Juve e arbitri, i conti non tornano: la disparità di trattamento nei numeri

Gialli: i dati evidenziano un trattamento diverso. Rocchi: «Su Bremer era espulsione». Il fake McKennie

La Signora in giallo. In questo caso la Juventus e non Jessica Fletcher. Ma, come per la scrittrice-detective televisiva, il colore non è riferito all’abbigliamento. Se così fosse, in casa bianconera richiamerebbe lo splendido ricordo della Coppa delle Coppe conquistata in maglia gialla nel 1984.

Invece il giallo che fascia la squadra di Massimiliano Allegri in questo avvio di stagione è decisamente meno gradevole, trattandosi di quello dei cartellini mostrati ai giocatori bianconeri nelle prime cinque giornate: 15, record della Serie A a pari merito con la Salernitana. Tanti, ma nulla in confronto alla proporzione con i 59 falli commessi: un’ammonizione ogni 3,9 falli, primato solitario della Serie A. Insidiato, tra le grandi, solo dal Milan (un giallo ogni 4,4 falli), mentre l’Inter è lontana con un’ammonizione ogni 8,3 falli e l’Atalanta chiude la graduatoria con una ogni 10,8.

Juve, i conti non tornano

Ora, è chiaro che ci sono falli da cartellino giallo ed altri no ed è normale che una squadra possa ricevere più ammonizioni di una che pure commette più falli. Le proporzioni citate e mostrate nella tabella, però, sembrano un po’ eccessive, anche per una Juventus più intensa e aggressiva e meno esperta (anche nei falli), che in passato. Escludendo senza ombra di dubbio qualsiasi intento persecutorio, c’è probabilmente stata un po’ di inconscia eccessiva severità nel mostrare il cartellino giallo ai bianconeri. Forse alimentata da quel clima che fa sollevare tempeste se al Bologna viene negato un rigore in una partita in cui prima ne era stato negato uno alla Juventus oppure se un gol bianconero nasce da un pallone tenuto in campo per un soffio.

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Già, quello arpionato da McKennie quando stava per oltrepassare la linea laterale in Juventus-Lazio e poi finito, a firma di Vlahovic, alle spalle di Provedel.

È stato uno dei casi analizzati domenica sera nella prima puntata di Open Var, la trasmissione di Dazn in cui per la prima volta un esponente della classe arbitrale, il responsabile della Can di Serie A Gianluca Rocchi, commenta gli episodi facendo ascoltare i dialoghi tra arbitro e Var. Episodi della giornata precedente a quella appena conclusa, per dare tempo alla commissione arbitrale di valutarli e non precedere il giudice sportivo. Rocchi ha mostrato e fatto ascoltare immagini e dialoghi relativi al tocco di McKennie, con il Var che conferma la decisione di arbitro e guardalinee per l’evidente impossibilità di stabilire con certezza se la palla fosse uscita o meno. Certezza fornita poi dall’elaborazione grafica successiva: la palla non era uscita.

Var, la spiegazione sul contatto Berardi-Bremer

Proprio perché la trasmissione era relativa alla 4ª giornata, non si sarebbe dovuto parlare dell’intervento con il piede a martello su Bremer per cui Berardi è stato solo ammonito (tanto per tornare ai cartellini) al 58’ di Sassuolo-Juve. L’episodio però è entrato nel programma, è il caso di dirlo, a gamba tesa. Anzi, a doppia gamba tesa: perché a “chiamare” quella di Berardi su Bremer è stata quella per cui Baschirotto era stato espulso in Monza-Lecce. Ingiustamente, come il Var Serra e il suo assistente Irrati avevano cercato invano di far capire all’arbitro Marinelli e come Rocchi ha riconosciuto: «Per noi il cartellino rosso doveva essere tolto, Baschirotto gioca il pallone». Di fronte alla diabolica perseveranza di Marinelli, Serra e Irrati si sono arresi, ma almeno hanno tentato di correggerlo. Quello che il Var Fabbri e il suo assistente Di Martino non hanno fatto con l’arbitro Colombo sull’episodio Berardi-Bremer: «Perché - ha risposto Rocchi senza rinviare la questione alla prossima settimana, quando comunque se ne riparlerà con tanto di audio - il Var ha considerato quell’episodio valutato correttamente, o di non avere in mano tutti gli elementi per poter cambiare la decisione. Tutto sommato non mi sento neanche di colpevolizzarloPoi secondo me in campo sarebbe stato meglio il cartellino rosso».

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Così come per Calvarese, Bergonzi, Marelli, Cesari, per citare quattro ex arbitri oggi commentatori. Ma allora come si fa a non colpevolizzare il Var che non ha richiamato Colombo a controllare?
Sia chiaro, quello dell’arbitro non è stato il peggiore degli errori visti al Mapei e la Juventus di sabato forse sarebbe riuscita a perdere anche giocando più di mezzora in undici contro dieci. Però ha giocato in undici contro undici e viene da immaginare quale tempesta si sarebbe levata se l’intervento lo avesse fatto, venendo solo ammonito, Bremer su Berardi. Di quelle tempeste che poi rischiano di contribuire a far volare i cartellini.

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La Signora in giallo. In questo caso la Juventus e non Jessica Fletcher. Ma, come per la scrittrice-detective televisiva, il colore non è riferito all’abbigliamento. Se così fosse, in casa bianconera richiamerebbe lo splendido ricordo della Coppa delle Coppe conquistata in maglia gialla nel 1984.

Invece il giallo che fascia la squadra di Massimiliano Allegri in questo avvio di stagione è decisamente meno gradevole, trattandosi di quello dei cartellini mostrati ai giocatori bianconeri nelle prime cinque giornate: 15, record della Serie A a pari merito con la Salernitana. Tanti, ma nulla in confronto alla proporzione con i 59 falli commessi: un’ammonizione ogni 3,9 falli, primato solitario della Serie A. Insidiato, tra le grandi, solo dal Milan (un giallo ogni 4,4 falli), mentre l’Inter è lontana con un’ammonizione ogni 8,3 falli e l’Atalanta chiude la graduatoria con una ogni 10,8.

Juve, i conti non tornano

Ora, è chiaro che ci sono falli da cartellino giallo ed altri no ed è normale che una squadra possa ricevere più ammonizioni di una che pure commette più falli. Le proporzioni citate e mostrate nella tabella, però, sembrano un po’ eccessive, anche per una Juventus più intensa e aggressiva e meno esperta (anche nei falli), che in passato. Escludendo senza ombra di dubbio qualsiasi intento persecutorio, c’è probabilmente stata un po’ di inconscia eccessiva severità nel mostrare il cartellino giallo ai bianconeri. Forse alimentata da quel clima che fa sollevare tempeste se al Bologna viene negato un rigore in una partita in cui prima ne era stato negato uno alla Juventus oppure se un gol bianconero nasce da un pallone tenuto in campo per un soffio.

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