Juve, Bonucci: "Chiellini come Ronaldinho, mi voleva Pep. La mia su Ronaldo"

Tra aneddoti, retroscena e sogni per il futuro: il difensore bianconero ha rilasciato una lunga intervista a "The Athletic"
Juve, Bonucci: "Chiellini come Ronaldinho, mi voleva Pep. La mia su Ronaldo"

Dalla vittoria all'Europeo al rapporto con Chiellini, fino alla mentalità della Juve: tra aneddoti, retroscena e sogni per il futuro, Leonardo Bonucci si è raccontato in una lunga intervista a "The Athletic".

Bonucci e il retroscena sulla vittoria dell'Europeo

"Arrivati allo stadio c’erano tanti inglesi che ci insultavano e urlavano contro e noi questa cosa l’abbiamo vissuta con serenità. [...] Sentire ripetere quella cosa, e anche una dichiarazione di Rice che aveva detto che loro erano dieci volte più motivati di noi per vincere in casa. Quelli sono errori che i giovani commettono. Non bisogna mai dire che tu sei più di qualcun altro. Devi metterti sempre a pari livello, profilo basso e nel momento giusto colpire. Quello che abbiamo fatto noi. Non abbiamo mai detto lo vinceremo ma che ci mancava quel centimetro per arrivare in fondo e portare a casa il risultato non abbiamo mai fatto i presuntuosi, siamo rimasti umili ed ha fatto la differenza. Un grande gruppo con un grande allenatore e un grande staff tecnico. Regalare questa gioia a noi stessi, agli italiani, in casa dell’Inghilterra è stato qualcosa di unico".

Bonucci sull'Europeo di Chiellini

Compagni di squadra nella Juve e senatori anche in Nazionale: "Mi ha colpito la serenità mentale di Chiellini che ha giocato col sorriso…ho visto solo un giocatore così, Ronaldinho, un trequartista non un difensore. Ha capito che questo europeo se lo doveva giocare con serenità, era l’ultima possibilità di giocare questa competizione, si è detto che l’unico modo era giocare con serenità e noi dovevamo trasmettere la stessa cosa ai giovani. Tanti sono giocatori importanti ma non con molte presenze a livello internazionale. Il nostro compito era portarli fino alla gara con la massima serenità. Nel pullman c’era musica, si rideva e scherzava. Poi nel momento giusto i leader più carismatici come me o Sirigu mettevano una riga. Ok, da ora non si scherza più. Da quando l’arbitro fischia tutti devono dare tutto. Non c’è più tempo per ridere e scherzare. Io a 34 anni e Giorgio a 37 sappiamo gestire la partita. Nei giovani non succede. Non hanno l’esperienza per farlo ma sapevano che su di noi potevano sempre contare per ridere e scherzare ma poi bisogna lottare insieme dall’inizio alla fine ed è quello il segreto che ci ha portato a voler stare sempre di più insieme."

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Bonucci e il concetto di difesa

"È fondamentale perché come dicono in tanti le difese vanno vincere i campionati ed è la verità. Per noi difensori salvare un gol, fare un contrasto, una scivolata, è più importante e bello che segnare. Abbiamo avuto la fortuna che tutti si sono calati in questa mentalità nel momento del bisogno. Forse con l’Austria è stata la più difficile dal punto di vista fisico. Loro erano una squadra molto di corsa e fisico, la mettevano sul ritmo. Con la Spagna siamo andati in difficoltà ma hanno fatto tanto palleggio, noi facevano fatica a giocare come eravamo abituati. Con l’Austria a livello mentale e fisico abbiamo tirato fuori tutto, li abbiamo capito che potevamo arrivare in fondo perché vincere in quel modo sporco, anche se aravamo favoriti, ci ha fatto capire che era il momento giusto di cambiare marcia ed andare a vincere  il trofeo".

Bonucci su Ruben Dias e Van Dijk

"Questi sono esempi che fanno capire quanto è importante avere un difensore, forte, carismatico e di personalità. Non basta essere forte da dietro devi guidare la squadra, essere da esempio e soprattutto Ruben Dias ha fatto un anno da 10 col City che io guardavo e seguivo per ovvi motivi. Lui ha fatto una grande stagione. Questi risultati che non arrivano quando perdi un difensore importante non è un caso, mostra quanto un difensore serva all’interno di un gruppo. Anche i giornalisti devono cambiare? Sai cosa, anche il fatto che i difensori di un certo livello ci sono sempre di meno, questo alza il valore dei più forti. Quando vuoi un giocatore forte che ti cambia la squadra lo devi pagare. Questi riconoscimenti vengono fatti dagli addetti ai lavori mentre chi giudica e valuta come può fare un giornalista fa piu fatica a vedere il dettaglio che cambia da un difensore all’altro. Magari la scivolata di uno è più importante dell’urlo di un altro quando invece non è così e il mio urlo aiuta il compagno a fare la decisione giusta evitandomi di fare quella scivolata che magari l’altro difensore ha fatto perché non ha previsto cosa accadeva prima".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il retroscena su Guardiola e il Manchester City

"La più concreta nel 2016, ero ad un passo dal City, eravamo ai dettagli poi la Juve non mi vendeva e io avevo il sogno di essere allenato da Pep. Abbiamo deciso con la Juve di continuare insieme. Quando sono andato al Milan, potevo andare al City ma c’erano cose che si dovevano incastrare e io non volevo aspettare Avevo dato parola al Milan. L’anno scorso ho parlato con Pep che mi voleva ma sono stato io a dirgli ‘questa è casa mia’ sto bene qui e mi sento a casa. Devo riconquistare il terreno perso con quell’anno a Milano ma questo è uno stimolo non una paura, tornare ad essere il simbolo della Juve per me è la cosa più eccitante che ci possa essere in questo momento della mia carriera".

La Juve e i giovani

"Penso che in questi due anni con Sarri e Pirlo ci sia stata difficoltà nel ricambio. Noi negli anni abbiamo perso Khedira, Mandzukic, Matuidi, Higuain, tutti giocatori di personalità, di grande tecnica, per un processo di ringiovanimento. Ai giovani entrare nella mentalità Juve e far capire cosa vuol dire…la Juve ha costruito le sue vittorie su essere una squadra che non molla mai e non si arrende mai. Anche quando tutto sembra finito non si da mai per vinta. Quella è stata la mentalità. Farlo capire ai giovani in questi 2 anni è stato più difficile. Hai un’individualità come Cristiano che ti accentra tanto, attira molto la critica perché se non fai una partita fatta bene la colpa è del giovane, della Juve che non è squadra o non ha mentalità mentre noi, come squadra e mentalità per un periodo l’abbiamo mantenuta poi è stato difficile con ricambio generazionale. Ma già adesso che comunque i nostri giovani iniziano ad avere 50 partite con la Juve capiscono la mentalità tra virgolette operaia. È giusto giocare a bene a calcio ma devi faticare, sacrificarti, essere umile, non puoi lasciare per strada nessun dettaglio, tutto deve essere fatto al 101% il 100 non basta".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Su Cristiano Ronaldo

"Credo sia stato questo il problema, il fatto di pensare che un giocatore, seppur il più forte al mondo, potesse regalare alla Juve una vittoria certa. Quindi ha condizionato tanto la presenza di Cristiano. A noi solo allenarci con Ronaldo ci dava qualcosa in più ma inconsciamente si è pensato che solo la sua presenza bastasse per vincere. Invece il lavoro quotidiano, l’umiltà, il sacrificio, la voglia di mettersi a disposizione del compagno giorno dopo giorno è venuta un po' a mancare e si è visto negli ultimi anni. L’anno scorso siamo arrivati quarti e abbiamo vinto la Coppa Italia perché ci siamo ritrovati come squadra. Se buttavi un pezzo di legno nello spogliatoio prendeva fuoco tanta era l’elettricità che c’era prima di quelle partite quindi è quello che a noi è mancato, forse davano per scontato che davamo la palla a Cristiano e risolveva la partita invece Cristiano aveva bisogno di tutta la squadra come Cristiano aveva bisogno di lui. Ci deve essere sempre uno scambio, la squadra esalta l’individuo anche se l’individuo è il migliore al mondo".

Bonucci e il futuro da allenatore

"Assolutamente sì, anche se mia moglie è contraria e mi vorrebbe più a casa vorrei fare l’allenatore. Ora penso al presente, nella vita non si sa mai quello che succederà, magari smetterò di giocare tra 3-4-5 anni e dirò non ne posso piu di stare nei ritiri e mi godrò la vita ma la voglia di fare l’allenatore c’è. Ho un quaderno di appunti da diversi anni e soprattutto da quando ho conosciuto Conte, un allenatore molto importante che mi ha cambiato la carriera anche per la mentalità che ha dato a me, alla Juventus, per le conoscenze calcistiche che ci ha trasmesso. Da lì ho cercato di rubare ad ogni allenatore, ho avuto la fortuna di avere grandi allenatori e questo mi ha facilitato".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dalla vittoria all'Europeo al rapporto con Chiellini, fino alla mentalità della Juve: tra aneddoti, retroscena e sogni per il futuro, Leonardo Bonucci si è raccontato in una lunga intervista a "The Athletic".

Bonucci e il retroscena sulla vittoria dell'Europeo

"Arrivati allo stadio c’erano tanti inglesi che ci insultavano e urlavano contro e noi questa cosa l’abbiamo vissuta con serenità. [...] Sentire ripetere quella cosa, e anche una dichiarazione di Rice che aveva detto che loro erano dieci volte più motivati di noi per vincere in casa. Quelli sono errori che i giovani commettono. Non bisogna mai dire che tu sei più di qualcun altro. Devi metterti sempre a pari livello, profilo basso e nel momento giusto colpire. Quello che abbiamo fatto noi. Non abbiamo mai detto lo vinceremo ma che ci mancava quel centimetro per arrivare in fondo e portare a casa il risultato non abbiamo mai fatto i presuntuosi, siamo rimasti umili ed ha fatto la differenza. Un grande gruppo con un grande allenatore e un grande staff tecnico. Regalare questa gioia a noi stessi, agli italiani, in casa dell’Inghilterra è stato qualcosa di unico".

Bonucci sull'Europeo di Chiellini

Compagni di squadra nella Juve e senatori anche in Nazionale: "Mi ha colpito la serenità mentale di Chiellini che ha giocato col sorriso…ho visto solo un giocatore così, Ronaldinho, un trequartista non un difensore. Ha capito che questo europeo se lo doveva giocare con serenità, era l’ultima possibilità di giocare questa competizione, si è detto che l’unico modo era giocare con serenità e noi dovevamo trasmettere la stessa cosa ai giovani. Tanti sono giocatori importanti ma non con molte presenze a livello internazionale. Il nostro compito era portarli fino alla gara con la massima serenità. Nel pullman c’era musica, si rideva e scherzava. Poi nel momento giusto i leader più carismatici come me o Sirigu mettevano una riga. Ok, da ora non si scherza più. Da quando l’arbitro fischia tutti devono dare tutto. Non c’è più tempo per ridere e scherzare. Io a 34 anni e Giorgio a 37 sappiamo gestire la partita. Nei giovani non succede. Non hanno l’esperienza per farlo ma sapevano che su di noi potevano sempre contare per ridere e scherzare ma poi bisogna lottare insieme dall’inizio alla fine ed è quello il segreto che ci ha portato a voler stare sempre di più insieme."

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Juve, Bonucci: "Chiellini come Ronaldinho, mi voleva Pep. La mia su Ronaldo"
2
Bonucci e il concetto di difesa
3
Il retroscena su Guardiola e il Manchester City
4
Su Cristiano Ronaldo

Juve, i migliori video