Wimbledon, Musetti e la pasta al pesto con l’erba per sentirsi a casa  

Battuto Varillas, il numero 15 del ranking Atp trova Munar. Il suo ambientamento: "Gioco più semplice e niente hotel. Cerco l’equilibrio, anche se devo cucinare"
Wimbledon, Musetti e la pasta al pesto con l’erba per sentirsi a casa  © EPA

I giorni dell’apprendistato non finiscono mai. Vi sono promesse da mantenere e premesse da non dimenticare, dentro giornate che si arrotolano su loro stesse. Sta a chi le vive tentare di sottrarle al consueto ritmo della quotidianità, quel tran tran che induce alla noia. Eppure, nemmeno 4 anni di “prime volte” sono riusciti a rendere diversa la giornata di un novizio, sebbene nel suo caso meriti di essere considerato a pieno titolo, un enfant prodige. 
Cresciuto al punto da permettersi di esplorare ormai da vicino il tennis dei più forti, Lorenzo Musetti è il numero 15 del ranking, ma fino a ieri non aveva mai vinto un match a Wimbledon. Ha ventuno anni, per diventare un erbivoro ci vuole tempo, dunque lo si potrebbe definire in ritardo, se non fosse per quel suo tennis che trova sempre il modo di aggiornarsi, di aderire alle nuove difficoltà, alle superfici ancora poco frequentate, «ai rimbalzi che tutti mi dicono più strampalati del solito». Questa è interessante. Per caso hanno tagliato l’erba più alta? Chissà... Se lo chiede anche Lollo. 

Musetti e il suo tennis: "Mi sono sempre definito un esteta del tennis. Ho vari colpi nel reperto

Forse qualcuno ha messo mano all’orologio del tennis, che sembra da qualche tempo (in realtà, pochissimo tempo) correre all’indietro, senza esagerazioni, ma con la convinzione maturata negli ultimi anni, in cui tutto sembrava procedere in avanti alla cieca, con l’acceleratore sempre a tavoletta, e la conta degli infortuni su livelli da produzione industriale. «È vero, si va verso un tennis più fluido, più morbido, privo di strapazzi. Un tennis che dia modo di frenare i grandi colpitori», conferma Filippo Volandri, capitano di Davis. 
Se il messaggio dovesse passare, Lorenzo Musetti si troverebbe un passo avanti alla concorrenza. Le cadenze morbide, i drop improvvisi che seguono le accelerazioni più violente, quei lungo linea di rovescio che lasciano di stucco, li ha già nel proprio bagaglio tecnico, sa metterli in pratica con la perizia di chi li ha avuti in dote. E allora, perché parla di semplificazione? Perché la pone al centro di questa piccola riscossa sull’erba del circuito, che già l’ha portato su di tre posizioni in classifica grazie ai quarti di finale a Stoccarda e poi al Queen’s, e ora gli ha regalato il primo successo nei Championships, contro il peruviano Juan Pablo Varillas? Si spiega così: «Era la strada da seguire, per non intralciare i progressi compiuti e non rendermi la vita difficile in questo torneo, che attendevo con grande curiosità. Avere le idee chiare mi dà modo di evitare le angosce che inevitabilmente ti esplodono dentro, anche se fai di tutto per tenerle a bada». Gli chiedo se la semplificazione non rischi di diventare una rinuncia a quel tennis delle gran giocate, che il pubblico ormai si aspetta da lui. «Mi sono sempre definito un esteta del tennis, vi sono colpi che sono nel mio repertorio non per caso. Piace anche a me giocarli, tentarli, e ricevere gli applausi del pubblico. Non ci ho mai rinunciato e mai lo farò, si tratta di capire che cosa sia essenziale su questa superficie per avere poi la possibilità di utilizzare tutto il repertorio. Trovare il giusto equilibrio in questo momento mi sembra indispensabile». 

Musetti, dopo Varillas c'è Munar

Juan Pablo Varillas non era l’avversario cui affidare l’onere di giudizi impegnativi. Lorenzo l’ha regolato senza affanni nei primi due set e lo stava facendo anche nel terzo quando deve essergli sembrato tutto troppo facile. Ha smarrito un pizzico di attenzione, e il peruviano si è rifatto sotto, risalendo dal 4-1 al 4 pari, ma senza riuscire a estrarre l’azzurro dalla partita. Il break sul 6-5 ha consegnato a Musetti la vittoria, e un secondo match giocabile, contro lo spagnolo Munar, che - solo lo volesse - saprebbe perfino attaccare. Ieri l’ha fatto, non con continuità, ma quel tanto che gli serviva per mettere sotto scacco ciò che resta di John Isner, gigante alle ultime battute della carriera. 

«Studierò il match con Tartarini. Quest’anno abbiamo preso casa a due passi dal torneo, ai campi ci arriviamo a piedi. Il via vai da e verso Londra degli anni passati mi costava tante energie in più. Così, invece, c’è una dimensione casalinga, anche se mi tocca spesso cucinare». Che cosa? «Pasta, ovviamente, che altro?». Sono Championships all’arrabbiata. O al pesto, con l'erba. 
Anche per Djokovic due set facili e uno più complicato. Il gran vento ha portato pioggia, e il tetto del Centre Court è stato chiuso in leggero ritardo, quanto bastava a inzuppare di pioggia il campo. Le operazioni di asciugatura sono proseguite a lungo, con Djokovic che metteva in piedi uno spettacolino per il pubblico, passando con l’asciugamano per lucidare quel punto e quell’altro. Applausi del pubblico e un pizzico di attenzione in meno sul campo. Cachin è salito fino al tie break e lì ha convenuto che fosse più che sufficiente. «Mi sono allenato con Nole», ha raccontato Musetti, «mi è sembrato solido sulle gambe, in buona forma. Sull’erba ha un timing pazzesco. Credo sia pronto per vincere anche il terzo Slam della stagione». 

 

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