Berruto: Cairo ascolti i tifosi del Torino e Juric. Ora derby e Adopo-gol

Il deputato, ex ct di volley con il cuore granata, tra appelli, nuove visioni per un salto di qualità del club e della squadra, elogi e consigli al tecnico
Berruto: Cairo ascolti i tifosi del Torino e Juric. Ora derby e Adopo-gol

«Un anno fa partecipai alla presentazione del libro di Gazzi: 4 stagioni in granata incarnando da mediano caratteristiche da Toro, ora allenatore nel nostro vivaio». Un ragazzo intelligente, onorevole Berruto. «Eravamo nel Museo del Grande Torino a Grugliasco. Scoprii che non era mai stato in quel museo meraviglioso, ricchissimo di cimeli fin dalla fondazione di inizio Novecento. Gazzi era incantato. Ma come?, pensai io, allibito. Per me è clamoroso. Fossi il ds del Torino, porterei lì tutti i giocatori a firmare il contratto. E una volta all’anno la società dovrebbe condurre tutti i giocatori della prima squadra e del vivaio. Per insegnare la storia e trasmettere emozioni. Non è accettabile che chi gioca nel Toro non conosca a nostra storia. Che, con le nostre tradizioni, sono benzina, forza. In quel museo ci sono i valori che ancor oggi ci tengono uniti. Io sono felice, orgoglioso di essere del Toro. Una fede, a prescindere dai risultati. Le altre tifoserie ci invidiano proprio per la storia e il nostro modo di essere. Siamo una meravigliosa eccezione nel calcio moderno. Il Torino dovrebbe ricreare un vero legame con la tifoseria. Il primo passo è portare quel museo al Fila. Chiedo a Cairo di dimostrare la sua volontà di connettersi con la storia e i sentimenti dei tifosi. Un imprenditore della comunicazione così lungimirante dopo 18 anni alla guida del Toro dovrebbe essere sensibile a questi continui richiami della realtà. Guidata dalla storia, la nostra fede è un patrimonio eccezionale, una ricchezza. Basterebbe gettare un cerino per accendere come un pagliaio la passione. La società dovrebbe esaltare questi nostri valori, sarebbe un vantaggio reciproco. Non è retorica. L’unica cosa che conta, per noi tifosi, è il senso di appartenenza, un orgoglio grande così. Valori che non spariranno mai: anche se retrocediamo, anche se non vinciamo mai nulla a differenza di altri. Sì, è un’enorme fortuna tifare Toro. Poi anch’io spesso mi mangio il fegato. Ma abbiamo grandi valori da difendere e tramandare. E non sarà mai uno scudetto o una Coppa in più o in meno a mettere in dubbio questi valori che si trasmettono eroicamente di padre in figlio da oltre un secolo. Il Toro è un gioiello e i tifosi sono realmente eroici a essere ancor oggi come sono, nonostante tutto».

Invece, per la Juventus, l’unica cosa che conta è vincere.
«Un concetto diseducativo, nello sport. Allargando il senso della frase al vivere sociale, lo dico anche da cittadino. Da allenatore, dico che l’unica cosa che conta per me è come ti prepari per una gara: quanto impegno, quanti sacrifici fai e quanta passione metti. Vincere è l’unica cosa che conta è un disvalore, se significa che con questa filosofi a si accetta anche di scovare qualunque mezzo pur di raggiungere il fine. Mi chiedo se i guai giudiziari che sta di nuovo incontrando la Juventus derivino proprio dal fatto che volevano vincere sempre e comunque. Per esempio comprando Cr7, caso paradigmatico, a costo di mandare al diavolo i bilanci, pur di cercare di conquistare la Champions: in quanto una decina di scudetti di fila non bastavano più. Un peccato di hybris, il concetto dell’antica Grecia: l’arrogante presunzione di poter modificare persino il destino. Ci aggancio i capi di accusa: conti saltati in aria, nascosti con plusvalenze artefatte, manovre stipendi segrete e falsi in bilancio, secondo i pm. Imputazioni doppiamente gravi, visto che stiamo parlando di una società quotata in Borsa. Ma aspettiamo i processi. Fino a prova contraria, vale la presunzione di innocenza».

I rapporti con il Ministro per lo sport, Abodi?
«Da esponente dell’opposizione dico che sono fortunato perché sul mio tema posso dialogare con un Ministro competente. Lo stimo e credo lui stimi me. Io poi in Parlamento sono anche segretario della commissione cultura, scuola, università, editoria e sport. Si è instaurato un rapporto collaborativo: bene. Faremo battaglie comuni: opposizione e governo, ciascuno dando il proprio contributo. Lo sport è un territorio trasversale: dimostriamolo con i fatti. Faccio un esempio illuminante: neanche troppo tempo fa abbiamo approvato l’adesione al protocollo europeo della lotta contro il doping. Finalmente, dopo un colpevole ritardo di 20 anni».

Lei ha già presentato 10 proposte di legge in 4 mesi.
«Vero. E a luglio dovrebbe diventare realtà un progetto che avevo promosso insieme ad altri nella scorsa legislatura, anche se non ero un parlamentare, ma al traguardo le Camere furono sciolte. Un grandissimo obiettivo: la riforma dell’articolo 33 della Costituzione. Lo sport entrerà finalmente nella Carta. Non è un fatto solo simbolico: è l’istituzione del diritto allo sport. L’iter si sta avviando alla conclusione. Tutti voti favorevoli e solo 4 astenuti, nella recente lettura al Senato. E alla Camera punteremo all’unanimità. All’articolo 33 sarà aggiunto il comma: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». La Repubblica sarà chiamata a promuovere il diritto per tutti allo sport con politiche pubbliche e lo sport sarà correlato al diritto all’istruzione e alla salute: il benessere psicofisico di una persona, non solo la mera assenza di malattia. Nei Paesi in cui l’attività sportiva e motoria è diff usa in ogni strato sociale, dai bambini agli anziani, si riducono le spese sanitarie. C’è una vasta letteratura sul fatto che un euro investito nello sport per tutti ne faccia risparmiare almeno 4 alla Sanità. Quando c’è “cultura del movimento” la gente vive meglio e si ammala di meno: lo dice la scienza. Difatti ho presentato anche una proposta di legge affinché i medici di base possano prescrivere l’attività motoria. Lo sport deve essere un diritto anche degli anziani, dei malati e delle persone in difficoltà, non solo dei giovani o di chi ha soldi per permetterselo. Ho presentato una proposta di legge per il credito di imposta per lo sport professionistico. E un’altra affinché si possano scaricare dalle tasse una quota più alta per l’attività sportiva, eliminando il vincolo dell’età. E più si pratica sport, più lo si guarda e si tifa in un modo sano. E qui si apre il tema della lotta alla violenza e alla criminalità. Altra mia proposta di legge: istituire una commissione d’inchiesta bicamerale atta a indagare e trovare soluzioni per combattere l’escalation di criminalità nelle tifoserie di calcio. Sarebbe la prima volta: mai era stata istituita, in passato. Le spedizioni punitive, le autostrade bloccate dagli scontri tra ultrà… Il calcio non c’entra niente con queste forme di criminalità: ricatti, minacce, affari sporchi, spaccio di droga e via dicendo. Una spirale. Bisogna dare gli strumenti ai club perché possano uscire dall’angolo, sovente sono ostaggio della criminalità che si è impossessata delle curve. Un’altra grande novità del 2023 che mi riguarda sarà l’entrata in vigore della legge sul lavoro sportivo: per la prima volta chi opera nello sport, anche dilettantistico, sarà riconosciuto come un lavoratore con diritti e tutele connessi. Migliaia e migliaia di persone usciranno dall’ombra. Un enorme passo in avanti sul piano della civiltà».

Poi ha presentato un proposta di legge per creare un fondo fisso di 80 milioni per promuovere lo sport per tutti: un fondo garantito dalla redistribuzione delle tassazioni per le società di scommesse sportive. Nonché un’altra proposta per mettere fine alla strage di ciclisti.
«Una nuova norma del codice della strada. L’imposizione, in fase di sorpasso, di un metro e mezzo di distanza dal ciclista. Mi viene la pelle d’oca: depositai la proposta tre settimane prima della morte di Rebellin. So che non basta una legge per cancellare le morti, ma sarebbe il primo segnale di inversione di tendenza nella tutela dei ciclisti. E penso a tutti i ragazzi e agli adulti che si muovono in bici non solo per svago, ma anche per andare a scuola o al lavoro».

Il Toro è pieno di problemi: Vlasic, Aina, Lazaro, Pellegri, Vieira e Zima assenti, Ilic e Ricci in dubbio. Ed è reduce dal deludente pareggio con la Cremonese. Invece la Juve è su di giri, in campionato nonostante il -15 ha già superato il Toro, Di Maria ha appena segnato 3 gol al Nantes...
«Meglio così, rispetto alle ultime partite: più di una volta ci siamo illusi che potesse arrivare il nostro momento perché loro erano pieni di problemi ed è finita male. A questo punto sono contento di avere il pronostico contro».

Sta parlando da allenatore…
«Sarà difficilissimo. Partiamo sfavoriti. Bisognerà fare tutto quello che si potrà come a San Siro, in Coppa: la partita più da Toro di questi ultimi anni. Se è stato possibile battere i campioni d’Italia con 2 ragazzini che fecero cose non normali, significa che abbiamo le potenzialità per giocarci pure questo derby. Indispensabile è crederci. Spero che nella squadra si stia accendendo una scintilla. E un orgoglio gigantesco».

A chi augura un gol?
«Di nuovo ad Adopo, come col Milan».

Speriamo che Juric resti a fine stagione?
«Sì, assolutamente. Mi piace molto. Come tutti gli allenatori vuole costruire la squadra che più gli possa somigliare. Anche io lottavo con i dirigenti per avere rinforzi, poi alla fine fai con quello che hai. E lui sta facendo il meglio da anni. Per cui è legittimo che spinga perché il Toro vari un progetto di livello superiore: chiede di essere messo in condizione di farlo, è logico immaginare che il Torino torni stabilmente a lottare in zona Europa. Mi piace il fatto che la rosa sia giovanissima, che Juric sappia valorizzare proprio i giovani e il modo che ha di lavorare col suo staff : sono amicissimo di Paolo Barbero, il responsabile dei preparatori atletici del Toro, ex arbitro internazionale di pallavolo di primissimo livello. C’è anche un equilibrio di bilancio, ora, dopo la vendita di Bremer e l’abbassamento del monte ingaggi. Un tifoso vuole sempre di più, ma bisogna essere onesti: con Cairo i conti sono in sicurezza ed è un gran valore. Le fondamenta sono solide. L’ho già detto: basterebbe buttare un cerino perché venga fuori un incendio di passione. C’è anche il Fila. Un’altra potenzialità unica: lo si apra ai tifosi, e ripeto, si costruisca il museo. C’è poi il tema stadio: mi auguro che si trovi una quadratura tra il Torino e il Comune. I modelli europei che funzionano dimostrano che è lo stadio di proprietà a far compiere un salto di qualità. Averlo in città in un quartiere popoloso è un limite? Io la penso al contrario. In Europa tanti casi simili sono stati trasformati in opportunità, in un patrimonio produttivo. Penso a un “polo granata”: Fila, stadio Grande Torino, parco di piazza d’Armi, Pala Alpitour, piscina, Centro di medicina sportiva. Può diventare un pezzo di città a trazione fortemente sportiva, si potrebbero immaginare progetti di redistribuzione anche su altre discipline sportive. Un borgo granata capace di essere protagonista del 90% degli eventi sportivi, della pratica e della promozione dello sport in città».

Una grande prospettiva.
«Mettiamo assieme tutti questi aspetti del Toro che ho elencato: ci sono tutte le potenzialità, le condizioni perché si alzi l’asticella. Ed è esattamente quello che chiedono Juric e i tifosi a Cairo. Per prima cosa, intanto, il presidente invogli Juric a restare. Costruisca per tempo uno zoccolo duro nella rosa. Ma anche Juric sappia che è alla guida di una realtà dalle grandissime potenzialità. E di un popolo. Ricordi sempre che il suo salto di qualità può farlo proprio nel Toro: una grande opportunità pure per lui. Spero che resti anche perché certi progetti di crescita partono proprio da un allenatore: mettere in sicurezza il progetto tecnico e creare un processo attrattivo su altri giocatori. Idealmente, come il Toro di Mondonico negli Anni 90, ma stavolta con una società che non sfascia i conti».

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