Pozza: "Le plusvalenze fittizie non danno alcun vantaggio"

Il docente di Accounting e Principi Contabili Internazionali della Bocconi e consulente legali Juve: "Generano solo maggiori costi e future minusvalenze"

Lorenzo Pozza è professore di Accounting e Principi Contabili Internazionali all’Università Bocconi di Milano. È anche stato consulente tecnico per la Juventus e ha partecipato alle audizioni davanti al Tribunale federale e poi davanti alla Corte d’Appello federale del processo sulle plusvalenze. In quanto esperto della materia, ha accettato di aiutarci a sviscerare il tema delle plusvalenze, della valutazione delle prestazioni dei calciatori, dell’analisi dei bilanci dei club sportivi.

Professor Pozza, il termine «plusvalenza» è ormai diventato di uso comune. Facciamo chiarezza: cosa si intende per plusvalenza?

«La plusvalenza relativa a un calciatore è la differenza tra valore di cessione e il valore di bilancio del medesimo. Quest’ultimo, a sua volta, corrisponde al prezzo a cui la società ha comprato il calciatore, ridotto, ogni anno, dell’ammortamento».

È davvero il male assoluto?

«No, anzi, è normale che una società sportiva, come qualsiasi altra società, si ponga l’obiettivo di cedere i propri elementi patrimoniali a prezzi superiori rispetto a quelli a cui li ha acquistati, generando un profitto».

La discriminante chiave dell’inchiesta in corso è plusvalenza… «fittizia», per lo più in riferimento ad operazioni a specchio. Ma è davvero possibile quantificare l’effettivo valore delle prestazioni sportive di un calciatore?

«Diciamo che la valutazione di un calciatore dipende da moltissimi aspetti e, a differenza di altri beni, non esistono modelli valutativi codificati di generale accettazione per la valutazione di un calciatore. Esiste tuttavia un mercato nell’ambito del quale si formano i prezzi e questi, fino prova contraria, sono la corretta misura del valore del giocatore».

Peraltro, ha senso quantificare a posteriori la valutazione di un calciatore e relazionarla a quanto invece è stato pagato al momento del trasferimento? Un ds quando tessera un nuovo elemento (a maggior ragione se giovane), fa una «scommessa» su prospettive di crescita e potenzialità, non su dati già acquisiti. Concorda?

«Giudicare una valutazione con il senno di poi è un errore comune da non commettere, qualunque sia l’asset valutato. La prospettiva corretta da assumere è quella di porsi nel momento di allora, utilizzando le informazioni del tempo. Non vi è dubbio che nell’acquisto di un giocatore molto giovane vi è una componente di scommessa rilevante. È un po’ come investire in start-up, alcune non sbocciano, ma quelle di successo sono in grado di ripagare anche gli investimenti fallimentari, che fanno parte del gioco e devono essere accettati. La filosofia cioè è simile a quella del venture capital: si investe su più aziende in fase embrionale già sapendo che solo alcune daranno soddisfazione economica, ma quella soddisfazione più che ripaga il fallimento delle altre».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Accostare la Football Industry al mondo ad esempio dell’arte, in cui la soggettività ha incidenza decisiva nella valutazione di un’opera, è sbagliato?

«In entrambi i casi, non esistono modelli finanziari applicabili e il livello di discrezionalità è elevato. In questo senso, il paragone è azzeccato. In oltre i giocatori sono dei “pezzi unici”, un po’ come le opere d’arte. Ciò non di meno è possibile esprimere valutazioni affidabili. Da approfondimenti che ho potuto svolgere è emerso che giocatori “simili” (per ruolo, età, carriera, ecc.) vengono compravenduti a prezzi simili. Questo dimostra che esiste un mercato in grado di esprimere valori attendibili».

Procura e Corte federale d’appello hanno stabilito che la Juventus abbia tratto vantaggio dal sistema creato sull’utilizzo di operazioni che garantivano plusvalenze fittizie. Dal punto di vista della gestione di una azienda rappresenterebbe davvero un vantaggio puntare su plusvalenze «fittizie» che non spostano soldi e non fanno cassa?

«Non credo che una gestione minimamente competente e responsabile possa pensare di fare i bilanci con plusvalenze fittizie. Infatti, le plusvalenze originate dal solo scambio di calciatori non generano flussi di cassa ma modificano il reddito e il patrimonio solo nel breve termine. Nel medio termine infatti eventuali plusvalenze gonfiate generano maggiori costi e future minusvalenze. L’apparente beneficio di oggi si riflette in un equivalente maleficio domani».

Massimi esponenti delle istituzioni e addetti ai lavori insistono sull’importanza di definire specifiche norme per regolamentare l’utilizzo di plusvalenze. Lei come interverrebbe?

«Certamente regole definite da chi si occupa dei principi contabili potrebbero fare chiarezza nel mondo dei bilanci delle società di calcio. Da questo punto di vista lo IASB, per i club quotati, e l’OIC per i club non quotati, ben potrebbero emettere regole chiare per la contabilizzazione delle operazioni di scambio dei giocatori. In assenza di tali regole oggi la prassi pressoché totalitaria è quella che prevede la registrazione delle plusvalenze nello scambio di giocatori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lorenzo Pozza è professore di Accounting e Principi Contabili Internazionali all’Università Bocconi di Milano. È anche stato consulente tecnico per la Juventus e ha partecipato alle audizioni davanti al Tribunale federale e poi davanti alla Corte d’Appello federale del processo sulle plusvalenze. In quanto esperto della materia, ha accettato di aiutarci a sviscerare il tema delle plusvalenze, della valutazione delle prestazioni dei calciatori, dell’analisi dei bilanci dei club sportivi.

Professor Pozza, il termine «plusvalenza» è ormai diventato di uso comune. Facciamo chiarezza: cosa si intende per plusvalenza?

«La plusvalenza relativa a un calciatore è la differenza tra valore di cessione e il valore di bilancio del medesimo. Quest’ultimo, a sua volta, corrisponde al prezzo a cui la società ha comprato il calciatore, ridotto, ogni anno, dell’ammortamento».

È davvero il male assoluto?

«No, anzi, è normale che una società sportiva, come qualsiasi altra società, si ponga l’obiettivo di cedere i propri elementi patrimoniali a prezzi superiori rispetto a quelli a cui li ha acquistati, generando un profitto».

La discriminante chiave dell’inchiesta in corso è plusvalenza… «fittizia», per lo più in riferimento ad operazioni a specchio. Ma è davvero possibile quantificare l’effettivo valore delle prestazioni sportive di un calciatore?

«Diciamo che la valutazione di un calciatore dipende da moltissimi aspetti e, a differenza di altri beni, non esistono modelli valutativi codificati di generale accettazione per la valutazione di un calciatore. Esiste tuttavia un mercato nell’ambito del quale si formano i prezzi e questi, fino prova contraria, sono la corretta misura del valore del giocatore».

Peraltro, ha senso quantificare a posteriori la valutazione di un calciatore e relazionarla a quanto invece è stato pagato al momento del trasferimento? Un ds quando tessera un nuovo elemento (a maggior ragione se giovane), fa una «scommessa» su prospettive di crescita e potenzialità, non su dati già acquisiti. Concorda?

«Giudicare una valutazione con il senno di poi è un errore comune da non commettere, qualunque sia l’asset valutato. La prospettiva corretta da assumere è quella di porsi nel momento di allora, utilizzando le informazioni del tempo. Non vi è dubbio che nell’acquisto di un giocatore molto giovane vi è una componente di scommessa rilevante. È un po’ come investire in start-up, alcune non sbocciano, ma quelle di successo sono in grado di ripagare anche gli investimenti fallimentari, che fanno parte del gioco e devono essere accettati. La filosofia cioè è simile a quella del venture capital: si investe su più aziende in fase embrionale già sapendo che solo alcune daranno soddisfazione economica, ma quella soddisfazione più che ripaga il fallimento delle altre».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Pozza: "Le plusvalenze fittizie non danno alcun vantaggio"
2
Pagina 2