TORINO - Che spettacolo il Toro nell’ultimo quarto d’ora, quando ha attaccato la Roma in tutti i sensi. Lo ha fatto con le tre punte. Prima con l’ingresso di Sanabria a fianco di Zapata e poi, addirittura, con Pellegri. Tre punte più Vlasic e Karamoh (che si è procurato la punizione che poi Ilic ha “pennellato” per Zapata). E con la spinta della Maratona hanno riacciuffato la Roma, regalando emozioni forti. Dal 3-4-2-1 si è passati al 4-2-4 per finire con il 4-3-3. Il tutto è stato fattibile, quindi possibile anche in futuro, per le straordinarie doti tecniche e fisiche di Zapata.
Toro, la metamorfosi non casuale
Questa metamorfosi tattica non è stata casuale. Due settimane fa, appena Sanabria è rientrato in gruppo dopo aver superato il problema muscolare che si era procurato a San Siro contro il Milan, Juric nelle partitelle del Filadelfia, lontano da occhi indiscreti, aveva provato a mettere assieme i suoi tre attaccanti con esterni e centrocampisti che li rifornivano in continuazione. Sono stati studiati anche dei movimenti particolari per garantire più efficacia e pericolosità alla manovra. Del resto l’allenatore croato e il suo staff, sempre in caso di emergenza, hanno preso come esempio il passato quando la squadra, con l’inserimento di un trequartista in più oppure del solo Pellegri quando era disponibile, non riusciva quasi mai a recuperare il risultato. Ma da quando è arrivato l’ex atalantino è scattata la scintilla. Juric ne ha parlato con il suo vice Paro e insieme hanno cominciato a varare anche “l’operazione emergenza”, da usarsi in caso di necessità: come contro la Roma dopo il gol di Lukaku. Pure domenica sera, a un certo punto, i due si sono confrontati verso metà ripresa per dare il via alla rivoluzione offensiva.