Di Maria torna dove tutto ebbe inizio: le lacrime in conferenza dicono tutto

El Fideo si commuove dopo essere tornato a casa tua: "A volte mi sembrava che non sarebbe mai successo"

Diciotto anni dopo, Angel Di Maria è tornato lì dove tutto ha avuto inizio. Rosario Central riabbraccia uno dei suoi figli più illustri, cresciuto tra i vicoli di un quartiere operaio e l'erba dello stadio 'Gigante de Arroyito'. Quel ragazzino diventato leggenda è tornato uomo, campione del mondo, e ha scelto di chiudere il cerchio proprio dove il sogno era cominciato. Una decisione attesa, voluta, rincorsa per anni. E alla fine, dopo l'addio al Benfica, diventata realtà. Nella conferenza stampa di presentazione, l’emozione ha preso il sopravvento. Angel non è riuscito a trattenere le lacrime: occhi lucidi, parole spezzate, ma sincere. Il ritorno a casa non è stato solo un gesto calcistico: è stato un atto d’amore. "Questo è ciò che volevo, tornare a giocare al Central" ha detto emozionato in conferenza durante la presentazione. 

Una carriera stellare con un solo punto fisso: il ritorno

Nel mezzo, tra l’addio a Rosario e questo emozionante rientro, c’è stata una carriera che pochi possono anche solo immaginare. Benfica (con cui ha chiuso la sua parentesi al Mondiale per Club), Real Madrid, Manchester United, Psg, Juventus, e naturalmente la maglia della nazionale argentina. Tanti trofei, notti leggendarie, trionfi internazionali. Eppure, in ogni tappa, Di Maria ha sempre portato dentro di sé una promessa: un giorno sarebbe tornato.  Nonostante gli ostacoli, i dubbi, i silenzi. Rosario Central non è mai stato solo un club: è la sua identità. La sua gente. La sua storia personale. "A volte mi sembrava che non sarebbe mai successo. C’erano sempre ostacoli lungo il cammino, ma abbiamo sempre desiderato di essere qui".

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Le minacce ricevute in Argentina

Sì, perché qualche mese fa quando si parlava di un suo possibile ritorno in Argentina, proprio al Rosario, sono successe situazioni poco piacevoli per il Fideo. Un ritorno, dunque, rimandato soltanto di un anno, dopo le minacce di morte ricevute con tanto di testa di maiale e proiettili recapiti a casa. "Di' a tuo figlio di non tornare più a Rosario, altrimenti un membro della sua famiglia morirà. Nemmeno Maximiliano Pullaro (il governatore di Sante Fe, ndr) vi salverà. Non tiriamo bigliettini, ma piombo con cui uccidiamo le persone" il messaggio recapitato da alcuni malviventi al papà del calciatore. Le cose, però, sembrano essersi risolte e quindi ha potuto così esaudire il suo sogno, ovvero quello di tornare a casa. 

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Il saluto del 'Gigante'

Di Maria continua in conferenza: "È qualcosa di molto, molto bello, che sognavo da molto tempo. Oggi mi stavo allenando e non potevo credere di essere lì. Volevo ritirarmi al Central. Ma non penso al ritiro, penso a giocare. Il resto si vedrà più tardi". Il giorno della presentazione resterà scolpito nella memoria di ogni tifoso. Angel è sceso in campo insieme alla sua famiglia, indossando quella maglia che lo aveva visto esordire da adolescente.

Il pubblico lo ha accolto come un re che torna nel suo regno: cori, bandiere, occhi pieni di commozione e orgoglio. Accanto a lui, la moglie e le figlie: una cornice intima, quasi familiare, in un contesto da stadio. Non servivano grandi parole, bastavano gli sguardi e il battito del cuore collettivo di una città intera.

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Un nuovo sogno: diventare campione con il Central

Ma Di Maria non è tornato per un saluto nostalgico. È tornato per vincere. L’ambizione non si è spenta, anzi. Porta con sé un bagaglio di esperienza, di tecnica e di leadership che ora vuole mettere al servizio della squadra che ha sempre amato. "Cercherò di dare il mio contributo con tutto ciò che ho imparato nella mia carriera. Sto ancora aspettando di diventare campione con il Central; è ciò che vogliamo io e la mia famiglia". Con questa dichiarazione, il Fideo ha alzato l’asticella. Non è tornato per fare da comparsa, ma per incidere. Vuole lasciare un segno indelebile, come ha fatto ovunque. Ma qui, farlo avrà un sapore unico.

"Il Central è casa mia, sono felice di essere qui". Con queste parole si chiude - o forse si riapre - una storia d’amore lunga una vita. Rosario ha aspettato Di Maria con pazienza e fede, e oggi se lo riprende con tutto l’orgoglio possibile. Perché il calcio, a volte, sa restituire poesia. Il ragazzo partito con un sogno è tornato da campione del mondo. Ma per lui, la vera vittoria è sempre stata un’altra: giocare, ancora una volta, per il Rosario Central.

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Diciotto anni dopo, Angel Di Maria è tornato lì dove tutto ha avuto inizio. Rosario Central riabbraccia uno dei suoi figli più illustri, cresciuto tra i vicoli di un quartiere operaio e l'erba dello stadio 'Gigante de Arroyito'. Quel ragazzino diventato leggenda è tornato uomo, campione del mondo, e ha scelto di chiudere il cerchio proprio dove il sogno era cominciato. Una decisione attesa, voluta, rincorsa per anni. E alla fine, dopo l'addio al Benfica, diventata realtà. Nella conferenza stampa di presentazione, l’emozione ha preso il sopravvento. Angel non è riuscito a trattenere le lacrime: occhi lucidi, parole spezzate, ma sincere. Il ritorno a casa non è stato solo un gesto calcistico: è stato un atto d’amore. "Questo è ciò che volevo, tornare a giocare al Central" ha detto emozionato in conferenza durante la presentazione. 

Una carriera stellare con un solo punto fisso: il ritorno

Nel mezzo, tra l’addio a Rosario e questo emozionante rientro, c’è stata una carriera che pochi possono anche solo immaginare. Benfica (con cui ha chiuso la sua parentesi al Mondiale per Club), Real Madrid, Manchester United, Psg, Juventus, e naturalmente la maglia della nazionale argentina. Tanti trofei, notti leggendarie, trionfi internazionali. Eppure, in ogni tappa, Di Maria ha sempre portato dentro di sé una promessa: un giorno sarebbe tornato.  Nonostante gli ostacoli, i dubbi, i silenzi. Rosario Central non è mai stato solo un club: è la sua identità. La sua gente. La sua storia personale. "A volte mi sembrava che non sarebbe mai successo. C’erano sempre ostacoli lungo il cammino, ma abbiamo sempre desiderato di essere qui".

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