Plusvalenze e partnership: ora qualcuno ci spieghi bene

"Abbiamo aiutato la Roma": le parole di Carnevali alimentano dubbi. I giallorossi non hanno commesso niente di illecito. Allora perché la Juve sì?

La premessa, doverosa, è che la Roma e il suo direttore sportivo Tiago Pinto hanno commesso nulla di illecito con le ultime operazioni di calciomercato, chiuse repentinamente entro il 30 giugno per questioni bilancistiche. Servivano 30 milioni per quadrare i conti dell’accordo con l’Uefa sul FairPlay Finanziario e 30 milioni sono stati trovati con una rapida sequenza di cessioni di giovani, alcuni dei quali peraltro molto interessanti.

Insomma, tutto liscio, molti club devono vendere in questo periodo per mettere a posto il bilancio e la Roma, oltretutto, ha venduto i suoi giocatori per denaro, non inserendoli in scambi. Fine della premessa. Inizio dei dubbi: qual è, però, la differenza fra quanto effettuato dalla Roma in queste settimane, elogiato dai media e approvato dall’ambiente calcistico, e quanto fece la Juventus nelle campagne acquisti e cessioni finite sotto indagine della Procura Federale e costate 10 punti di penalizzazione?

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Perché a occhio nudo è difficile distinguere quanto punito dalla Corte Federale d’Appello e quanto applaudito. Infatti, è bene ricordarlo, la Corte non è entrata nel merito delle singole plusvalenze. Nelle motivazioni ne cita alcune, senza riuscire a circostanziare la violazione (anche perché non esiste una norma che le vieti e non esiste un modo per valutarne con esattezza la veridicità).

Quello che è stato punito, grazie alle intercettazioni, è il "sistema", ovvero l’aver illecitamente messo in piedi un meccanismo per sistemare il bilancio attraverso le plusvalenze, da effettuare con club amici e disponibili. E qui è difficile distinguere da quanto fatto dalla Roma. E da decine di altre squadre negli ultimi vent’anni. Centinaia e centinaia di plusvalenze hanno alimentato il calcio italiano dal 2000 a oggi. E non lo hanno alimentato benissimo, questo è indubbio, ma è andata innegabilmente così. O, forse, sta andando ancora così.

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Le parole di Carnevali

Almeno a sentire l’amministratore delegato del Sassuolo, Giovanni Carnevali, che ha dichiarato: "Alla Roma ci lega un rapporto giusto, anche con Tiago Pinto: nel momento in cui c’è stata da fare quest’operazione con dei ragazzi giovani l’abbiamo fatta, anche entro il 30 giugno perché avevano delle necessità. È sempre una cosa giusta tra società, nel momento in cui ci si può aiutare, ci si può dare una mano, bisogna farlo". Anche Carnevali, come Pinto, non ha commesso NULLA, di illecito.

Ma provate a leggere quelle parole come fossero un’intercettazione e non un’intervista e immaginate la Juventus di mezzo. L’effetto sarebbe stato diverso. Il problema, a questo punto, è solo spiegare bene la differenza, spiegare come ci si beccano 10 punti e come no. Perché magari non è un problema di giustizia, ma solo di comunicazione.

Plusvalenze Roma-Sassuolo, Carnevali: “Servivano, giusto darsi una mano…”

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La premessa, doverosa, è che la Roma e il suo direttore sportivo Tiago Pinto hanno commesso nulla di illecito con le ultime operazioni di calciomercato, chiuse repentinamente entro il 30 giugno per questioni bilancistiche. Servivano 30 milioni per quadrare i conti dell’accordo con l’Uefa sul FairPlay Finanziario e 30 milioni sono stati trovati con una rapida sequenza di cessioni di giovani, alcuni dei quali peraltro molto interessanti.

Insomma, tutto liscio, molti club devono vendere in questo periodo per mettere a posto il bilancio e la Roma, oltretutto, ha venduto i suoi giocatori per denaro, non inserendoli in scambi. Fine della premessa. Inizio dei dubbi: qual è, però, la differenza fra quanto effettuato dalla Roma in queste settimane, elogiato dai media e approvato dall’ambiente calcistico, e quanto fece la Juventus nelle campagne acquisti e cessioni finite sotto indagine della Procura Federale e costate 10 punti di penalizzazione?

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