Lukaku e quel ritorno allo Stadium
In questo mondo sempre più malato, in cui il calcio non fa certo eccezione, e dove è clamorosamente più importante giudicare che capire, esercizio declassato a secondario, il 4 aprile prese vita una commedia dell’assurdo. In cui quasi la gran parte degli attori infilò una serie di errori/equivoci da non credere. Il teatro è l’Allianz Stadium di Torino. Dove si disputano gli ultimi istanti della semifinale d’andata di Coppa Italia tra Juventus e Inter, con i bianconeri quasi pronti ad alzare le braccia al cielo grazie alla rete segnata da Cuadrado (che 4 mesi dopo è finito in nerazzurro dopo il balletto di fischi e insulti milanesi con retromarcia). Ma al 90’ ecco il braccio galeotto di Bremer che porta la squadra di Inzaghi al dischetto. Il rigore lo tira Lukaku, sette minuti prima graziato con un giallo per un fallaccio su Gatti, e la scena si svolge sotto la curva Sud, quella più calda. Tiro e gol.
Clima torrido, ovviamente, e il belga pensa bene di riproporre in faccia ai tifosi juventini la sua esultanza utilizzata anche in precedenti occasioni: saluto militare e indice sul naso come a indicare il silenzio. Apriti cielo! L’arbitro Massa sventola un secondo giallo, per condotta antisportiva, a Lukaku che deve così abbandonare il campo anche se poi, al triplice fischio finale, sarà tra i protagonisti del parapiglia generale. Certo, per questioni di opportunità sarebbe stato il caso che il belga si fosse astenuto da quel tipo di esultanza, ma va ricordato che quella modalità che sottintende “Io sto zitto, faccio il mio dovere e vado avanti”, l’aveva firmata anche dopo la tripletta alla Svezia col suo Belgio senza incorrere in sanzioni dell’arbitro.
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