Faccio l’avvocato del diavolo: anche il diritto al lavoro, per citare il più importante, lo sarebbe eppure i risultati sono discutibili. «Certo, sono d’accordo, ma avere un punto fermo e scritto nella madre di tutte le leggi mette a disposizione di tutti un perno intorno al quale agganciare proposte legislative, iniziative, mozioni».
Parlavamo dell’importanza dello sport e dei suoi tre valori. Partiamo da quello educativo? «Lo sport fa parte dell’educazione di un individuo e l’educazione allo sport migliora l’individuo sotto l’aspetto fisico e anche quello culturale. L’idea che l’istruzione non possa essere in nessun modo scissa dal movimento e dalla cosiddetta cultura del movimento è un’idea che ha già dato i suoi frutti con l’insegnante di educazione motoria che è stato introdotto alle Elementari (nelle classi quarta e quinta). Ma ora è impensabile che il processo non continui con l’estensione a tutte le classi e anche alla scuola dell’infanzia, perché l’educazione al movimento fa parte della formazione di una persona».
Il problema restano le strutture. «Un problema enorme: il 50% delle scuole italiane non ha una palestra. Il PNRR ha dedicato 1 miliardo su 209 allo sport: 300 milioni per le scuole. E quei 300 milioni andranno a soddisfare solo il 25% delle richieste, arrivate dal 50% degli istituti che una palestra ce l’ha. Insomma, la situazione è drammatica e non può bastare una frase nella Costituzione a cambiare le cose velocemente, ma quella può diventare il punto su cui fare leva a livello politico. Avere gli insegnanti di educazione motoria in tutte le classi di tutte le scuole, dalla primaria in poi, è un obiettivo raggiungibile. Poi si può anche sfruttare la bellezza del nostro Paese».
In che senso? «Ho allenato per cinque anni in Finlandia e l’educazione motoria è molto importante nel loro sistema scolastico. Bene, in Finlandia hanno delle palestre nelle quali noi giocheremmo il campionato di volley di A2, ma in compenso le istituzioni spingono gli insegnanti a svolgere l’attività sportiva all’aperto con una regola che può far sorridere, ma è indicativa: “a meno che la temperatura non sia inferiore ai -15 gradi”. Ora, al di là che la nostra concezione di freddo magari sarebbe un’altra, l’idea delle cosiddette palestre a cielo aperto non è una follia e può essere applicata, soprattutto al Sud, dove la carenza di palestre è ovviamente e drammaticamente più alta che al Nord».
Educare allo sport significa muoversi e stare meglio, ma anche capire il significato dello sport. Avremmo più sportivi e meno tifosi in questo modo? «Sarebbe un effetto collaterale magnifico. Naturalmente non c’è niente di sbagliato nel tifo sportivo, ma le derive sono spesso pericolose. Siamo un Paese che guarda molto sport e ne pratica poco: questo incide nell’incultura sportiva che porta alle degenerazioni violente e discriminanti. Abituarsi al movimento, praticare uno sport, uno qualsiasi, porta a ragionare in modo diverso quando si vedono le competizioni dei professionisti. E questo è un valore sociale importante. Lo sport poi è inclusivo, tutto il settore paralimpico ci insegna che chiunque può e deve fare sport: ecco un altro aspetto del valore sociale dello sport che ci dà in continuazione lezioni di uguaglianza e parità».