Weah, il mercato Juve in cifre: quanto guadagnerà fino al 2028

La società bianconera lavora ai dettagli con il Lille per chiudere con l’esterno statunitense

TORINO - Non capita tutti i giorni di avere in squadra il figlio di un capo di Stato, al tempo stesso di un Pallone d’Oro e di una leggenda che va oltre il calcio. Ma chi lo conosce bene racconta che Timothy Weah è tutt’altro che un ragazzo montato o che si crede chissà chi: l’umiltà del resto ce l’ha nelle radici, come i piedi ben piantati a terra. E il peso di un gigante come papà George non lo ha mai schiacciato: semmai la Juventus è il trampolino per spiccare finalmente il volo. «Mi ritengo una persona equilibrata - aveva detto il figlio d’arte in passato, nelle interviste -. Per me chiamarmi Weah non è un peso: è il nome della mia famiglia. Il fatto che papà sia stato una star internazionale e che oggi sia un capo di Stato non conta. Per me, rimane papà. Lui ha avuto una carriera straordinaria, ora tocca a me continuare quel percorso, come magari poi toccherà a mio figlio. Il cognome lo uso a mio vantaggio in campo. Molti giocatori sono spaventati perché credono sia forte come lui, per il nome che ho sulle spalle. Ma il nome sulle spalle lo vedono i tifosi e gli avversari, non io. Perciò non sento la pressione».

Weah-Juve, i dettagli del contratto

A 23 anni e dopo un po’ di girovagare anche in Europa, Tim è pronto per il grande salto: l’Italia nel cuore e pure nel destino. La Juventus è a un passo dall’accordo per Weah Junior con il Lille, sulla base di un’intesa economica da 12 milioni complessivi tra parte fissa (10 milioni) e 2 di bonus, mentre al giocatore andranno 2 milioni a stagione a salire con i bonus fino al 2028, un ingaggio ampiamente nei parametri del ridimensionato monte ingaggi bianconero. Per definire l’accordo ci vorrà ancora qualche giorno, probabilmente: il tempo di piazzare qualche cessione e limare gli ultimi dettagli, ma a fare la differenza è stata la volontà di Timothy stesso, attirato dall’idea di misurarsi nella Serie A in cui suo papà faceva la parte del leone a cavallo tra la fine dei favolosi Anni 90 e il nuovo millennio.

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La storia

Tim avrà così l’occasione di imparare l’italiano: papà George gli parlava nella nostra lingua, ma al momento il suo erede se la cava ovviamente benissimo con l’inglese, da madrelingua, e il francese. New York è il posto dove è nato, ma è anche qualcosa in più: è casa, il luogo dei ricordi di quando era bambino, anche se a dieci anni si sposta in Florida, a Pinewood, sobborgo elegante di Miami. E a 12 anni entra nella Nazionale americana, nel sistema di Team Usa e non ne esce più, provocando dispiacere nel popolo liberiano per la scelta di rappresentare gli Stati Uniti. Ma del resto, come aveva spiegato lo stesso Weah Junior, «sceglievo sempre gli Usa quando giocavo alla Playstation, per me è stata una decisione naturale». Il calcio è la sua professione, la passione in realtà è un’altra: la musica rap, amore nato ascoltando i pesi massimi del genere come Tupac Shakur e Notorious B.i.g. e poi portata a un altro livello, da produttore fai da te di trap soul.

Nato attaccante, diventato terzino

Dai playground di Brooklyn a un’altra metropoli come Parigi: un passo che avrebbe potuto far girare la testa a tanti, ma non al figlio di George. Si allena con fenomeni come quelli del Psg e impara da tutti. Nasce attaccante, sta diventando terzino, anche se nella Nazionale a stelle e strisce ha licenza di attaccare, partendo da destra: nei sei mesi a Glasgow si toglie anche lo sfizio di vincere qualche titolo, prima di approdare a Lille. Di lui Thomas Tuchel, uno che ne capisce insomma, diceva: «Rapido e con una buona capacità di resistenza: una combinazione notevole. È intelligente, ha voglia di apprendere: dipende da lui». Papà George lo ha sempre spronato, ma rimanendo un passo indietro, senza fargli ombra: ora Tim aspetta l’ok per dare una mano alla Juve e spiccare il volo, insieme, con la squadra per la quale il padre faceva il tifo.

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TORINO - Non capita tutti i giorni di avere in squadra il figlio di un capo di Stato, al tempo stesso di un Pallone d’Oro e di una leggenda che va oltre il calcio. Ma chi lo conosce bene racconta che Timothy Weah è tutt’altro che un ragazzo montato o che si crede chissà chi: l’umiltà del resto ce l’ha nelle radici, come i piedi ben piantati a terra. E il peso di un gigante come papà George non lo ha mai schiacciato: semmai la Juventus è il trampolino per spiccare finalmente il volo. «Mi ritengo una persona equilibrata - aveva detto il figlio d’arte in passato, nelle interviste -. Per me chiamarmi Weah non è un peso: è il nome della mia famiglia. Il fatto che papà sia stato una star internazionale e che oggi sia un capo di Stato non conta. Per me, rimane papà. Lui ha avuto una carriera straordinaria, ora tocca a me continuare quel percorso, come magari poi toccherà a mio figlio. Il cognome lo uso a mio vantaggio in campo. Molti giocatori sono spaventati perché credono sia forte come lui, per il nome che ho sulle spalle. Ma il nome sulle spalle lo vedono i tifosi e gli avversari, non io. Perciò non sento la pressione».

Weah-Juve, i dettagli del contratto

A 23 anni e dopo un po’ di girovagare anche in Europa, Tim è pronto per il grande salto: l’Italia nel cuore e pure nel destino. La Juventus è a un passo dall’accordo per Weah Junior con il Lille, sulla base di un’intesa economica da 12 milioni complessivi tra parte fissa (10 milioni) e 2 di bonus, mentre al giocatore andranno 2 milioni a stagione a salire con i bonus fino al 2028, un ingaggio ampiamente nei parametri del ridimensionato monte ingaggi bianconero. Per definire l’accordo ci vorrà ancora qualche giorno, probabilmente: il tempo di piazzare qualche cessione e limare gli ultimi dettagli, ma a fare la differenza è stata la volontà di Timothy stesso, attirato dall’idea di misurarsi nella Serie A in cui suo papà faceva la parte del leone a cavallo tra la fine dei favolosi Anni 90 e il nuovo millennio.

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