Pagina 3 | Toro, lassù qualcuno ti ama

Di solito si scrive che bene soltanto agli industriali tessili che le producono: questo per dire dei misfatti del nazionalismo. Ma le bandiere allo stadio comunale di Torino, sventolate prima e durante e dopo Torino-Cesena, facevano del bene a chi le muoveva ed a chi le guardava, facevano vento sano, aria buona. Mai viste così tante bandiere, mai, neppure per comizi e repubbliche, processioni e sommosse, mai. Bandiere rosso sangue, bandiere bianche con cuore rosso, bandiere con tricolori, bandiere che erano fotografie della squadra ultima o dagherrotipi della squadra antica. Fu quando, un quarto d’ora prima dell’inizio, tutte le bandiere insieme vennero sventolate, e si bruciarono bengala rossi e bianchi e verdi, e piovvero coriandoli, che qualcuno cominciò a piangere, trovando al tempo stesso la fierezza della propria commozione. Fu in quel momento che qualche giornalista, compreso il sottoscritto, seppe che avrebbe scritto un articolo bruttissimo, inferiore ai desideri, alla situazione. Prima, girando la città rigata da auto vestite di rosso, passando accanto alla lapide di Meroni coperta di fiori, già mani morbide e intanto feroci avevano strizzato il cuore.

La morbida violenza delle bandiere granata

Lo spettacolo di quelle bandiere fu di autentica morbida violenza. Qualcuno, come il sottoscritto, ne restò tramortito, felice e tramortito. Poi ci fu la partita, con quel primo tempo assai greve, zavorrato di paure, di brutte idee. Diceva qualcuno che la sorte non poteva farsi amica del Torino, dopo tante mazzate, e che comunque la jella non ha memoria, non tiene l’archivio di chi ha già colpito e sarebbe giusto non colpire più. Ci fu il gol di Pulici e troppo presto il gol di Mozzini. Da Perugia radioline gracchianti sembravano raccontare una fiaba assurda, da non credere. Sala giocava come sul fango, tanto pesanti gli erano le gambe prive di allenamento. Castellini sembrava imbalsamato dallo stupore per il fattaccio di poco prima. Graziani continuava a cercare chiavi speciali. Pulici a dare spallate. Quelli del Cesena apparivano perfidi e degni, feroci e felloni, bravi e gaglioffi nello stesso tempo. Pecci si smagriva in lunghi dribbling. Caporale si slombava in vaste corse. Pensavo al cuore di Pianelli, al cuore inteso come muscolo cardiaco, ed a quella volta che disse: per uno scudetto darei cinque anni di vita.

Il Torino di Mazzola e non solo

Il Torino di Pianelli, di Radice, di Giuseppe Crivellaro da Gassino autore della bandiera massima, quella bianca con scudetto, la più grande dello stadio, ovviamente nel posto sacro della curva Maratona, il Torino del sindaco Novelli, di Meroni che adesso avrebbe trentatré anni, di Sandro Mazzola che non è mai riuscito a dire se non a me quanto lo ama, di Boniperti che lo rispetta e lo stima, del sottoscritto che lo patisce e gli vuole bene, il Torino di chi sta leggendo e compitava la speranza anche quando i punti di distacco dalla Juventus erano cinque, questo Torino è campione d’Italia, per la settima volta, che dovrebbe essere l’ottava se la politica non gliene fosse costato uno: anno 1926-27, primo il Torino, scudetto tolto per corruzione presunta di Allemandi della Juventus, ma così sporca la manovra - Allemandi, radiato, venne amnistiato sei mesi dopo - che Arpinati, federale di Bologna, non riuscì a far aggiudicare lo scudetto alla onesta squadra della sua città, seconda, che forse sarebbe il caso di una riabilitazione, dopo giusta inchiesta.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di 80 anni

La lezione a Boniperti: il ricambio è un affare anche per la Juve

La lezione anche morale, oltre che tecnica, tattica e fisica di questo Torino, è enorme. La dignità nell’inseguire, l’omaggio reso, con la caparbia premiata, al sublime imponderabile del gioco del calcio, dove la partita finisce all’ultimo minuto e il campionato all’ultima partita, sono cose grandi in assoluto. E perfezionano appunto quell’assoluto naturale della squadra sempre più sanguigna e adesso più bella d’Italia. E intorno al Torino è fiorita la lezione data a tutta l’Italia dalla città. Sino al momento in cui scriviamo, la festa è solo festa. Dicono che quelli della Juventus sono andati al mare, ma non è vero. È vero invece che tutta la città ha sentito il momento, la giustizia del momento, l’onestà del momento. Ci sono, davvero, molti juventini che fanno festa con i granata, per i granata. Sfioravamo il paradosso quando cercavamo di spiegare a Boniperti che il ricambio è un buon affare anche per la Juventus, è un pungolo, è una proposta grossa per il futuro. Invece la cosa ci pare diventare sempre più logica.

Che brutto articolo

Dio che brutto articolo stiamo scrivendo. Da ventisette anni sognavamo di scriverlo, e adesso il carrello della macchina da scrivere sembra in salita, sull’Izoard. Forse è lo spasmo speciale degli ultimi minuti, quel rinvenire delle paure, con in bocca un gusto strano, putrido. Deve averlo patito tutta la gente allo stadio. Utili comunque ai pensieri, quegli ultimi minuti. La giustezza del titolo in prima pagina dell’altro giorno ("Hanno fatto sparire Perugia") e di colpo, dall’altra parte del flipper che è il cervello, una paura: comincia a Torino il processo alle Brigate Rosse, non ci sarà qualcuno che approfitterà della festa per far sangue? E poi: sbagliato sull’articolo in terza pagina il riferimento a Klee, pittore le cui tele da blu dovrebbero diventare, in casa Pianelli e Traversa, granata: il pittore è Klein, come abbiamo fatto a sbagliare, ci perdoneranno mai i lettori? Ecco, anche pensieri così. E poi, quale champagne ha messo in ghiaccio Pianelli, francese o italiano? Italiano, pare Cinzano, molto bene, la bilancia dei pagamenti non si aggrava. Pensieri pensieri, irriverenti, assurdi: per chi tifa il cardinale Pellegrino? Come fa a non commuoversi Fraiese, qui allo stadio? Ultimissimo il pensiero che doveva essere il primo, la prima preoccupazione: ce la farò a scrivere un articolo non indegno?

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di 80 anni

Il civilissimo splendido contributo che la società bianconera

Dio, ma si dovrebbe scrivere di tutto il campionato del Torino, del suo gioco, della sua gioventù, del suo allenatore, del suo presidente ottimo massimo. Oppure della società che ha inventato la festa al campo con i paracadutisti, così risparmiando al nostro calcio la pulcinellata pericolosa dell’invasione, e additando una strada di civiltà. Uno spettatore mi ha gridato, un po’ seccato: "Dobbiamo a lei, ai suoi articoli calmanti, se non c’è invasione". Gli ho detto che non penso di essere così influente, e che comunque, se sono il colpevole, ne sono fiero. Scrivere a lungo di ciò, si dovrebbe. E anche del civilissimo splendido contributo che la società bianconera (la società assai più della squadra) con il suo comportamento, con i suoi giusti omaggi al valore altrui, con i propositi di lotta sino all’ultimo, ha dato alla rotondità del trionfo granata, alla riuscita della lezione di civiltà nella gioia che la città, sino al momento in cui scriviamo, ha offerto. Ma l’articolo ormai è compromesso. Mi scuso, scivolo nel personale, forse vale come scusa. Sono fra i bipedi straziati dal raffreddore da fieno, ogni anno maledico il non potermi godere la primavera. Ma uscendo dallo stadio, ho ringraziato il raffreddore del fieno. Molti mi hanno chiesto se piangevo, ho detto di no, un giornalista non si permette mai queste cose, non piangevo, era l’allergia che mi faceva lacrimare.

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di 80 anni

Il civilissimo splendido contributo che la società bianconera

Dio, ma si dovrebbe scrivere di tutto il campionato del Torino, del suo gioco, della sua gioventù, del suo allenatore, del suo presidente ottimo massimo. Oppure della società che ha inventato la festa al campo con i paracadutisti, così risparmiando al nostro calcio la pulcinellata pericolosa dell’invasione, e additando una strada di civiltà. Uno spettatore mi ha gridato, un po’ seccato: "Dobbiamo a lei, ai suoi articoli calmanti, se non c’è invasione". Gli ho detto che non penso di essere così influente, e che comunque, se sono il colpevole, ne sono fiero. Scrivere a lungo di ciò, si dovrebbe. E anche del civilissimo splendido contributo che la società bianconera (la società assai più della squadra) con il suo comportamento, con i suoi giusti omaggi al valore altrui, con i propositi di lotta sino all’ultimo, ha dato alla rotondità del trionfo granata, alla riuscita della lezione di civiltà nella gioia che la città, sino al momento in cui scriviamo, ha offerto. Ma l’articolo ormai è compromesso. Mi scuso, scivolo nel personale, forse vale come scusa. Sono fra i bipedi straziati dal raffreddore da fieno, ogni anno maledico il non potermi godere la primavera. Ma uscendo dallo stadio, ho ringraziato il raffreddore del fieno. Molti mi hanno chiesto se piangevo, ho detto di no, un giornalista non si permette mai queste cose, non piangevo, era l’allergia che mi faceva lacrimare.

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di 80 anni