Ali, come si sente in questi giorni dopo aver portato a termine un colpo da Mille e una Notte come il trasferimento di Jackson al Bayern, nonostante il Chelsea lo avesse richiamato a Londra all’ultimo momento a causa dell’infortunio di Delap?
«Orgoglioso e grato. È stato un processo lungo e intenso, ma alla fine le cose siano andate per il verso giusto per Nico. Abbiamo un rapporto solido da molto tempo - l’ho portato dall’Africa al Villarreal quando aveva 18 anni - e la mia responsabilità era quella di aiutarlo a trovare la strada giusta. Voglio ringraziare il Chelsea e il Bayern per la loro professionalità durante le trattative. Nico è felice, quindi lo sono anch’io».
Qual è stata la chiave, il segreto dell’accordo?
«Non esiste una formula magica. Solo pazienza, resilienza, rispetto reciproco e dialogo. Tutti volevano una soluzione sensata. Siamo rimasti calmi, anche quando le cose si sono complicate, e ci siamo concentrati sulla tutela degli interessi del giocatore, nel rispetto di tutte le parti coinvolte».
Come ha convinto il Chelsea?
«Non credo si tratti tanto di “convincere”, quanto di lavorare insieme e trovare la soluzione migliore per i “Blues” e Nico. Il Chelsea ha preso una decisione basata su ciò che riteneva fosse meglio per tutti. Importante anche il contributo di Marc Guiu: l’attaccante catalano, ceduto in prestito dal Chelsea al Sunderland ai primi di agosto, è ritornato a Londra dopo meno di un mese per colmare il vuoto lasciato dall’infortunato Delap...».
Cos’ha pensato quando il direttore sportivo del Bayern, Max Eberl, ha annunciato che Nico sarebbe tornato a Londra?
«In quei momenti è importante mantenere rispetto e compostezza. Le trattative non sono mai lineari. Le cose possono evolversi rapidamente, soprattutto negli ultimi giorni della finestra di mercato. Ciò che contava per noi era continuare a lavorare dietro le quinte, rimanere professionali ed evitare reazioni emotive».
Qual è stato il momento più difficile?
«Il calcio è imprevedibile. La cosa più importante è essere flessibili e cercare sempre di trovare soluzioni per raggiungere il nostro obiettivo. Tutto stava procedendo bene, poi fattori esterni - infortuni, decisioni interne - hanno cambiato il quadro. Abbiamo dovuto adattarci rapidamente senza perdere di vista l’obiettivo primario: fare ciò che era giusto per il futuro del giocatore».
