Zapata, il Toro e il Codice del 5. E la Roma sempre nel destino

Ad agosto il club giallorosso lo voleva, lui disse subito sì, ma l’Atalanta bloccò tutto per non rinforzare una rivale diretta a prezzi troppo... bassi
Zapata, il Toro e il Codice del 5. E la Roma sempre nel destino© Marco Canoniero

Sotto la pioggia, sfinito a partita finita dopo essere stati finiti dalla Lazio. In piedi da solo, con le mani sui fianchi e tutto il mondo fuori. Lo sguardo perso nel vuoto e uno spazio enorme, davanti agli occhi: il campo del Torino, un campo largo. Anche il suo per sperare di ampliare gli orizzonti, facendo politica. Politica sportiva, quella di Juric, transnazionale: qui si fa l’Europa o si muore (Giuseppe “Ivan” Garibaldi, frase rivolta tre settimane fa a Nino “Duvan” Bixio). Subito dopo la Lazio, pareva in effetti il nulla. Uno 0-2 da sfibrare il Toro per sempre, un civet di sogni consumati, a mollo prima di una lunga cottura: di qui a fine maggio, addirittura tre mesi? Come se si trattasse di una finale persa, e quindi di un traguardo già perduto.

La rabbia di Zapata

Ce li spieghiamo così quegli occhi di Duvan Zapata, ritto come un fuso in mezzo allo stadio eppure con l’espressione di un gigante al tappeto, con le gocce di pioggia che si mescolavano al sudore senza neanche più la forza di passarsi una mano sulla fronte. A osservarlo, il colombiano, sembrava perso nel buio. Nel petto in fiamme, immaginiamo, un bruciore che manco il Gaviscon: bustine, compresse o sospensione orale, tutto inutile. Rabbia ardente: e smarrire il risultato dopo una partita così ti può anche ammazzare nello spirito. Per questo ci chiediamo se oggi, tra pomeriggio e sera, vedremo una squadra ancora viva e (quindi) vegeta. Cioè con qualcosa ancora da dare e dire. Reagire o morire, insomma, persino prima dell’Europa di Ivan in camicia granata. Che però nel suo primo anno qui a Torino era d’un colore in realtà rosso garibaldino.

La Roma nel destino di Duvan

Per cui oggi la Roma entrerà non una ma due volte nel destino in fase di scrittura di Duvan, a due metri sopra il cielo nei desideri, se saprà volare e da lassù tornare a esultare, oppure solo a un metro e 88 di altezza da terra, la sua statura misurata senza balzi, in posa statuaria, per cui anche senza guizzi. Quella terra dov’è crollato il Toro giovedì, nell’arena degli errori e pure delle sfighe. Dalla Lazio alla Roma, curioso uno-due del calendario. I giallorossi, sesti, hanno solo un punto di vantaggio sulla Lazio, tre sulla Fiorentina, quattro sul Napoli e cinque sul Torino, a sua volta a meno quattro dal settimo posto. Il quarto posto da Champions, classifica alla mano, è ancor più lontano per la Roma di quanto non sia l’aspirazione della Conference per Juric. Almeno sino alle 18 e 29 di oggi, poi seguendo nell’etere pure quella sorta di spareggio temporaneo che sarà Fiorentina-Lazio in notturna.

Entrambi nel segno del 5

Ad agosto lo voleva la Roma, lui disse subito sì, ma l’Atalanta bloccò tutto per non rinforzare una rivale diretta a prezzi troppo... bassi. Le sliding doors: Lukaku infine ai giallorossi e Duvan al Toro. All’andata, e si era sul finire di settembre, Zapata segnò proprio alla Roma il suo primo gol in granata: all’86’, in tuffo di testa, pareggiando così il vantaggio (ovviamente) di Lukaku siglato una ventina di minuti prima, in coda a una reazione rabbiosa della squadra di Juric, in quel caso rediviva dopo un inizio di stagione tormentato. Una rete di istinto e potenza. Il colombiano completò in quell’occasione un suo speciale Codice del Cinque, contro la Roma in Serie A: 5 vittorie, 5 pareggi, 5 sconfitte e anche 5 gol in carriera. Una coincidenza destinata in ogni caso a finire in frantumi stasera. Idem per Lukaku, dopo 5 sfide giocate contro il Torino (senza mai perdere) e altrettanti gol segnati ai granata (per la cronaca, a specchio sono pure gli assist vincenti: 3 sia per Romelu sia per Duvan).

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