Jannik Sinner ha fatto 13 e l'obiettivo è sempre più vicino

A Rotterdam non si arresta la striscia vincente dell’altoatesino: duecentesimo successo in carriera

E sono tredici. Non è un record, piuttosto un portafortuna. Sinner è troppo giovane e non ha conosciuto gli anni del Totocalcio, che hanno trasformato il numero delle partite sulla schedina, nell’icona della fortuna, un simbolo tutto italiano che poteva cambiare dal nulla la vita di chiunque. Lui è a 13 vittorie consecutive da quando venne sconfitto a Torino da Djokovic, e di strada ne ha fatta parecchia, con questi tredici passi che gli hanno fruttato una Davis e il primo titolo Slam. Ha anche raggiunto 200 vittorie in carriera. Ma ne servono altri due per raggiungere l’obiettivo del terzo posto. Una semifinale contro il cocco di casa Tallon Griekspoor, e la finale di domenica contro De Minaur o Dimitrov. E allora avanti così, anche se il match contro Milos Raonic, interrotto da un altro guaio muscolare del canadese all’inizio del secondo set (Sinner era avanti 7-6, 1 pari), sembra all’anca, gli ha creato problemi insoliti e di difficile soluzione. Del resto, Raonic gioca un tennis di sostanza, fondato sul servizio da 225 orari e da ottimi colpi da fondo. Un tempo si affacciava più spesso a rete, ora lo fa di meno, ma sempre con estremo raziocinio.

Gli avversari di Sinner

«Avrebbe meritato Milos di vincere il primo set, poi ha avuto un problema e posso solo dirmi dispiaciuto per lui. Sentivo meno bene del solito la palla, ma forse era proprio il suo gioco a crearmi problemi». Nel primo set Sinner ha colto per primo il break (sul 2 pari) e subito lo ha restituito, e ha rischiato grosso sul 5-4 Raonic quando il canadese ha avuto due set point. Sinner si è ritrovato nel momento giusto, come fanno quelli “forti davvero”, e da lì non ha mollato più niente, guidando il tie break da cima a fondo. Ora Griekspoor, che si è schierato subito dalla parte dei fans di Sinner. Lo deve incontrare in semifinale, ci ha perso in Davis, meglio mettere le mani avanti. «Per me in questo momento è il più forte di tutti, è un giocatore incredibile, e muove la palla a una velocità pazzesca». Anche Talloon è un giocatore in crescita, lo si è visto da come ha domato il finlandese Emil Ruusuvuori, mostrando nervi saldi nei momenti più caldi del match, chiuso in due sole partite, ma molto combattute. La stessa semifinale di un anno fa. La vinse Jannik, in due set tiratissimi. Sarà comunque un finale di torneo interessante. Ora anche Alex De Minaur tira forte. Insomma, ci prova. Si accanisce sulla pallina cercando di piombarle addosso con il peso di tutto il corpo, grazie alla velocità delle gambette motorizzate, che sono state fino ai nuovi ordini ricevuti, l’unica vera dote da opporre agli avversari. Fa gesti meno ampi di prima, l’australiano di padre ecuadoregno e di mamma spagnola, e così cerca di anticipare per il possibile la palla. I consigli ricevuti da Lleyton Hewitt, dopo la finale di Coppa Davis persa contro l’Italia, lo stanno trasformando in un tennista da agguato.

Di fatto, sconta anche lui l’effetto Sinner, e l’impressione generale è che l’avvento del nostro ragazzo ai piani alti del tennis, le vittorie a ripetizione contro i più forti, abbiano fatto cambiare in corsa le metodologie di lavoro di parecchi coach obbligandoli a tornare a lavorare sui colpi dei propri allievi per renderli più simili a quelli di Jannik. De Minaur qualche vantaggio lo sta ricevendo. E oggi sembra in grado di combattere anche sulla potenza e sulla velocità di palla con quelli che vi riescono per vie naturali. Difficile dire se il cambio di registro voluto da Hewitt l’abbia davvero avvicinato a Sinner, con il quale le ha perse tutte (6-0, al momento), di sicuro gli ha permesso di affrontare con diligente improntitudine uno come Andrey Rublev, quinto nella classifica e lui sì colpitore vero. Al punto di essersi lamentato, nei giorni scorsi, delle difficoltà di inserire nuovi schemi nel proprio gioco, pur provandoci. «Mi piacerebbe essere un giocatore un pochino diverso, ma vedo che è difficile, o forse è semplicemente colpa mia, che sono recalcitrante quando c’è da avere pazienza». L’australiano è apparso più lucido, meglio attrezzato di Rublev nel mettere a frutto qualche variante in più del suo tennis. Erano in parità e ora De Minaur è in vantaggio (4-3) a conferma del suo buon momento. Rublev tra l’altro lo aveva messo fuori negli ottavi degli ultimi Australian Open. È in parità De Minaur anche con Dimitrov (2-2), che molto ha faticato per liberarsi di Alexander Shevchenko, ultimo acquisto al “tennis mercato” operato da Bulat Utemuratov, il solo kazako nella lista degli ultramilionari pubblicata tutti gli anni dalla rivista Forbes, e presidente del tennis in Kazakhstan. Ventitre anni, entrato nei primi cento da otto mesi, oggi nei primi sessanta, Shevchenko ha buone doti da singolarista e mostra di crescere di mese in mese. Più navigato, Dimitrov ha atteso il momento giusto per mettere le mani sul match. Lo ha atteso a lungo, però, perché il neo kazako ha retto bene il confronto fino al decimo game del terzo set, quando il proprio servizio lo ha tradito offrendo al bulgaro tre palle break.

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