Maldini, il no a Lippi e l’episodio con Chiellini in un Milan-Juventus

Una vita in rossonero, la rivalità con l'Inter, l'Italia, San Siro e lo stadio nuovo: tanti i temi toccati a "Muschio Selvaggio", il podcast di Fedez
Maldini, il no a Lippi e l’episodio con Chiellini in un Milan-Juventus

Leggenda rossonera: prima in campo, con fascia di capitano annessa, ora da dirigente. Paolo Maldini e il Milan, un binomio indissolubile. Della sua storia con la società, ma anche di tanti altri argomenti come Leao, il Mondiale mai vinto, l'esigenza di un nuovo stadio in quel di Milano e di tanti altri aneddoti ne ha parlato lo stesso Maldini, nel podcast "Muschio Selvaggio" condotto da Fedez.

Maldini e il Milan

Impossibile non partire dalla storia che lega Maldini al Milan: "Mio papà è stato il primo calciatore del Milan a vincere la Champions League nel 1963 con un club italiano: sono legatissimo al Milan e a Milano. L'aspettativa, così come le voci sulla raccomandazione, mi pesarono tanto. A 11, 12, 13 anni pensi a divertirti, ma il peso delle aspettative mi ha tolto un po' di divertimento. Da una situazione del genere puoi uscirne in 2 modi: sentire troppo peso e non venirne fuori, oppure lottare e mostrare il proprio valore. Segnai il primo gol in Serie A a 17 anni, a Como: ero stordito, non sapevo come comportarmi. Poi vincemmo anche quella partita, ero felice: Berlusconi mi regalò un orologio con una dedica. Ho vissuto tanti momenti alti e bassi, ma avere una famiglia come la mia, giocare nel posto in cui sono nato, son tutte cose che mi hanno aiutato. La finale persa a Istanblu con il Liverpool? Han detto che nello spogliatoio stavamo festeggiando ma non è vero, non l'avrei mai permesso. Loro fecero cambi difensivi per non prendere altri gol e invece riuscirono a farne 3 in 6 minuti: il bello del calcio è che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità di affrontare di nuovo il Liverpool e vincere".

L'Italia, il Mondiale, il no a Lippi e il Pallone d'oro

Parentesi importante nella carriera di Maldini è sicuramente quella della Nazionale: "Il Mondiale 2002? Ho chiuso in bellezza (ride, ndr). Prima della partita avevo percepito ci fosse qualcosa di strano: non ci volevano far entrare allo stadio, la rissa per entrare nello spogliatoio, l'arbitro che non strinse la mano a Tommasi. Alla fine c'era tanta amarezza. Lippi nel 2006 mi chiamò per andare al Mondiale, ma non me la sentivo di tornare: avevo già detto di no a Trapattoni per l'Europeo del 2004. Mi spiace non aver vinto nel 2006, ma dopo aver giocato 4 Mondiali, vincendo tutto quello che ho vinto col Milan... non c'è invidia. Ho avuto la fortuna di giocare in grandi squadre, sempre con la possibilità di vincere qualcosa. Pallone d'oro? Non ho rimpianti. Mi dispiace di più non aver vinto il Mondiale: meglio un trofeo che un premio personale".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leao, Spalletti e l'episodio con Chiellini

Tra i vari temi toccati da Maldini, anche episodi riguardanti alcune figure di spicco. Leao (ora vicino al rinnovo) e il suo arrivo al Milan, la discussione con Spalletti in occasione della Champions League e il famoso litigio in campo con Chiellini: "Leao è un grandissimo talento: grazie a mio padre sono un esteta, e lui è bellissimo da vedere in campo: è unico, può ambire a diventare un top. Al Lille faceva panchina, quando arrivò gli dissi che giocava per il suo account Instagram: pubblicava i video in cui faceva dribbling e giocate, ma chiudeva le stagioni con 2 gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare mentalità, per sfruttare il suo talento. Spalletti? Non c'è bisogno di chiarire, la maturità è bella per questo. È stata pubblicata una frase che in realtà non gli ho mai rivolto, ma non volevo creare caos, i protagonisti non dovevamo essere noi. Il litigio con Chiellini e le mani al collo? Era un Milan-Juve, su un corner mi aveva dato una gomitata, mi ero già rotto il naso diverse volte e non volevo ricapitasse, perciò mi arrabbiai abbastanza. Arrivò Buffon e mi disse di calmarmi. Capitano cose come queste, ma in allenamento succede anche di peggio, a volte si perde la pazienza. Ricordo un Trofeo Berlusconi in cui tirai una testata a Casiraghi, con cui ero compagno di nazionale: che vergogna quella volta. Non accettai nemmeno il premio come miglior giocatore della partita, che ricevetti nonostante l'espulsione. Lui il giorno dopo si sposò con l'occhio nero".

L'Inter, San Siro e il nuovo stadio

In chiusura, il rapporto con l'Inter e il suo pensiero in merito a San Siro e alla necessità di un nuovo stadio: "Con l'Inter c'è grande rispetto, ma non è soltanto una cosa mia. Ricordo che quando Nesta si trasferì dalla Lazio al Milan, chiese subito in quali ristoranti poteva andare a mangiare e in quali no, poiché a Roma funziona così. Gli risposi che poteva mangiare dove preferiva: c'è una rivalità sana. San Siro? Se vogliamo vivere di ricordi restiamo lì, ma sono i giocatori a scrivere la storia. Non è più lo stadio di 80 anni fa, possiamo continuare a vivere di ricordi o costruiamo un impianto all'avanguardia che ci consenta di aumentare i ricavi? Mi infastidisce il fatto che Milano città ha capito questa cosa ma si è ancora così, non possiamo non cogliere un'occasione del genere".

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Leggenda rossonera: prima in campo, con fascia di capitano annessa, ora da dirigente. Paolo Maldini e il Milan, un binomio indissolubile. Della sua storia con la società, ma anche di tanti altri argomenti come Leao, il Mondiale mai vinto, l'esigenza di un nuovo stadio in quel di Milano e di tanti altri aneddoti ne ha parlato lo stesso Maldini, nel podcast "Muschio Selvaggio" condotto da Fedez.

Maldini e il Milan

Impossibile non partire dalla storia che lega Maldini al Milan: "Mio papà è stato il primo calciatore del Milan a vincere la Champions League nel 1963 con un club italiano: sono legatissimo al Milan e a Milano. L'aspettativa, così come le voci sulla raccomandazione, mi pesarono tanto. A 11, 12, 13 anni pensi a divertirti, ma il peso delle aspettative mi ha tolto un po' di divertimento. Da una situazione del genere puoi uscirne in 2 modi: sentire troppo peso e non venirne fuori, oppure lottare e mostrare il proprio valore. Segnai il primo gol in Serie A a 17 anni, a Como: ero stordito, non sapevo come comportarmi. Poi vincemmo anche quella partita, ero felice: Berlusconi mi regalò un orologio con una dedica. Ho vissuto tanti momenti alti e bassi, ma avere una famiglia come la mia, giocare nel posto in cui sono nato, son tutte cose che mi hanno aiutato. La finale persa a Istanblu con il Liverpool? Han detto che nello spogliatoio stavamo festeggiando ma non è vero, non l'avrei mai permesso. Loro fecero cambi difensivi per non prendere altri gol e invece riuscirono a farne 3 in 6 minuti: il bello del calcio è che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità di affrontare di nuovo il Liverpool e vincere".

L'Italia, il Mondiale, il no a Lippi e il Pallone d'oro

Parentesi importante nella carriera di Maldini è sicuramente quella della Nazionale: "Il Mondiale 2002? Ho chiuso in bellezza (ride, ndr). Prima della partita avevo percepito ci fosse qualcosa di strano: non ci volevano far entrare allo stadio, la rissa per entrare nello spogliatoio, l'arbitro che non strinse la mano a Tommasi. Alla fine c'era tanta amarezza. Lippi nel 2006 mi chiamò per andare al Mondiale, ma non me la sentivo di tornare: avevo già detto di no a Trapattoni per l'Europeo del 2004. Mi spiace non aver vinto nel 2006, ma dopo aver giocato 4 Mondiali, vincendo tutto quello che ho vinto col Milan... non c'è invidia. Ho avuto la fortuna di giocare in grandi squadre, sempre con la possibilità di vincere qualcosa. Pallone d'oro? Non ho rimpianti. Mi dispiace di più non aver vinto il Mondiale: meglio un trofeo che un premio personale".

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