Djokovic show a Cincinnati: è tornato l’incredibile Nole

Urla e si strappa la maglietta in stile Hulk dopo una battaglia durata poco meno di quattro ore contro Alcaraz, battuto al terzo set: "Non credo di aver giocato tante partite come questa. Durissima"
Djokovic show a Cincinnati: è tornato l’incredibile Nole© EPA

Chi ha deciso di restare sveglio fino a dopo le due e mezza di notte, fra domenica e lunedì, non è rimasto deluso. E non tanto per aver visto Novak Djokovic di nuovo in versione incredibile Hulk, strappandosi la maglietta (come agli Australian Open 2012) in un’esultanza liberatoria, quanto piuttosto per aver assistito alla partita dell’anno e sicuramente una delle più avvincenti degli ultimi decenni.

La finale di Cincinnati doveva essere la rivincita di quella di Wimbledon, un mese fa, quando Carlos Alcaraz si impose in 5 set facendo svanire il sogno Grande Slam del serbo, ma è stata molto di più. Intensità, scambi estenuanti e un concentrato di emozioni durati 3 ore e 49’, la finale più lunga giocata al meglio dei tre set dal 1990. Il 36enne di Belgrado, oltre che con le qualità del fenomeno spagnolo (non gli sono bastati 42 vincenti, di cui 11 ace), ha dovuto fare i conti anche con le difficoltà fisiche per via delle alte temperature.

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Il racconto della finale

Non ha mai mollato però, anche quando si è ritrovato sotto di un set e un break, cercando energia pure negli scambi verbali con il suo angolo, in particolare con il preparatore atletico italiano Marco Panichi. Dopo aver annullato un match-point nel tie-break del 2° set, il vincitore di 23 Major ha finito per spuntarla per 5-7 7-6(7) 7-6(4). Così da arricchire ulteriormente il suo palmares da record: 1.069 vittorie (17 salvando match-point), meglio di Rafael Nadal e Ivan Lendl, dietro solo a Jimmy Connors (1.274) e Roger Federer (1.251), che insegue anche nella graduatoria dei titoli conquistati, ora 95 di cui 39 Masters 1000.

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Le parole di Djokovic

«È stata una partita incredibile, come andare sulle montagne russe - ha ammesso Nole, sceso a rete 33 volte con un bottino di 22 punti a fronte delle 20 discese con 14 punti del rivale -, non credo di aver giocato tanti match così. Uno dei più emozionanti e più duri, mentalmente, emotivamente, fisicamente. Potrei paragonarlo alla finale dell'Australian Open 2012 contro Rafa Nadal». Per chi non lo ricordasse la finale Slam più lunga di sempre. «Quando gioco contro Alcaraz ho un po' le sensazioni che avevo quando affrontavo Nadal all'inizio delle nostre carriere. Ogni punto è una battaglia - ha sottolineato il serbo, diventato il campione più anziano nella storia del torneo superando l'australiano Ken Rosewall -. Devi toglierti il cappello davanti a un ragazzo che gioca in maniera molto matura e gestisce la pressione benissimo per uno che ha 20 anni. Per i tifosi la nostra rivalità va sempre meglio, noi non so se riusciamo a godercela così tanto: è una sfida che dobbiamo accettare per vincere i grandi tornei».

Le parole di Alcaraz

Non mostra rimpianti il pupillo di Juan Carlos Ferrero per la prima finale persa in un 1000, la seconda Atp in stagione e quarta in carriera. «Sono fiero di me. Ho lottato fino all’ultimo, ho quasi battuto uno dei più grandi di sempre nel nostro sport. Sembra assurdo, ma ho lasciato il campo felice di quel che ho fatto dopo aver dato davvero tutto», le parole di Carlitos, il più giovane finalista a Cincinnati dai tempi di Pete Sampras nel 1991. Poco importa che dopo gli US Open Alcaraz (campione in carica, al massimo manterrà i suoi 9.815 punti) sia destinato a ricedere lo scettro a Djokovic (9.795), nel 2022 assente per il divieto di ingresso negli States ai non vaccinati contro il Covid-19. Di fatto, basterà al serbo, giunto a 38 successi in 43 match in stagione (prima del tris in Ohio trofei ad Adelaide-1, Australian Open e Roland Garros), superare il 1° turno per riaccomodarsi sul trono, lui che non perde all’esordio in un Major da Melbourne 2006. Ma gli appassionati pregustano già un altro epico duello a New York (oggi via alle qualificazioni: in diretta su SuperTennis), pronti a un’altra nottata da ore piccole.

Djokovic-Alcaraz, la finale di Cincinnati e lo speciale su Sky Sport Tennis

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Chi ha deciso di restare sveglio fino a dopo le due e mezza di notte, fra domenica e lunedì, non è rimasto deluso. E non tanto per aver visto Novak Djokovic di nuovo in versione incredibile Hulk, strappandosi la maglietta (come agli Australian Open 2012) in un’esultanza liberatoria, quanto piuttosto per aver assistito alla partita dell’anno e sicuramente una delle più avvincenti degli ultimi decenni.

La finale di Cincinnati doveva essere la rivincita di quella di Wimbledon, un mese fa, quando Carlos Alcaraz si impose in 5 set facendo svanire il sogno Grande Slam del serbo, ma è stata molto di più. Intensità, scambi estenuanti e un concentrato di emozioni durati 3 ore e 49’, la finale più lunga giocata al meglio dei tre set dal 1990. Il 36enne di Belgrado, oltre che con le qualità del fenomeno spagnolo (non gli sono bastati 42 vincenti, di cui 11 ace), ha dovuto fare i conti anche con le difficoltà fisiche per via delle alte temperature.

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Il racconto della finale

Non ha mai mollato però, anche quando si è ritrovato sotto di un set e un break, cercando energia pure negli scambi verbali con il suo angolo, in particolare con il preparatore atletico italiano Marco Panichi. Dopo aver annullato un match-point nel tie-break del 2° set, il vincitore di 23 Major ha finito per spuntarla per 5-7 7-6(7) 7-6(4). Così da arricchire ulteriormente il suo palmares da record: 1.069 vittorie (17 salvando match-point), meglio di Rafael Nadal e Ivan Lendl, dietro solo a Jimmy Connors (1.274) e Roger Federer (1.251), che insegue anche nella graduatoria dei titoli conquistati, ora 95 di cui 39 Masters 1000.

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