non potrà che essere infinitamente riconoscente al suo ex preparatore dei portieri. All’uomo che tra Udinese, Roma e Inter ha sempre aiutato Lucio sul campo, il suo habitat naturale. Bonaiuti, che la maglia della Juventus l’ha vestita tra il 1989 e il 1991(una sola presenza in quel biennio: arrivò a Torino per rimpiazzare Bodini, finito al Verona), ha iniziato il suo percorso nello staff di Spalletti nella stagione 2004-2005, quella che porta l’Udinese in Champions League. La chiamata della Roma è una tentazione irresistibile anche per Bonaiuti, che contribuisce a far esplodere Doni, tra i portieri più forti della Serie A negli anni giallorossi di Spalletti. Poi Adriano va all’Inter nel 2013 scelto dalla società nerazzurra per far crescere i portieri della prima squadra e in parte della Primavera. Resta alla Pinetina dieci anni, due di questi trascorsi con Spalletti tra il 2017 e il 2019. Le loro strade non si sono più incrociate, ma resta una profonda stima tra i due.
Adriano Bonaiuti, lei ha iniziato la carriera da preparatore dei portieri proprio con Luciano Spalletti. Com'è nata la vostra storia insieme? «Alessandro Zampa, lo storico preparatore dei portieri dell'Udinese, era andato via. Io ero ancora in rosa da terzo portiere e Spalletti di fatto mi chiese di smettere. Si fidava di me come persona e intravedeva un nuovo percorso: anch'io ci avevo fatto un pensiero, ma ancora non avevo realizzato che tutto stesse per cambiare. Così mi ha indirizzato verso questo ruolo. Fece succedere tutto in fretta, ma Luciano è sempre stato geniale. Si fida del suo istinto e delle sue intuizioni e ha quasi sempre ragione. In più, ha avuto la forza di rimanere sempre attuale: allena ad alti livelli da 30 anni, non è un caso».
A quali casi di successo si riferisce quando parla delle intuizioni di Spalletti? «All'Udinese arrivammo in Champions League giocando col 3-4-3, che era un modulo inimmaginabile per una squadra che ambiva alla parte sinistra della classifica. Ha saputo trasformare i giocatori, li ha convinti uno dopo l'altro delle sue idee. Ma il vero capolavoro per me l'ha fatto a Roma».
Con chi? «Con Francesco Totti prima punta. Lui era Spalletti, un allenatore esperto ma emergente con le big. Ma Totti è Totti. Devi sapergli parlare, devi portarlo dalla tua parte, devi fargli capire che da prima punta può fare il salto di qualità. Ci riuscì.Solo col lavoro. È un maniaco della ricerca, Spalletti si spinge al massimo per ottenere il meglio da ogni squadra, anche a livello comunicativo: sa trovare le parole giuste a seconda del tipo di spogliatoio nel quale deve lavorare. E sempre stato abile a capire i contesti e le persone, non è una qualità di poco conto».
