Ceferin, spallata di Boban e Uefa nel caos: perché ora la sua poltrona traballa

Il croato si dimette in aperto contrasto con il presidente: c’è aria di crisi. La leggina per consentire un altro mandato fa arrabbiare l’ex milanista: "E non sono l’unico..."

"Non sono l’unico a pensarla così". È l’ultima frase di Zvonimir Boban che preoccupa Aleksander Ceferin, nel giorno della bufera che si abbattuta su di lui, dopo le dimissioni del croato. Perché più del rumore provocato dal brusco addio di Boban, il presidente dell’Uefa dovrebbe temere il fruscio della fronda interna.

Modifica dello statuto: la proposta di Ceferin

Il congresso di Parigi dell’8 febbraio, infatti, potrebbe essere molto difficile per Ceferin che metterà al voto la sua proposta di modifica dello statuto, un emendamento pensato esesidente (in sfregio al limite dei due, imposto proprio da lui al momento della sua prima nomina nel 2017) e che ha fatto imbufalire Boban.

Se la modifica dell’emendamento non dovesse passare (servono i due terzi dei voti), la lettura politica di quel voto sarebbe fin troppo facile, perché la trasformazione in referendum pro o contro Ceferin è ormai conclamata. C’è più d’uno in seno all’Uefa che ha borbottato, adendo con il tuono di Boban, i congressisti non potranno più far finta di niente.

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Lo strappo di Boban: "In molti hanno la mia opinione"

Certo, Ceferin sa come guidare il carrozzone di Nyon: chi elargisce i soldi e opportunità di farne alle federazioni, soprattutto a quelle più piccole (che sono le più numerose) esercita, inevitabilmente, un certo controllo, ma lo strappo di Boban ha squarciato il velo che celava (o cercava di celare) un certo malcontento per i metodi accentratori di Ceferin, sempre meno democratico nel suo operare.

Come ha sottolineato Boban nel suo comunicato di addio: "Capisco perfettamente che nulla è ideale, nemmeno io stesso. So che molte volte bisogna accettare una logica di compromesso, ma se dovessi accettare una decisione così difficile e così sbagliata, girando la testa dall’altra parte, andrei contro principi e valori in cui credo profondamente. Non credo di essere un eroe e so che molti altri hanno la mia stessa opinione. Forse è ingenuo, ma almeno è corretto"

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Le voci sulla promessa non mantenuta

C’è anche chi sussurra, nei corridoi di Nyon, che lo sdegno di Boban sia il frutto di una promessa dello stesso Ceferin che, da prima, gli aveva garantito tutto il suo appoggio per farlo diventare il suo successore nel 2027 al termine del mandato, poi, nel giro di poche settimane, aveva presentato la modifica dello statuto per ripresentarsi al terzo mandato. Ma il problema dell’Uefa e di Ceferin, in questo momento, non sono i pettegolezzi, ma il futuro di quella che, fino al 21 dicembre scorso, era la massima istituzione calcistica europea e ora deve ripensarsi per evitare la violazione delle leggi dell’Unione sul monopolio. 

Se Ceferin dissimula una certa sicurezze nelle sue uscite pubbliche (l’ultima in una spavalda intervista al Telegraph), sostenendo di non aver perso di fronte alla Corte di Giustizia Europea, ma molti dirigenti dell’Uefa non la pensano così e temono di essere su un treno lanciato contro un muro. Boban ha deciso di scendere, altri sperano in un cambio al vertice, magari con l’avvento di un uomo del dialogo per consentire all’Uefa di mantenere un ruolo anche in una possibile nuova organizzazione del calcio europeo.

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Ceferin e il boomerang Superlega

E Ceferin, che aveva promesso di ammazzare i club della Superlega, non ha fin qui dimostrato spiccate qualità diplomatiche. E nel frattempo, oltre a essersi aumentato lo stipendio un’altra volta nel giro di pochi anni e aver gestito in modo poco trasparente la vicenda della finale Champions di Parigi (in Inghilterra sono ancora piuttosto agguerriti sulla vicenda, anche a livello legale), ha perso il vasto consenso che sembrava avere nei “gloriosi” giorni dell’aprile 2021 quando aveva respinto l’attacco della Superlega.
Una vittoria che forse non era una vittoria e che si sta trasformando in un pericolosissimo boomerang politico ed economico. Chissà cosa sarebbe successo se in quei giorni di fuoco avesse provato la più saggia mossa politica del dialogo invece che la guerra, anche piuttosto virulenta? Ma la storia non si fa mai con i “se”, questa per esempio si fa con i voti e le dimissioni. 

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"Non sono l’unico a pensarla così". È l’ultima frase di Zvonimir Boban che preoccupa Aleksander Ceferin, nel giorno della bufera che si abbattuta su di lui, dopo le dimissioni del croato. Perché più del rumore provocato dal brusco addio di Boban, il presidente dell’Uefa dovrebbe temere il fruscio della fronda interna.

Modifica dello statuto: la proposta di Ceferin

Il congresso di Parigi dell’8 febbraio, infatti, potrebbe essere molto difficile per Ceferin che metterà al voto la sua proposta di modifica dello statuto, un emendamento pensato esesidente (in sfregio al limite dei due, imposto proprio da lui al momento della sua prima nomina nel 2017) e che ha fatto imbufalire Boban.

Se la modifica dell’emendamento non dovesse passare (servono i due terzi dei voti), la lettura politica di quel voto sarebbe fin troppo facile, perché la trasformazione in referendum pro o contro Ceferin è ormai conclamata. C’è più d’uno in seno all’Uefa che ha borbottato, adendo con il tuono di Boban, i congressisti non potranno più far finta di niente.

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