Juventus-Inter, gazzarra indegna: bisogna calmarsi

La rissa è frutto di un clima fetido, ma i professionisti devono fare i professionisti

L’indegno finale di Juventus-Inter dovrebbe portare a un esame di coscienza collettivo dal quale nessuno, nes-su-no, può sfilarsi: media, giocatori, dirigenti, allenatori e istituzioni, perché la vergognosa gazzarra è frutto di un clima fetido alimentato da tutti. Poi, che in un derby d’Italia ci sia del nervosismo è normale, ma il fallo di Lukaku su Gatti (forse meritevole di rosso, vista la frustrazione e l’insensatezza dell’intervento), la provocazione della curva bianconera nei confronti del belga sul dischetto, la controprovocazione dopo il gol rappresentano un crescendo che dei professionisti potrebbero evitarci. Altrimenti è inutile sperticarsi in appelli alla calma generale: chi è in campo deve sempre essere un esempio e l’agonismo non deve essere amnesia delle responsabilità.

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Un Subbuteo umano

L’indegno finale macchia una partita non particolarmente bella che l’Inter agguanta con un rigore all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero, salvata dalla sciagurata scompostezza di Bremer impegnato in un colpo di testa a liberare l’area che poteva chiudere la partita sull’1-0 per la Juventus, forse un risultato leggermente più fedele agli equilibri in campo. C’era tutta l’ansia di una partita disperata, di quelle in cui ci si può fare più male perdendo che bene vincendo. Per ragioni diverse e circostanze lontane, Juventus e Inter si sono affidate alla Coppa Italia per raddrizzare almeno un poco il destino di una stagione balorda. Un carico che ha appesantito i cuori e sedato il coraggio per lunghi tratti della gara che ha, sì, avuto lampi emozionanti, ma ha dato pure l’impressione di essere una specie di Subbuteo umano in cui i giocatori si muovevano uno alla volta e gli altri aspettavano, tenendo diligentemente la loro posizione difensiva.

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L’ingenuità di Bremer

Detto ciò, la Juventus è sembrata più lucida e pronta ad affrontare una sfida decisiva, sicura delle sue forze al punto da concedere all’Inter uno sterile possesso, concentrando nelle fiammate offensive tutta la propria efficacia. La squadra di Allegri ha confermato una certa superiorità tecnica e mentale rispetto a quella di Inzaghi, come si era già visto nella contestata partita di San Siro. Poteva finire allo stesso modo se non fosse stato per la straordinaria ingenuità del gesto di Bremer. A San Siro sarà una partita diversa, forse meno bloccata, anche se l’uno a uno non garantisce un vantaggio a nessuno, neppure all’Inter che gioca in casa, perché San Siro è un alleato, ma la Juventus ha già dimostrato di saperlo espugnare. I rossi della rissa toglieranno di mezzo Lukaku, Handanovic e Cuadrado: forse perde di più l’Inter, ma non sembrano essere assenze determinanti per nessuna delle due. Riflessione finale a margine della semifinale: Dusan Vlahovic e Angel Di Maria sono usciti malmostosi e irritati dalla sostituzione, in entrambi i casi dimostrare platealmente l’irritazione è stata la cosa più determinata della loro serata. Non è stata una partita facile per loro, ma è esattamente il tipo di partita in cui due fuoriclasse sono chiamati a fare la differenza, non i capricci.

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L’indegno finale di Juventus-Inter dovrebbe portare a un esame di coscienza collettivo dal quale nessuno, nes-su-no, può sfilarsi: media, giocatori, dirigenti, allenatori e istituzioni, perché la vergognosa gazzarra è frutto di un clima fetido alimentato da tutti. Poi, che in un derby d’Italia ci sia del nervosismo è normale, ma il fallo di Lukaku su Gatti (forse meritevole di rosso, vista la frustrazione e l’insensatezza dell’intervento), la provocazione della curva bianconera nei confronti del belga sul dischetto, la controprovocazione dopo il gol rappresentano un crescendo che dei professionisti potrebbero evitarci. Altrimenti è inutile sperticarsi in appelli alla calma generale: chi è in campo deve sempre essere un esempio e l’agonismo non deve essere amnesia delle responsabilità.

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