Punito per essersi comportato correttamente. È il capolavoro della Wada, l’istituzione più surreale dello sport mondiale, che sorvola sul doping reale e infligge una punizione a chi, lei stessa, riconosce non aver imbrogliato e non aver avuto alcun vantaggio nelle prestazioni. Da assurdopoli è tutto, a voi la linea. Sarebbe bello finirla così, ma invece ci tocca spiegare cosa è successo e perché è successo. Spiegarlo ai bambini che si ispirano a Sinner (e fanno bene a farlo) e non capiscono: «Jannik ha sbagliato?». No! «E allora perché lo squalificano?». Spiegateglielo voi, geni della Wada! Provate a tradurre la supercazzola con la quale ufficializzate nello stesso comunicato l’innocenza di un atleta e la sua squalifica per tre mesi.
Caso Sinner, così si perde credibilità
Chi gestisce e governa lo sport mondiale, negli ultimi tempi, ha perso di vista la ricchezza più preziosa da difendere: la credibilità. Senza la credibilità crolla tutto, è parte essenziale delle fondamenta su cui si basa la passione della gente per lo sport e, in ultima analisi, anche il business economico che questa genera. Se il pubblico non capisce il perché il numero uno del tennis mondiale viene punito e nessuno riesce a dare una spiegazione che abbia un capo e una coda logici, una crepa si apre in quella passione.
