Patrick Vieira pensava già molto in campo e non ha perso l’abitudine. Ha idee e dubbi, come tutte le persone intelligenti, e li mischia per provare a capire il mondo. Sul suo, di mondo, ha una manciata di parole intorno alle quali ancora le sue certezze: pazienza, testa, fame, disciplina. Il vocabolario minimo per spiegare come trasformare i giovani in campioni. "Quando ero l’allenatore della formazione del City Under 21, nelle giovanili c’era Phil Foden. Tutti notavano le sue capacità tecniche, molti rimanevano perplessi sulle sue caratteristiche fisiche: troppo piccolo e leggero, dicevano. Eppure, nel club nessuno pensò di scartarlo, fu lasciato crescere, senza forzare salti di categoria, tenendolo con i più piccoli. Alla fine è diventato... Phil Foden. Valeva la pena di aspettare, no? Ecco, la pazienza è un fattore chiave quando si parla di giovani e ne vedo sempre men. Bisogna averne tantissima nei settori giovanili, ma anche in prima squadra. In Francia, dove la crescita dei talenti è fondamentale per la sussistenza dei club, gli allenatori sanno che un giovane può anche costare qualche sconfitta, se questo porta alla sua crescita e alla maturazione di un nuovo campione."
Vieira: "Con Capello non avrei osato chiedere spiegazioni"
La sala, al primo piano della magnifica Badia di Sant’Andrea, annuisce. Lungo il corridoio, c’è una fila di camere, dove alloggiano i ragazzi delle giovanili del Genoa che arrivano da fuori e si trovano una villa del Settecento, circondata da pini e con vista sul mare. Vieira ne ha già allenato qualcuno. "Bisogna dimostrare loro fiducia. Il fatto che il club abbia investito in una struttura come questa è un segnale, capiscono che ci crede. Al City c’è un centro sportivo meraviglioso, il messaggio è chiaro: noi vi mettiamo a disposizione tutto per diventare calciatori, voi dovete dare tutto per crescere. I giovani percepiscono se la fiducia c’è o non c’è. I miei ricordi di giovane calciatore sono legati ai momenti difficili e all’aiuto ricevuto dagli allenatori. Oggi se vedo un giocatore un po’ in crisi, cerco di parlargli, è importante. Poi i giovani sono cambiati: il Vieira diciannovenne, sbarcato nel Milan dei giganti nel 95-96, non avrebbe osato andare a chiedere spiegazioni a Fabio Capello. Anche perché poteva finire male. Oggi è diverso, anche i giovani vengono a chiedere spiegazioni quando non giocano. Non è mancanza di rispetto, è un cambiamento generazionale. Vogliono capire e forse è giusto così. Bisogna spiegare loro il perché delle scelte e così aiutare la loro crescita. È più difficile, sì, forse per gli allenatori di trent’anni fa era più facile perché noi non avevamo il coraggio di chiedere, ma credo che sia importante saper spiegare, essere convincenti."
