Giraudo, così l'ex ad Juventus può smontare la giustizia sportiva

Nel mirino dell’ex dirigente bianconero la correttezza giuridica del suo “ergastolo sportivo”. In autunno attesa la sentenza: se vincesse sarebbe ribaltone

TORINO - Antonio Giraudo può smontare la giustizia sportiva e lo strumento glielo ha dato il Tar che ha deciso di trattare, attraverso una specifica sottosezione, il tema proposto dall’ex amministratore delegato della Juventus. Tema che, più o meno, suona così: con la radiazione, la giustizia sportiva priva un individuo della possibilità di esercitare la propria professione (per esempio quella di dirigente sportivo), quindi di un diritto personale e in questo modo violando il principio generale della “tutela giurisdizionale effettiva”, garantito dal diritto dell’Unione Europea. Ovvero: se infliggi una sorta di ergastolo professionale, vietandomi per sempre la possibilità di lavorare, intacchi un mio diritto personale, senza nessun tipo di appello presso la giustizia ordinaria, che non sia la questione risarcitoria.

In sostanza è sotto attacco la legge 280 del 2003, che disciplina la giustizia sportiva secondo il criterio della specificità dello sport, una legge che ha già resistito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, che non l’ha trovata incoerente con la Carta, ma questa volta potrebbe essere tutto diverso perché la speranza dei legali di Giraudo, Amedeo Rosboch e Jean-Louis Dupont (sì, quello della legge Bosman) è che il Tar si rivolga alla Corte di Giustizia Europea: "Questa legge conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni. Ci si auspica che in via pregiudiziale il Tar rimetta alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità di tale legge rispetto ai principi del diritto comunitario. Il Tar ha deciso di trattare, in una prossima udienza che sarà fissata a breve, tale rilevante questione trasversale anche ad altri recenti e noti casi sottoposti alla sua giurisdizione".

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Il potere della giustizia sportiva

Sì, la giustizia sportiva come si smonta? Se il Tar o la Corte di giustizia europea riconoscessero che la legge 280 non garantisce la tutela giurisdizionale effettiva e che, quindi, i giudici sportivi possano decidere sui diritti personali senza appello, allora il sistema della giustizia sportiva in Italia andrebbe riformato dalle fondamenta, venendo a crollare la legge che ne garantisce la totale autonomia.

Siamo di fronte, ancora una volta, a una decisione che potrebbe essere epocale con delle connotazioni politiche enormi che peseranno molto sul giudizio (in questo caso a sfavore di Giraudo). Sul tavolo c’è sempre la stessa domanda: può la giustizia sportiva arrogarsi l’esclusiva di giudicare, senza appello in altri tribunali, su questioni che riguardano club quotati in Borsa, sulle carriere di importanti manager, sulla vita degli atleti? Lo sport, il calcio in particolare, non è più un circolo di gentiluomini accomunati dalla stessa passione per una certa disciplina, ma è un’industria che produce ricchezza, quantificabile in miliardi di euro.

Calciopoli e il ricorso di Giraudo

E Calciopoli? Non c’entra con questo procedimento, se non per essere la causa scatenante dell’iter: Giraudo è ricorso contro la sua radiazione al tribunale del lavoro di Torino, arrivando fino in Cassazione, che ha rispedito la questione al Tar. Ma anche in caso di vittoria, le sentenze di Calciopoli non sarebbero in discussione, perché in questo caso si tratta una questione di principio. Per intendersi, è un altro il ricorso di Giraudo che può minare Calciopoli: quello presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, dove vuole dimostrare le incongruenze e le ingiustizie di quel processo. Anche in quel caso, si attende la fissazione di un’udienza, ma senza la possibilità di effettuare previsioni. È invece molto probabile che l’udienza presso la sottosezione specializzata del Tar venga fissata per l’autunno.

 

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TORINO - Antonio Giraudo può smontare la giustizia sportiva e lo strumento glielo ha dato il Tar che ha deciso di trattare, attraverso una specifica sottosezione, il tema proposto dall’ex amministratore delegato della Juventus. Tema che, più o meno, suona così: con la radiazione, la giustizia sportiva priva un individuo della possibilità di esercitare la propria professione (per esempio quella di dirigente sportivo), quindi di un diritto personale e in questo modo violando il principio generale della “tutela giurisdizionale effettiva”, garantito dal diritto dell’Unione Europea. Ovvero: se infliggi una sorta di ergastolo professionale, vietandomi per sempre la possibilità di lavorare, intacchi un mio diritto personale, senza nessun tipo di appello presso la giustizia ordinaria, che non sia la questione risarcitoria.

In sostanza è sotto attacco la legge 280 del 2003, che disciplina la giustizia sportiva secondo il criterio della specificità dello sport, una legge che ha già resistito a un pronunciamento della Corte Costituzionale, che non l’ha trovata incoerente con la Carta, ma questa volta potrebbe essere tutto diverso perché la speranza dei legali di Giraudo, Amedeo Rosboch e Jean-Louis Dupont (sì, quello della legge Bosman) è che il Tar si rivolga alla Corte di Giustizia Europea: "Questa legge conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni. Ci si auspica che in via pregiudiziale il Tar rimetta alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità di tale legge rispetto ai principi del diritto comunitario. Il Tar ha deciso di trattare, in una prossima udienza che sarà fissata a breve, tale rilevante questione trasversale anche ad altri recenti e noti casi sottoposti alla sua giurisdizione".

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