È giusto che un ragazzo di vent’anni chieda garanzie a un club che ne ha 108 di più? E che, a partire dalla sua data di nascita a oggi, ha vinto undici scudetti? Se la si mette giù così, cioè in modo un po’ brutale, la risposta è ovviamente: no. Ma dietro la garbata e, in fondo, lecita richiesta di Yildiz, di avere una sorta di garanzia sulle ambizioni del club, c’è un punto intorno al quale si snoda il futuro della Juventus. Esattamente dieci anni fa, a cavallo tra la finale di Berlino e quella di Cardiff, nel pieno del mostruoso ciclo di nove scudetti, l’immagine della Juve nel mondo rifletteva il prestigio, la potenza economica e il livello tecnico di un club fra i primi cinque al mondo. Non a caso di lì a tre stagioni, Cristiano Ronaldo, il giocatore più famoso della terra e uno dei due più forti, non aveva esitato ad accettare la proposta, trasferendosi in bianconero. Dieci anni fa, insomma, la Juventus era una meta desiderabile, in certi casi addirittura bramata.
Il tempo passa veloce nel calcio e, dopo cinque stagioni senza scudetto e con “appena” due coppe Italia in bacheca, una travagliata vicenda giudiziaria, cinque cambi di allenatore, quattro differenti dirigenze, l’immagine della Juventus risulta sbiadita. Anzi sfocata, nel senso che non si riesce a leggere bene cosa può succedere nel futuro. Ora un giocatore, ma anche un tifoso, può chiedersi: arriverà davvero lo scudetto in due anni, come ha promesso Comolli? O, peggio ancora: ci sarà ancora Comolli fra due anni?
