Rakitic, Siviglia-Roma: "Più dura della Juve, c'è Mourinho lo stratega"

Così il centrocampista di Mendilibar sulla finale di Europa League contro i giallorossi: "Dybala? Sorpreso dalla sua partenza"
Rakitic, Siviglia-Roma: "Più dura della Juve, c'è Mourinho lo stratega"© Getty Images

Anche se ha compiuto 35 anni da due mesi, resta sempre uno dei centrocampisti più bravi e apprezzati del mondo. Prova ne siano le 106 presenze (e 15 gol) collezionate con la Nazionale croata, cui ha dato l’addio nel settembre 2020 subito dopo aver firmato un quadriennale col Siviglia per concentrarsi solo sul club. Ivan Rakitic detto “Raketa” (parola che significa “Razzo” in tutte le lingue slave, russo e ucraino compresi) è ovviamente il più pagato del club andaluso: 3,1 milioni di euro netti all’anno. Era arrivato a guadagnarne fino a 8 quando 8 anni fa conquistò la Champions League con il Barcellona realizzando il gol d’apertura nella finale di Berlino contro la Juventus. Ed è stato ancora una volta uno dei protagonisti della doppia sfida ai bianconeri di Allegri nelle semifinali di Europa League. Il numero 10 del Siviglia ha giocato tutti i 235’ (supplementari e lunghi recuperi compresi) fra andata e ritorno fornendo il consueto contributo di qualità, quantità, classe.

Rakitic, dopo aver battuto di nuovo la Juve ora se la vedrà con un’altra italiana nella finale di Budapest.
«E sarà ancora più dura. Innanzitutto perché la Roma è guidata da uno dei migliori allenatori del mondo, diciamo nella “top 3”, un grande che ha già vinto in carriera tutte le Coppe europee e non solo quelle... Mourinho è uno stratega davvero “Special”, unico, in tutti i sensi».

E poi cosa la preoccupa della Roma?
«In generale il collettivo in grado di far fronte a qualsiasi evenienza. E in particolare un giocatore di grande talento, un campione del mondo argentino: Dybala. Giuro che sono rimasto molto sorpreso quando l’anno scorso ho visto che non è stato confermato dalla Juventus. Un avversario molto difficile da contenere. Tecnico, estroso, sgusciante, imprevedibile. È l’attuale cannoniere della Roma, no?».

Se la “Joya” fosse rimasto alla Juve e avesse giocato la semifinale contro il Siviglia, come sarebbe andata a finire?
«Beh, questo nessuno potrà mai dirlo... Sono discorsi ipotetici, teorici, supposizioni. Io so solo che il mio Siviglia ha centrato la settima qualificazione alla finale di Europa League negli ultimi 18 anni portando sempre a casa il trofeo nelle 6 precedenti occasioni e che Dybala ce lo troveremo in ogni caso come pericoloso avversario il 31 maggio con un’altra maglia, diversa da quella della Juve».

Qual è stata a suo avviso la chiave della partita di giovedì scorso al “Sánchez-Pizjuán”?
«Eravamo sotto nel punteggio, ma non abbiamo mai perso la fiducia: sapevamo di possedere i mezzi per ribaltarlo. Poi Mendilibar ha azzeccato i cambi facendo entrare Suso e Lamela che hanno sparigliato le carte. Le loro giocate sono state disequilibranti. Prima l’ex Milan ha firmato il gol del pareggio su assist dell’ex Roma dopodiché nei supplementari l’argentino ha segnato la rete decisiva».

Il Siviglia non va oltre lo 0-0 col Betis

Due talenti su cui il calcio italiano non ha creduto sino in fondo...
«Le loro qualità sono innegabili. Suso a 17 anni è stato acquistato dal Liverpool e poi è andato a Milano, Lamela preso a 19 anni dalla Roma quindi ha giocato tante stagioni nel Tottenham. Non stiamo parlando di club qualunque... Poi si sa che per rendere al massimo influiscono tanti fattori e molte variabili a cominciare dall’ambiente, dai rapporti coi compagni, con il mister, coi dirigenti, per non dire degli infortuni. E alle volte anche la giovane età può costituire un eventuale intralcio alla consacrazione di un talento».

Sembrava che Suso non potesse recuperare dall’infortunio muscolare patito contro l’Espanyol il 4 maggio, non era stato nemmeno convocato per l’andata a Torino...
«Lo staff sanitario del Siviglia ha lavorato benissimo. Non è facile per noi rinunciare a un trequartista del suo calibro, ma sappiamo come vanno le cose nel calcio. E la nostra rosa è vasta, completa. Siamo tutti intercambiabili».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Avrebbe mai immaginato il 21 marzo, quando la società ha licenziato anche il subentrato Sampaoli dopo Lopetegui, di ritrovarsi un paio di mesi dopo in finale di Europa League?
«Le cose purtroppo non stavano andando per niente bene. C’è stato un momento in cui eravamo addirittura a due punti dalla zona retrocessione. Incredibile: noi invischiati nella lotta per sfuggire alla relegazione. Tre allenatori diversi in sette mesi. Ma il calcio è fatto anche di queste cose...».

Qual è stato il segreto dell’umile basco Mendilibar?
«Ha portato il suo contributo di idee parlandoci con estrema franchezza. È una persona che dice pane al pane e vino al vino. Ha riportato il bianco nel bianco e il nero nel nero. Con lui non c’è il grigio chiaro né quello scuro. Discorsi semplici e molto concreti. Senza complicazioni. Ognuno gioca nel proprio ruolo. E ora andiamo a Budapest con il massimo rispetto per la temibile Roma ma fiduciosi di poter regalare ai nostri magnifici tifosi un’altra grande gioia».

Ci sarà una squadra italiana anche nelle altre due finali europee: l’Inter in Champions e la Fiorentina in Conference League.
«Ho sempre apprezzato il vostro calcio. In Croazia siamo “amanti” dell’Italia. Ho sentito dire che un Mondiale senza gli azzurri è come la Formula 1 senza la Ferrari: io sposo completamente questa sentenza. Ma il calcio va avanti e non si ferma mai. Ecco, questo triplice approdo italiano nelle finali delle Eurocoppe rappresenta un segnale molto positivo, una sorta di riscatto dopo l’eliminazione dal Qatar. In una partita secca, in una finale, l’Italia fa ancora più paura... Faccio il tifo per l’Inter e spero che la Fiorentina vinca a Praga contro il West Ham. Ma io e il mio Siviglia dobbiamo assolutamente impedire il tris alla Roma, ovvio... ».

Manchester City-Inter sembra tuttavia una partita “ingiocabile” come si dice nel mondo degli allibratori.
«Io invece penso che gli inglesi, indubbiamente favoriti, non avranno vita facile. In gara secca, attenzione alle sorprese. L’Inter è un’ottima squadra, l’abbiamo visto nella semifinale-derby col Milan: ha vinto due volte, sommando i risultati il punteggio aggregato è 3-0. Il City ha pareggiato a Madrid e poi travolto gli spagnoli in Inghilterra: totale 5-1. Non c’è grande differenza, anzi un solo gol di scarto. Sento dire che le probabilità di vittoria degli inglesi sono nell’ordine dell’80 per cento. Ma a Istanbul non sarà così. Io dico 55-45, massimo 60-40 per il City. Sarà una partita combattuta, molto livellata ed equilibrata. L’Inter è una rivale complicata per gli inglesi».

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Inoltre c’è quella statistica in cui nelle ultime 10 finali di Champions League c’è sempre stato in campo o in panchina un croato nella squadra che ha alzato il trofeo...
«Questo è un grande orgoglio per me e per la mia patria che sfiora i 4 milioni di abitanti. Spero che il mio amico “Brozo” confermi questa tradizione. Ma anche la Spagna, grande Paese di quasi 50 milioni, ha sempre piazzato un giocatore fra i vincitori delle ultime 10 Champions. Nel City ora c’è Rodri: in Turchia sarà un vero spareggio».

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Anche se ha compiuto 35 anni da due mesi, resta sempre uno dei centrocampisti più bravi e apprezzati del mondo. Prova ne siano le 106 presenze (e 15 gol) collezionate con la Nazionale croata, cui ha dato l’addio nel settembre 2020 subito dopo aver firmato un quadriennale col Siviglia per concentrarsi solo sul club. Ivan Rakitic detto “Raketa” (parola che significa “Razzo” in tutte le lingue slave, russo e ucraino compresi) è ovviamente il più pagato del club andaluso: 3,1 milioni di euro netti all’anno. Era arrivato a guadagnarne fino a 8 quando 8 anni fa conquistò la Champions League con il Barcellona realizzando il gol d’apertura nella finale di Berlino contro la Juventus. Ed è stato ancora una volta uno dei protagonisti della doppia sfida ai bianconeri di Allegri nelle semifinali di Europa League. Il numero 10 del Siviglia ha giocato tutti i 235’ (supplementari e lunghi recuperi compresi) fra andata e ritorno fornendo il consueto contributo di qualità, quantità, classe.

Rakitic, dopo aver battuto di nuovo la Juve ora se la vedrà con un’altra italiana nella finale di Budapest.
«E sarà ancora più dura. Innanzitutto perché la Roma è guidata da uno dei migliori allenatori del mondo, diciamo nella “top 3”, un grande che ha già vinto in carriera tutte le Coppe europee e non solo quelle... Mourinho è uno stratega davvero “Special”, unico, in tutti i sensi».

E poi cosa la preoccupa della Roma?
«In generale il collettivo in grado di far fronte a qualsiasi evenienza. E in particolare un giocatore di grande talento, un campione del mondo argentino: Dybala. Giuro che sono rimasto molto sorpreso quando l’anno scorso ho visto che non è stato confermato dalla Juventus. Un avversario molto difficile da contenere. Tecnico, estroso, sgusciante, imprevedibile. È l’attuale cannoniere della Roma, no?».

Se la “Joya” fosse rimasto alla Juve e avesse giocato la semifinale contro il Siviglia, come sarebbe andata a finire?
«Beh, questo nessuno potrà mai dirlo... Sono discorsi ipotetici, teorici, supposizioni. Io so solo che il mio Siviglia ha centrato la settima qualificazione alla finale di Europa League negli ultimi 18 anni portando sempre a casa il trofeo nelle 6 precedenti occasioni e che Dybala ce lo troveremo in ogni caso come pericoloso avversario il 31 maggio con un’altra maglia, diversa da quella della Juve».

Qual è stata a suo avviso la chiave della partita di giovedì scorso al “Sánchez-Pizjuán”?
«Eravamo sotto nel punteggio, ma non abbiamo mai perso la fiducia: sapevamo di possedere i mezzi per ribaltarlo. Poi Mendilibar ha azzeccato i cambi facendo entrare Suso e Lamela che hanno sparigliato le carte. Le loro giocate sono state disequilibranti. Prima l’ex Milan ha firmato il gol del pareggio su assist dell’ex Roma dopodiché nei supplementari l’argentino ha segnato la rete decisiva».

Il Siviglia non va oltre lo 0-0 col Betis

Due talenti su cui il calcio italiano non ha creduto sino in fondo...
«Le loro qualità sono innegabili. Suso a 17 anni è stato acquistato dal Liverpool e poi è andato a Milano, Lamela preso a 19 anni dalla Roma quindi ha giocato tante stagioni nel Tottenham. Non stiamo parlando di club qualunque... Poi si sa che per rendere al massimo influiscono tanti fattori e molte variabili a cominciare dall’ambiente, dai rapporti coi compagni, con il mister, coi dirigenti, per non dire degli infortuni. E alle volte anche la giovane età può costituire un eventuale intralcio alla consacrazione di un talento».

Sembrava che Suso non potesse recuperare dall’infortunio muscolare patito contro l’Espanyol il 4 maggio, non era stato nemmeno convocato per l’andata a Torino...
«Lo staff sanitario del Siviglia ha lavorato benissimo. Non è facile per noi rinunciare a un trequartista del suo calibro, ma sappiamo come vanno le cose nel calcio. E la nostra rosa è vasta, completa. Siamo tutti intercambiabili».

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