Juve e inchiesta Prisma: “Perché è stata spostata a Roma e le conseguenze”

Intervista all’avvocato Cataldo Intrieri: “Utilizzato un criterio innovativo, la giurisprudenza indicava Milano”

TORINO - Avvocato Cataldo Intrieri, l’inchiesta Prisma si sposta a Roma: sorpreso dalla decisione della Corte di Cassazione, innanzitutto?

«Definirei effettivamente “innovativo” il criterio utilizzato per arrivare al verdetto. Per i reati di cosiddetto “market abuse”, come quelli contestati in questo frangente, vigeva una giurisprudenza piuttosto costante che individuava Milano, sede della Borsa, quale destinazione naturale dei processi. E così, in effetti, era stato richiesto anche dalla Procura Generale nella requisitoria depositata a luglio».

E poi, invece?

«E poi la Corte di Cassazione ha stabilito che gli atti debbano essere trasmessi a Roma, che in ogni caso anche la difesa aveva segnalato come ipotesi subordinata a Milano. Certo, va sottolineato come mai in precedenza fosse stato anticipato in questo modo il momento, e di conseguenza il luogo, di consumazione del reato: non l’attimo in cui la comunicazione arriva alla Borsa, bensì quello in cui la comunicazione viene immessa nel circuito informatico. La ricostruzione, in attesa della pubblicazione delle motivazioni, mi pare quantomeno audace: se un domani i server di Roma venissero spostati all’estero?».

Ma si è dato una spiegazione del perché sia stato adottato questo “criterio innovativo”?

«Non ne ho idea, sinceramente. Ma immagino che, in caso di conferma del criterio tradizionale, qualcuno si sarebbe potuto polemicamente domandare perché attendere così tanto per inviare gli atti a Milano, se quella era la destinazione pacifica. Invece, avendo optato per Roma, la Cassazione ha dimostrato come non fosse così scontato lo spostamento in Lombardia».

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Quali conseguenze potrà avere questo trasferimento?

«Gli atti, innanzitutto, restano perfettamente validi e utilizzabili, compresi quelli raccolti con una certa fretta in seguito alla prima richiesta di chiarimenti da parte della difesa sulla competenza territoriale: la Procura di Torino, in quel caso, aveva chiuso rapidamente le indagini al fine di scaricare la decisione sul Gup, ma ritengo fosse evidente fin da principio la necessità di risolvere questo problema».

Ma potranno mutare alcuni termini del processo, scendendo nel concreto?

«In tutta sincerità, prevedo che i pm romani non si discosteranno dalle conclusioni tratte dall’ufficio di Torino. La principale conseguenza riguarderà un notevole allungamento dei tempi, dal momento che la giustizia nella capitale vive una situazione difficile, in cui capita che decadano i termini anche per reati la cui prescrizione è di 15 o 20 anni».

Quello della prescrizione è un rischio in cui rischia di incorrere anche Prisma?

«Stiamo parlando di fatti relativi alla stagione 2020/2021, quindi al momento direi di no. Ma, nel caso in cui si arrivi al terzo grado di giudizio, è una conclusione che non mi sento di escludere a priori. Ci saranno sempre processi più urgenti a Roma, dunque immagino tempi lunghissimi e, chi lo sa, una provvidenziale cortina di oblio sulla vicenda. Il tempo aggiusta tante cose, noi avvocati lo sappiamo bene».

Quale sarà il prossimo passo della vicenda, in conclusione?

«Dovrà essere fissata l’udienza preliminare, innanzitutto. Se verrà istituito un criterio preferenziale per Prisma, allora se ne potrebbe parlare entro la fine del 2023. Altrimenti si finirà almeno alla primavera del prossimo anno».

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TORINO - Avvocato Cataldo Intrieri, l’inchiesta Prisma si sposta a Roma: sorpreso dalla decisione della Corte di Cassazione, innanzitutto?

«Definirei effettivamente “innovativo” il criterio utilizzato per arrivare al verdetto. Per i reati di cosiddetto “market abuse”, come quelli contestati in questo frangente, vigeva una giurisprudenza piuttosto costante che individuava Milano, sede della Borsa, quale destinazione naturale dei processi. E così, in effetti, era stato richiesto anche dalla Procura Generale nella requisitoria depositata a luglio».

E poi, invece?

«E poi la Corte di Cassazione ha stabilito che gli atti debbano essere trasmessi a Roma, che in ogni caso anche la difesa aveva segnalato come ipotesi subordinata a Milano. Certo, va sottolineato come mai in precedenza fosse stato anticipato in questo modo il momento, e di conseguenza il luogo, di consumazione del reato: non l’attimo in cui la comunicazione arriva alla Borsa, bensì quello in cui la comunicazione viene immessa nel circuito informatico. La ricostruzione, in attesa della pubblicazione delle motivazioni, mi pare quantomeno audace: se un domani i server di Roma venissero spostati all’estero?».

Ma si è dato una spiegazione del perché sia stato adottato questo “criterio innovativo”?

«Non ne ho idea, sinceramente. Ma immagino che, in caso di conferma del criterio tradizionale, qualcuno si sarebbe potuto polemicamente domandare perché attendere così tanto per inviare gli atti a Milano, se quella era la destinazione pacifica. Invece, avendo optato per Roma, la Cassazione ha dimostrato come non fosse così scontato lo spostamento in Lombardia».

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