Una pratica maggiormente diffusa dello sport, fin dall’età infantile, potrebbe anche portarci qualche medaglia olimpica in più? «Beh, sì, sarebbe un fatto oggettivamente statistico, ma non è uno degli obiettivi per il quale lo sport viene aggiunto alla Costituzione, perché qui non parliamo di sport professionistico, ma dello sport per tutti. Quindi non solo dei ragazzi in età scolare, ma anche degli anziani, di tutti i cittadini che devono essere messi nella condizione di potersi muovere per aumentare il loro benessere psicofisico. Nessuno discute più il fatto che lo sport aumenti il benessere di una persona, a questo punto quel benessere diventa un diritto, come quello alla salute, anzi strettamente legato a quello alla salute. È indicativo che lo sport abbia trovato spazio nell’articolo 33. Pensate, all’inizio abbiamo discusso molto se la collocazione giusta fosse al 32, che garantisce, appunto, il diritto alla salute e alle cure; oppure al 34 che garantisce il diritto all’istruzione. Si è deciso per il 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Per un allenatore come me, è una collocazione quasi poetica: lo sport, infatti, è arte perché è perfezione di un movimento, fantasia e ispirazione, ma anche scienza, perché riguarda la biologia e la fisica. E l’ambiente».
In che senso l’ambiente? «Nel senso che lo sport aumenta la sensibilità nei confronti dell’ambiente. Qualche giorno fa ero con dei ragazzi che praticavano la canoa. Mai sarebbe venuto loro in mente di gettare una bottiglietta di plastica nel fiume o nel lago dove gareggiano e si allenano. Chi vive lo sport all’aperto capisce l’importanza dell’ambiente ed è il primo a proteggerlo».
E poi ha citato un valore economico dello sport. Cosa intende esattamente? «Ci sono migliaia di pagine che documentano in modo scientifico che un euro investito nello sport di base fruttano da 4 a 7 euro di risparmio nella spesa per il servizio sanitario nazionale. Siamo un Paese con un tasso di obesità e sedentarietà fra i più alti in Europa, abbiamo un’incidenza enorme di malattie cardiovascolari, disturbi metabolici e diabete: tutte patologie che diminuiscono in modo sostanziale con la pratica sportiva. Insomma, se fin qui qualcuno potrebbe sostenere che abbiamo fatto poesia, adesso arriva la prosa: se diminuiscono le ospedalizzazioni, si spendono meno soldi in sanità e tutto questo si può misurare in euro. Parliamoci chiaro: viviamo in un Paese dove l’aspettativa di vita è molto alta, intorno agli 83 anni, ma dai 61 in poi abbiamo la percentuale più alta di persone che vanno a incidere sul servizio sanitario nazionale. E siccome la demografia è una scienza e ci dice che l’aspettativa di vita è destinata ad aumentare, la denatalità non accenna a diminuire e quindi se non riduciamo quel delta fra l’età dell’aspettativa di vita e quella alla quale iniziamo ad avere necessità di cure mediche, il servizio sanitario rischia il collasso. Lo sport è una risposta, perché più movimento significa meno malattie».