Toro, ma quando riapriamo il Fila ai tifosi?

Nell’attesa di aggiungere all’elenco il prossimo mercato, ci limitiamo a domandarci quando potranno rientrare i sostenitori granata
Toro, ma quando riapriamo il Fila ai tifosi?© LAPRESSE

Allora: alla fine del campionato del Toro mancano sei partite. In Europa non ci puoi andare, anche se for[1]se a un certo punto qualcuno (Juric, ma non solo) un mezzo pensierino di “provare a provarci” l’aveva fatto: amen, sarà per la prossima volta (speriamo). In B non ci puoi più finire, anche se l’aritmetica non te ne dà ancora la certezza assoluta: diciamo che bisognerebbe proprio impegnarsi allo spasimo, e forse nemmeno basterebbe visto quanto sono scarse certe squadre che stanno sotto. Al massimo potresti ambire a chiudere nella parte sinistra della classifica (sai che roba, ma da quando c’è Cairo pure quello è diventato una sorta di obiettivo) o quantomeno a valicare la soglia dei 50 punti (siamo a 40: -10) giusto per camuffare con una cifra tonda il cerchio granata che ancora non quadra. La congiuntura di risultati (decenti) e di prestazioni (brillanti) è favorevole, i tifosi (che peraltro borbottano, sì, ma non contestano sul serio da una vita, forse narcotizzati da tanta mediocrità; forse rassegnati, con l’attuale società) sono tranquilli e tornati pure con presenze decorose allo stadio, in casa e in trasferta.

Insomma: danni, almeno sul campo, non se ne possono fare. In più, si avvicina il 4 maggio (73° anniversario della sciagura di Superga), quando finalmente sul Colle - dopo gli anni della pandemia - parte della comunità granata si potrà ritrovare. Le prospettive di futuro, sul piano calcistico, sono come al solito vaghe e incerte, per cui (ci) chiediamo, una volta di più: ma quanto (e soprattutto cosa) aspetta il Torino Fc a dare un segnale - anche piccolo, ma concreto - che possa in qualche modo riaccendere la partecipazione della sua gente, riattizzare la brace della passione, aprire uno spiraglio di fiducia in un futuro se non altro più coinvolgente?

Di cose da fare - come annotato anche da Gigi Lentini nel trentennale del trionfo Toro sul Real Madrid - una società di calcio moderna e mediamente ambiziosa come dovrebbe essere quella granata ne avrebbe a pacchi: avviare, dopo giusto quei cinque anni e passa di attesa dal bando vinto, i lavori di costruzione del centro sportivo, l’ormai famigerato Robaldo; completare al Filadelfia i lavori che da quasi altrettanti anni sarebbero previsti dallo statuto da essa stessa sottoscritto, a partire dal Museo che tuttora sopravvive in periferia basandosi su sforzi volontaristici; discutere finalmente di uno stadio di proprietà con la Città che, al riguardo, ha dato in tal senso indicazioni chiare; rilanciare - con politiche e investimenti degni della tradizione e dei valori granata - l’attività di un settore giovanile che vede la Primavera giocare a Biella (a B-i-e-ll-a) afflosciandosi nell’anonimato, e le altre squadre del vivaio allenarsi dove capita e prendere qua e là scoppole inaudite per le quali un tempo i responsabili tecnici (oggi comunque i meno... responsabili) avrebbero avuto paura a presentarsi al Fila per relazionare il mitico avvocato Cozzolino.

Nell’attesa di aggiungere all’elenco il prossimo mercato (per ora l’unica certezza è la cessione di Bremer, il giocatore più forte; il resto boh) ci limitiamo - sommessamente ma pronti a farlo altre mille volte dopo le cento del passato - a domandare: ma quando li fate rientrare i tifosi al Filadelfia? A vedere uno straccio di allenamento, a familiarizzare un minimo con i giocatori, a sentirsi parte di un qualcosa; non solo a fare una passeggiata nel cortile, sempre come da statuto e adesso pure come da richiesta in carta bollata alle istituzioni preposte, Fondazione in testa. Il Covid spaventa meno di prima e comunque abbiamo imparato a conviverci, facendo leva sul buon senso più che sulle restrizioni. Gli smartphone sugli spalti possono sempre filmare un infortunio o registrare un vaffa, per carità - il vero terrore degli addetti ai lavori societari: avessi detto - ma proprio la situazione di pace ambientale e tensioni sopite favorirebbe questo esperimento sì, effettivamente, sociale. Juric, con la consueta schiettezza, si è già detto favorevole, mesi fa, non l’altro ieri. Dunque?

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