E se dove non sono riuscite Real Madrid, Barcellona e Juventus riuscisse l’Anversa? La spallata che il club belga ha assestato all’Uefa è infatti molto più violenta e pericolosa del progetto Superlega. Probabilmente non sono in molti ad aver letto tutto il parere del primo avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, Maciej Szpunar, sul caso posto dal club belga e da un suo giocatore (che rimane anonimo). Eppure meriterebbe la massima attenzione, perché contiene riflessioni e suggerimenti alla Corte potenzialmente esplosivi come l’affermazione, perentoria, nella quale si dice che «l’Uefa e l’Urbsfa (la federcalcio belga) esercitano funzioni sia regolamentari che economiche e, poiché queste funzioni non sono separate, è inevitabile che sorgano conflitti di interesse». Sembra di leggere un discorso di Berndt Riechart, amministratore delegato della Superlega, ma è un estratto del parere del primo avvocato generale della Corte depositato qualche giorno fa. Passo indietro: il ricorso alla Corte di Giustizia Europea da parte del calciatore e del club fiammingo si incentra sulle regole per la compilazione delle liste per le competizioni domestiche e internazionali. Nella fattispecie sulla norma dei quattro “home trainend player” (detti anche home grown) obbligatori: si tratta di quei giocatori che l’Uefa definisce come «formati localmente» ovvero quelli che «indipendentemente dalla loro nazionalità, sono stati formati dal loro club o da un altro club della stessa federazione nazionale per almeno tre anni, tra i 15 e i 21».