(Articolo del 6 dicembre 2009) Il giorno dopo, riascoltata con attenzione la deposizione dell’ex assistente Rosario Coppola al processo su Calciopoli in svolgimento a Napoli, è necessario fare una precisazione fondamentale. E cioè che Coppola non voleva “accusare” l’Inter, ma tutto un “sistema” di cui anche l’Inter era componente sostanziale. E bisogna trarre una constatazione amara e, per alcuni dubbi, inquietante: le parole del teste furono giudicate “non interessanti” dai carabinieri che verbalizzarono la sua deposizione (spontanea) il 20 maggio del 2006. Quasi che - ecco l’inquietudine - le indagini fossero mirate a sostanziare l’esistenza di un teorema (la “cupola” e il “sistema-Moggi”) piuttosto che acquisire nuovi elementi che facessero chiarezza a 360 gradi. «Io - ha dichiarato Coppola - non ero andato lì per denunciare l’Inter, ma tutto un sistema. A me capitò di subire pressioni per quella squadra, ma avrebbe potuto benissimo riguardare qualcun altro». E dire che Francesco Saverio Borrelli, allora capo dell’Ufficio indagini, aspettava come manna dal cielo qualcuno che vuotasse il sacco.
Pregiudizi
Naturalmente, come spesso accade nel caso in cui le accuse non siano rivolte verso una parte ben definita (Moggi è un bersaglio grosso, facile e persino scontato, ormai...), è subito iniziata la corsa a delegittimare il teste. Con argomenti grossolani (“Era stato messo a riposo per inadeguatezza”) usando pesi diametralmente opposti, per esempio, nei confronti dell’ex arbitro Danilo Nucini, teste fondamentale dell’accusa, che ha basato tutta la sua deposizione su argomenti analoghi a quelli di Coppola, salvo lasciare trasparire un senso di rancore e di frustrazioni molto più marcati rispetto a quelli dell’ex assistente. Oppure con tesi che evidenziano chiaramente come non sia stata ascoltata la deposizione del teste. Vediamole.