Cacciatori: "Ora serve un segale forte"

L'icona del volley azzurro: "Impensabile senza l'inno e il tricolore. Saremo turisti per caso"
Cacciatori: "Ora serve un segale forte"© ANSA

TORINO - Il conto alla rovescia è iniziato. Il Cio si riunisce mercoledì e potrebbero scattare le sanzioni contro l’Italia, per il mancato scioglimento del nodo sulla governance dello sport che la nuova legge sportiva si porta dietro come uno strascico da lungo tempo. Il mondo degli atleti aspetta una soluzione e guarda con apprensione a quello che sarà di questi Giochi, in bilico tra pandemia e rinvii. Lo fa anche Maurizia Cacciatori che è stata una delle bandiere della pallavolo italiana e che faceva parte della prima Nazionale azzurra capace di conquistare il pass per i Giochi. Era il
2000, erano le Olimpiadi di Sydney e il volley femminile entrò nel l’empireo delle squadre migliori. Ora la Nazionale azzurra ha la possibilità di giocarsi qualcosa di importante ma le Olimpiadi sembrano quasi sfuggire.

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Cacciatori, che esperienza fu portare l’Italia alle Olimpiadi?
«Fu un risultato storico. Esserci riuscite ha donato a tutte noi mesi di emozioni. Abbiamo vissuto quel periodo con la consapevolezza che saremmo andate ai Giochi, con la maglia azzurra, con l’inno e il tricolore da sventolare. Le Olimpiadi sono per ogni atleta un momento di crescita personale fortissima e una responsabilità non indifferente. Ricordo Angelo Frigoni che ci preparava all’evento raccontandoci che l’Olimpiade ha sapori e profumi differenti da tutte le altre competizioni. E per noi è stato davvero così. Quando è partita la spedizione olimpica, eravamo tutti insieme. Avevamo la divisa, eravamo un gruppo chiamato a rappresentare il Paese e lo avvertivamo profondamente».

C’è il rischio che tutte queste cose vengano a mancare a Tokyo. Che effetto fa?
«Io spero che non succeda perché mi sembra una cosa impensabile. Immaginare gli atleti italiani senza maglia azzurra e senza inno mi rende incredula. Fin da piccola guardavo in televisione la cerimonia d’apertura e aspettavo con ansia il momento in cui lo speaker avrebbe annunciato l’ingresso dell’Italia. Non riesco a immaginare i nostri atleti senza il tricolore quasi fossero “turisti per caso”».

Le Olimpiadi arriveranno al termine di un anno difficilissimo caratterizzato dalla pandemia e da priorità molto più pressanti. Come si presenterà la nostra Nazionale all’appuntamento?
«Questo è stato un anno destabilizzante. Non è facile allenarsi per una settimana, aspettare l’esito dei tamponi e magari saltare blocchi di partite. Non c’è stata continuità e questo ci restituisce un campionato fragile che rappresenta una
sfida per tutte le ragazze. Però la nostra è una squadra giovane e di grandi capacità, che sa gestire questa difficoltà e si scoprirà ancora più forte».

Come si sentono ora le nostre atlete?
«Si sentono sospese perché c’è anche il rischio che le Olimpiadi non si facciano. Io invece me le immagino come le Olimpiadi più belle e importanti perché possono dare un segnale di ripartenza. Ed è per questo che mi fa più rabbia pensare che l’Italia ci potrebbe arrivare senza la maglia azzurra e il tricolore. Credo che il senso di appartenenza debba essere più forte di tutto e mi auguro che all’ultimo momento arrivi un segnale forte, che sblocchi la questione. Serve un segnale per far capire che il Paese è vicino ai suoi atleti, che sono i nostri giovani, il nostro futuro. Il mio è un appello per tutto il Paese».

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