Milan, Ibrahimovic e l'addio al calcio: le due ipotesi sul suo futuro

Tutto il mondo del pallone ha celebrato il congedo dell’asso rossonero: "Ho capito che era giunta l’ora di dire basta. Tre mesi fa sarei andato nel panico, oggi no"

Ieri Zlatan Ibrahimovic ha passato il primo lunedì della sua vita da ex giocatore di calcio. Un lunedì che in realtà è cominciato nella pancia di San Siro. È già passata la mezzanotte quando Ibra si presenta davanti ai giornalisti per raccontare i retroscena dell’addio. «Non l’avevo detto a nessuno. Quando mi sono svegliato pioveva... Ho detto: 'Pure Dio è triste' - comincia in puro stile Zlatan -. Nemmeno la mia famiglia lo sapeva. Alla società ho detto che dovevamo fare una cosa per l'ultima partita, ma non sapevano del ritiro. È stata una carriera lunga. Sono orgoglioso e felice. Tre mesi fa ero in panico se pensavo al ritiro, invece oggi lo accetto e sono pronto. Poi sono un po’ triste, ovvio, ho fatto il calciatore per tutta la vita. Con il Milan c'è troppa emozione: tutti dicono che sono Superman, ma anche Superman ha un grande cuore».

Ibra-Milan, la commozione

Un cuore rossonero, che lo ha fatto piangere quando i tifosi lo hanno omaggiato in campo. Adesso dovrà riprogrammare il navigatore satellitare dell’auto. «Tutte le mattine ormai andava da sola a Milanello, dovrò trovare altre destinazioni. Negli ultimi dieci giorni ho capito che era arrivato il momento di dire basta, anche senza scendere più in campo, l’ho accettato. Quello che ho vissuto in campo salutando è stato comunque troppo bello, me lo ricorderò per tutta la vita. Mi mancherà avere le giornate già tutte programmate, mi mancherà tanto lo spogliatoio e mi mancherà Milanello, ma verrò a salutare la squadra». Dopodiché bisognerà capire quale sarà il futuro dello svedese.

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Ibra, quale futuro

Per ora il diretto interessato non ha dato molti indizi. Nel discorso fatto ai tifosi ha detto che avrebbe detto ciao al calcio giocato, «ma non a voi», lasciando presagire che in qualche modo la sua figura resterà nel mondo del pallone. Più tardi ha cercato di depistare alcune ipotesi. «Per il momento voglio solo prendermi del tempo. Penso non sia giusto decidere di fretta, c'è troppa emozione. Voglio prendermi l'estate, riflettere su quello che ho fatto. Poi, con calma, vediamo. Essere allenatore o direttore è una grande responsabilità. Non posso venire in Ferrari da allenatore, o forse Ibra può», se la ride Zlatan. «Non penso di lasciare il calcio in generale ma, se ci entro, devo fare la scala da zero e crescere». La carriera da allenatore, insomma, non se la vede molto cucita addosso - cosa che aveva in un certo senso fatto capire anche Pioli prima che lo stesso Zlatan si pronunciasse sull’argomento. Resta molto più viva, invece, l’ipotesi di una carriera dirigenziale, magari cominciando con un ruolo vicino alla squadra. Una sorta di uomo di collegamento tra la società e lo spogliatoio, ambiente di cui Ibra è sempre stato il leader.

Ibra nel team di Enzo Raiola?

In alternativa è sempre valida l’ipotesi che lo svedese possa in un certo qual modo raccogliere l’eredità carismatica di colui che oltre che un agente è stato anche un amico per lui, Mino Raiola. «Tutto quello che ho fatto l'ho fatto con Mino, sono molto riservato nelle mie cose, con Mino le ho condivise - è stato il ricordo di Ibra -. Dopo la tragedia non è più stato lo stesso. Se fosse stato per lui avrei però continuato a giocare a calcio, perché voleva la commissione... Scusa Mino, ma è la verità». Entrare nel team di Enzo Raiola per plasmare altri talenti potrebbe essere un ruolo ‘da Ibra’. Sempre che poi, al fianco di queste ipotesi più plausibili, non si affacci o si affianchi anche un ruolo più pop per l’ex giocatore. Ibra è già stato attore e presentatore (con grande successo tra il pubblico) quando era in attività, di sicuro altre occasioni di mostrarsi non gli mancheranno e chissà che qualche tv non lo corteggi anche per averlo come commentatore. Del resto tutta Europa (e non solo) si è mossa per dare a SuperIbra i degni saluti dopo l’annuncio dell’addio al calcio. Dal Psg al Bayern Monaco, dalla Juve al Manchester United, dall’Ajax al Barcellona, dalla Nazionale svedese all’Inter hanno tutti salutato il dio del calcio che lascia. Anche se forse è più giusto metterla come ha detto Sergio Ramos. «È il calcio che si è ritirato da Ibra. Ci mancherai».

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Ieri Zlatan Ibrahimovic ha passato il primo lunedì della sua vita da ex giocatore di calcio. Un lunedì che in realtà è cominciato nella pancia di San Siro. È già passata la mezzanotte quando Ibra si presenta davanti ai giornalisti per raccontare i retroscena dell’addio. «Non l’avevo detto a nessuno. Quando mi sono svegliato pioveva... Ho detto: 'Pure Dio è triste' - comincia in puro stile Zlatan -. Nemmeno la mia famiglia lo sapeva. Alla società ho detto che dovevamo fare una cosa per l'ultima partita, ma non sapevano del ritiro. È stata una carriera lunga. Sono orgoglioso e felice. Tre mesi fa ero in panico se pensavo al ritiro, invece oggi lo accetto e sono pronto. Poi sono un po’ triste, ovvio, ho fatto il calciatore per tutta la vita. Con il Milan c'è troppa emozione: tutti dicono che sono Superman, ma anche Superman ha un grande cuore».

Ibra-Milan, la commozione

Un cuore rossonero, che lo ha fatto piangere quando i tifosi lo hanno omaggiato in campo. Adesso dovrà riprogrammare il navigatore satellitare dell’auto. «Tutte le mattine ormai andava da sola a Milanello, dovrò trovare altre destinazioni. Negli ultimi dieci giorni ho capito che era arrivato il momento di dire basta, anche senza scendere più in campo, l’ho accettato. Quello che ho vissuto in campo salutando è stato comunque troppo bello, me lo ricorderò per tutta la vita. Mi mancherà avere le giornate già tutte programmate, mi mancherà tanto lo spogliatoio e mi mancherà Milanello, ma verrò a salutare la squadra». Dopodiché bisognerà capire quale sarà il futuro dello svedese.

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