Sinner, mamma Rune è con te: “Vicenda sinistra. Facile contaminarsi con il Clostebol"

La madre e manager del danese numero 13 al mondo è intervenuta sulla squalifica di 3 mesi inflitta al campione azzurro

"Se prendete un po' di informazioni sul Clostebol vedrete quanto sia spaventosamente facile trasferirlo da persona a persona se utilizzato da terzi". È il parere fuori campo di Aneke Rune, madre e manager del tennista danese numero 13 al mondo Holger Rune. Parole che tengono aperto il dibattito sul caso doping che ha visto il leader della graduatoria mondiale Jannik Sinner raggiungere un accordo con la Wada per una squalifica di 3 mesi, il cui termine ultimo è previsto per il 4 maggio. Il campione azzurro ha ovvero scelto di non procedere dinanzi al Tas, dove avrebbe rischiato fino a 2 anni di sospensione. Un patteggiamento che espone inoltre il comando del ranking al rischio sorpasso del suo "vice" Alexander Zverev, il cui ko ad Acapulco ha però restituito il sorriso ai sostenitori dell'altoatesino. La notizia della squalifica ha provocato le reazioni più o meno lucide e consapevoli di molti attori del mondo del tennis. Ed è ora la madre del danese ad aggiungersi al coro di chi ha voluto vederci chiaro su una vicenda che fatica a trovare precedenti analoghi, considerato che il 2 volte vincitore dell'Australian Open - escluso anche dai Laureus Awards - sia stato sanzionato non per assunzione di sostanze dopanti ma per negligenza nel rispetto delle linee di prevenzione e contrasto al doping. 

Aneke Rune: "Facile contaminarsi con il Clostebol"

La signora Rune ricorda infatti quanto sia alta la probabilità che un qualsiasi altro tennista subisca una contaminazione accidentale del metabolita proibito dall'agenzia antidoping: "Questo è l'aspetto più sinistro di tutta la vicenda. Pensate a quanti fan i giocatori danno la mano, quante superfici toccano. Non possono restare isolati da tutti e mangiare banane biologiche tutto il giorno per paura di un test che mostri 0,00000000001 di tracce di qualcosa. Ritengo che uno stop di tre mesi o di un anno sia troppo lungo. Non conosco i dettagli di ogni singolo caso per dire se il tutto sia equo. Questo è un compito che spetta al Consiglio di amministrazione della Wada. Da quel che leggo, credo che la maggior parte delle critiche degli atleti si basi sul fatto che ci sono direttive molto diverse nei singoli casi, quando si tratta di evidenti casi accidentali e non di doping intenzionale". Insomma, una posizione ben distante dalle ingenuità che si sono susseguite dopo l'apertura del caso, e che ricorda il proposito di chi come Chris Eubanks aveva invitato i propri colleghi a informarsi meglio sulla complessità della vicenda.  

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