Tennis, Arnaldi stregato dal guitto Munar

L’azzurro patisce la sceneggiata del rivale: “Si sa che non è la persona più corretta del mondo, colpa mia che non sono rimasto concentrato”
Tennis, Arnaldi stregato dal guitto Munar© Getty Images

Trucchetti. Vecchi come il tennis, che di anni ne ha 146. E ancora in voga nei circoli. Eppure, se posti in essere con quella teatralità che rende la sceneggiatura quasi mai banale, funzionano ancora... Nelle prime scene, di norma, il protagonista è impegnato a trarre tristi lai, tanto più accorati in quanto sta perdendo. Lo sconforto appare in tutto il suo avvilimento quando il reprobo mostra agli astanti il motivo del proprio abbattimento morale. Il campo è bagnato. Zuppo, anzi. L’hanno innaffiato troppo, si scivola, c’è il rischio di cadere, di farsi male. Forse di morire! Siamo alla fase mimica, la più difficile… Il piede preme sulla terra, e non succede niente, ciò nonostante il guitto esaspera i toni, sostiene di essere preoccupato per sé e per il suo avversario, per il pubblico che ha i suoi buoni diritti, per il tennis che merita sempre il meglio. E per la patria, ci mancherebbe, che certo non può essere sgualcita da giudizi negativi in diretta tivù. «Guardate», annuncia, «se premo escono le bollicine, c’è acqua dappertutto, si affonda, sono sabbie mobili, aiutatemi, la terra già mi trattiene, se sprofondo avvertite mia madre, ditele che le ho voluto bene». L’arbitro decide a quel punto d’intervenire. Chiama il capo degli addetti al campo, lo spedisce a dare un’occhiata, quello torna sogghignando e riappare con una carriola di terra. Ne sparge tre palate qui e là, dà una sistemata e si può ricominciare. Sono passati sette minuti dalla fine del primo set. Matteo Arnaldi stava vincendo facile, ma da quella sosta in poi è uscito dal match. Poco alla volta. Tanto è bastato però per finire travolto nel terzo. L’insegnamento di giornata è “mai fidarsi di un tennista in difficoltà”. Matteo, con il suo sorriso instancabile, ne prende atto, e si concede un’ultima frecciata in direzione dello spagnolo Jaume Munar appena approdato agli ottavi. «Si sa che non è la persona più corretta di questo mondo. Normalmente resto concentrato, stavolta invece ho perso il filo, il che significa che ho le mie colpe, che non sono stato bravo come avrei dovuto».


La verità sta nel mezzo, ma il match se n’è andato e l’Italia è rimasta senza attori in questo quarto “Mille” stagionale. La recita di Arnaldi, per un set, è stata pari a quelle che l’hanno condotto a vincere le qualifiche e passare due turni in tabellone, superando scogli un tempo inavvicinabili come Paire e Ruud: si è mostrato superiore a Munar per le iniziative che ha messo in campo, per le variazioni che ha imposto negli scambi e anche per la potenza dei colpi. Il ranking al numero 97 è ancora suscettibile di variazioni, dato che un bel po’ degli avversari più vicini al ventiduenne di Sanremo si è iscritta ai challenger che precedono Roma. «Anch’io sono iscritto al 175 di Cagliari, ma preferisco fermarmi, fare il punto con Alessandro (coach Petrone, nda) e allenarmi per una decina di giorni. La cosa che più mi fa girare le scatole è che se avessi vinto mi sarei messo in una posizione di classifica buona per entrare direttamente nel tabellone di Wimbledon». Peccato. Negli ottavi di Madrid avrebbe trovato uno tra Hanfmann e Altmaier, e avrebbe potuto giocarsela. E invece… Tornerà in campo a Roma (wild card) poi farà le qualifiche a Parigi. Pagato il dazio ai pessimi stati d’animo di Musetti e Sonego, apparsi confusi come non mi era mai capitato di vederli (che spreco, però), il torneo ha messo in mostra l’altra faccia del tennis di casa nostra. Andrea Vavassori fa storia a sé, non è più un ragazzino (27 anni) e non manca di una classifica (in doppio) adeguata. Lo seguirò con affetto in questa scalata al ranking del singolare, che gioca secondo gli schemi antichi del serve and volley. Sono convinto possa sorprendere altri avversari di valore, dopo aver battuto Murray ed essersi ben comportato contro Medvedev. La prova di Arnaldi però, è di valore più alto. È il primo under 23 che entra nei cento da quando vi è riuscito Musetti (il 22 marzo del 2021). Vale la sua nuova classifica e può migliorarla rapidamente. Non è il primo, e non sarà l’ultimo. Dietro, non sono pochi i giovani azzurri che premono. Il ranking in divenire conferma anche questa settimana il dato d’assieme fissato dalla classifica ufficiale prima del via al Masters madrileno. Nei primi duecento vi sono 20 italiani (sei nella Top 100). È un dato forte, significativo: il 10 per cento del tennis di vertice innalza il tricolore. La classifi ca in divenire li schiera così: 121 Passaro, 126 Zeppieri, 128 Fognini, 137 Brancaccio, 142 Vavassori, 150 Nardi, 164 Pellegrino, 165 Bonadio, 168 Bellucci, 169 Agamenone, 177 Darderi, 180 Maestrelli, 181 Cobolli, 199 Gigante. In otto sono sotto la soglia dei 23 anni di età. Tra Passaro e la Top 100 corrono 88 punti appena, un Challenger vinto. Con il ventiduenne di Perugia i più attesi sono Zeppieri (21) e Nardi (19). È tempo di Internazionali. Per loro giungono a proposito.

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