Allarme City: Guardiola ha perso la bacchetta magica

Solo tre punti conquistati nelle ultime quattro partite: Rodri era assente per squalifica in ogni sconfitta patita dai Citizens, Gvardiol da terzino non convince
Quando si è detto, e lo si è detto spesso, che il Manchester City sembra un meccanismo perfetto, il lato oscuro di tale affermazione è sempre stato nel fatto che la perfezione, nel suo insieme, può essere incrinata da falle per sé minori. L’assenza di uno o due giocatori, un calo di forma, una squalifica nel momento peggiore. Mescolare, ed ecco i problemi attuali del Manchester City: la sconfitta di mercoledì sera a Birmingham, contro l’Aston Villa, è stata la terza in campionato ma soprattutto ha lasciato a soli tre i punti conquistati nelle ultime quattro gare, dopo i pareggi contro Chelsea, Liverpool e Tottenham, e con nove gol concessi, a cui bisogna unire la risicata vittoria in Champions League contro il RB Lipsia. Tanti gol presi, e allora è facile individuare la causa principale: l’assenza di Rodri, squalificato in tutte le partite in cui il City, in campionato, è uscito sconfitto. Se è vero che uno dei requisiti per giocare il calcio di Pep Guardiola, possesso palla e pressione alta, è sempre stato quello di saper tenere la posizione e avere sempre le distanze giuste, per impedire che un pronunciato sbilanciamento in avanti venisse punito da contropiede intelligenti, ecco che quando un numero elevato di giocatori con quelle doti viene a mancare è più facile che gli errori si paghino.

Senza Rodri City nei guai

Rodri lì è stato davvero l’erede ideale di Fernandinho, un altro che non a caso ha giocato anche difensore centrale, e rispetto al brasiliano ha un tiro da fuori che ha risolto campionati e una finale di Champions League. Kalvin Phillips, arrivato nell’estate del 2022, non ha mai saputo salire al medesimo livello, e ora non ci sono più Ilkay Gundogan e Riyad Mahrez: quest’ultimo giocava, ovviamente, all’ala destra, ma Guardiola lo utilizzava il più possibile perché i suoi uno contro uno mangiavano secondi e permettevano al resto della squadra di trovare la posizione giusta, stesso discorso che si è fatto per Jack Grealish sulla fascia opposta. L’ex Aston Villa pareva inizialmente poco adatto al City per via del pericolo di palloni persi letali per l’equilibrio della squadra, ma poco alla volta la sua presenza era diventata speculare a quella di Mahrez dal lato opposto: gira, scatta, triangola e con quei mini-movimenti i colleghi si posizionano nel posto migliore per creare e contemporaneamente scattare a recuperare l’eventuale palla persa.

Disordine a centrocampo

Non è un caso che giusto due anni fa, nell’ennesimo autunno incerto del City - incerto, ma mai come quello attuale - Guardiola avesse sottolineato con disappunto quello che altri allenatori, con altre filosofie, avrebbero esaltato: il City giocava troppo veloce, con un ritmo troppo alto, senza usufruire di quella ‘pausa’, concetto spagnolo comprensibile facilmente da chiunque, che permetteva ai suoi di tenere le posizioni. Poi, mica tutto il male del City attuale viene da questo, sia chiaro: il gol di Leon Bailey mercoledì sera, bello come esecuzione, è nato anche per il disordine del City a centrocampo, con Akanji fuori posizione e Gvardiol, sul cui costante utilizzo come terzino più che centrale presto cominceranno ad arrivare domande, subito in ritardo sull’ala del Villa. Piccole cose, sufficienti però - per ora - ad incrinare un meccanismo perfetto.

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