Tennis: Alcaraz, Rune e Sinner ma dietro la folla preme

Secondo Djokovic il tennis dei prossimi anni sarà dominato dai nuovi Big Three, però il panorama è più ampio
Tennis: Alcaraz, Rune e Sinner ma dietro la folla preme

Erano quattro, un tempo. I Fab Four del tennis. John, Paul, George e Ringo, ma con la racchetta in mano. In una foto ricostruita da mani abili nell’uso di Photoshop, li fecero sfilare in maglietta da tennis sulle strisce pedonali di fianco agli Studios al numero 3 di Abbey Rd, il famoso Beatles Crosswalk. Poi sono scesi a tre, chi l’abbia deciso non si sa. I Big Three. E tutti si sono affrettati ad aderire alla nuova insegna, arretrando il povero Andy Murray che la stampa britannica aveva sostenuto a suon di epinìci, elogi e panegirici, anche quando Mister Muzza (il nickname è bruttino, ma c’è poco da fare, anche Barry oltremanica diventa Bazza) sosteneva durante i Mondiali di calcio di fare il tifo per qualsiasi squadra incontrasse l’Inghilterra. Con Murray, va da sé, il tesserino per il club dei più forti è stato ritirato anche a Wawrinka (tre vittorie Slam come Andy), Del Potro e Cilic (una a testa). 

Alcaraz, Rune, Sinner: i nuovi Big Three del futuro

Il tema torna di attualità in queste settimane, tra Indian Wells, Miami e Montecarlo, i primi tre Masters 1000 della stagione, durante i quali l’assenza di Nadal e di Djokovic, poi mostratosi non poco ossidato al suo rientro monegasco, ha proposto l’ennesima discussione sul futuro del tennis. Riattizzata dal Djoker con la nomination - un bel po’ scontata - di Alcaraz, Rune e Sinner a nuovi Big Three del futuro. Poco da aggiungere sui tre, che per età, stile di gioco, vittorie e piazzamenti riportati, e più ancora per la classifica, valgono di sicuro una nomination. Alcaraz è un fenomeno autentico, il sacro fuoco del tennis scorre nelle sue vene, e le conquiste sono pari a quelle che lanciarono Rafa, dal 2005 in poi, verso i Campi Elisi del tennis. All’età di 19 anni e 10 mesi (che è quella di Alcaraz) Rafa aveva vinto il primo Roland Garros, quattro Masters Series (Montecarlo, Roma, Canada e Madrid allora indoor) e 12 tornei del Tour. In classifica era approdato al numero 3 a giugno 2005 e al numero 2 a fine luglio. Più in alto c’era solo Federer. Carlos ha risposto con gli US Open, tre Masters (Miami, Madrid e Indian Wells) e 8 successi nel Tour. Ma è salito al numero uno a settembre dell’anno scorso. Holger Vitus Nodskov Rune mi ha colpito non poco per come ha gestito la semifinale con Sinner. È un arrogante di genio, e un presuntuoso come se ne sono visti pochi nella storia ultra centenaria del nostro sport. Ma ci sa fare. È scaltro e trova subito il machiavello tattico per portare dalla sua il match. Ha capito che cosa fare con Sinner dopo un primo set scapestrato, fondato su accelerazioni che invitavano a nozze il nostro, ma ha del tutto cambiato spartito a inizio del secondo set, allestendo una muraglia di pallettoni lunghi e lenti, sulla quale Sinner si è spiaccicato. L’interruzione per pioggia ha fatto sì che anche Jannik, forse imbeccato dal suo team, cambiasse tattica. A quel punto Rune si è rivolto al pubblico. L’ha sfidato apertamente e con gesti a dir poco antipatici (ah, quel ditino a indicare a tutti di stare zitti…) è riuscito a interrompere il flusso di attenzioni che faceva da traino a Sinner rivolgendolo contro se stesso, del tutto insensibile a fischi e pernacchie. E il terzo set l’ha giocato meglio lui, meritando alla fine l’accesso al match decisivo poi perso con Rublev. 

Sinner, Alcaraz e Rune: i giovani talenti del futuro 

A Sinner i complimenti per aver raggiunto tre semifinali (con una finale) nei tre “Mille” di inizio stagione. Ci sono riusciti pochissimi, ma non gli sono valsi una vittoria. Con due anni di meno, Alcaraz e Rune appaiono più disinvolti nella gestione dei match. Sinner ha tempi più lunghi, sa applicare sul campo ciò che ha provato e studiato in allenamento, ma non riesce ancora a cogliere in tempi celeri quali siano le articolazioni tattiche del match. Se le scelte pianificate nello spogliatoio si rivelano esatte (e per fortuna il più delle volte è così) allora Sinner procede spedito. Se c’è da cambiare, fatica. Tanto più se ha di fronte quei giocatori avvezzi a incasinare le carte. Contro Tiafoe, l’anno scorso a Vienna andò in paranoia. Contro Rune l’altro ieri c’è rimasto male e non ha avuto la sfrontatezza di replicare. Imparerà. Speriamo presto… La qualità davvero non manca. Contro Rune il colpo più bello è stato un suo rovescio spalle alla rete in recupero su un lob. Non dimentichiamolo. 
Eppure, se il futuro che vogliamo dipingere si limita ai tennisti fino ai 22 anni, non capisco come le nominations possano limitarsi ad appena tre. Dai 18 anni dell’ultimo arrivato, il francese Luca Van Assche fino ai quasi 23 di Jenson Brooksby, la Top 100 offre dimora a ben 13 ragazzini. Quattro sono in Top 10, altri due in Top 30 e quattro in Top 50. Sono convinto che altre belle novità (Fils, Nardi, Arnaldi, Passaro) prenderanno forma dall’attuale Top 101-200 che di ventiduenni in gamba ne ospita addirittura 27. Ma per non correre troppo con la fantasia non vedo come sia possibile, oggi, stabilire che siano fuori dal podio più alto ragazzi di qualità come Auger-Aliassime (n. 7 Atp), Musetti (21), Korda (26) Shelton (39) e Draper (56), che mischiano talento a fisicità. Ma chi ha stabilito che il domani debba essere solo per i Big Three, e non per i Big Seven, o Eight? Forse a mente fredda (la domanda gli è stata posta subito dopo la sconfitta con Musetti) ne converrà anche Djokovic, l’ultimo dei Fab Four.

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